Nome della città: Winona (in lingua dakota, dialetto della tribù di nativi americani Dakota) significa “figlia primogenita”
Con il mio sari decorato a motivi batik mi mescolai alla folla variopinta di pellegrini che sciamavano attraverso l’entrata principale della città. Un tempo Winona era stata una città fortificata come testimoniavano le sue alte e solide mura e le sue grandi porte rinforzate da enormi borchie metalliche ma di quel lontano passato guerriero non rimaneva più nulla.
I cittadini, finite le guerre o decisi ad avere una pace perenne, in un momento che nessuno ricordava più iniziarono a dipingere con colori sgargianti tutti i simboli che l’avevano resa famosa per la sua aggressività e, insieme al nome trasformato in Winona, anche i colori dei grandi leoni di bronzo e del drago che sovrastava la porta si trasformarono in arancio e rosso squillante mentre le porte venivano colorate con il turchese più vivido.
Con eccitazione mista ad ansia mi sottoposi al rito, passaggio obbligato per ogni pellegrino, delle ceneri colorate: sul mio capo vennero imposte i resti inceneriti delle piante sacre di Winona che, a seconda del grado di reattività, mi avrebbero permesso di vedere l’anima viva e pulsante della città.
Subito dopo potei iniziare a vagare, leggermente stordito, per le strade dipinte con cieli e nuvole, tra palazzi decorati da savane e foreste nella la piazza del mercato. Qui acquistai, da un ambulante dal sorriso immobile, un fiore di zucchero che avrebbe accelerato, almeno speravo, le visioni.
E mentre masticavo quel cibo dolce dalla consistenza impalpabile iniziai a vedere le nuvole muoversi lentamente come sospinte da una brezza leggera. Le cime degli alberi sembravano mosse dallo stesso vento primaverile e insieme ad altri pellegrini ci sedemmo a terra, nella piazza, per bearci di quello spettacolo. Ma all’improvviso animali delle più diverse specie iniziarono ad uscire dalle foreste, dalle savane. Il cielo si confuse con la terra e dal mare dipinto sulle mura i grandi cetacei innalzarono i loro canti d’amore.
Nient’altro che allucinazioni in quella città decorata con tutte le storie del mondo, un capolavoro collettivo di allucinati e visionari. Ma pellegrini e abitanti ormai assuefatti continuano a decorarla e piace loro immaginarla come il corpo di una giovane creatura riempito di tatuaggi.
Di notte il sonno di chi si trova a Winona è pesante per le droghe ingerite e nessuno crede alla leggenda che narra di un viandante perdutosi di notte nella campagne intorno alla città che, cercando riparo, entrò dalle porte dai colori sgargianti e invece di una città dormiente si ritrovò in un sogno vivo e pulsante.
Winona è la città che dà uno scopo ai colori e agli uomini che creano immagini.
Gli uomini l’hanno costruita grigia per colorarla, decidendo di popolarla con le storie del mondo. Essa è viva anche di notte quando gli abitanti si chiudono nelle case.
Gli uomini hanno creato Winona per sentirsi meno soli e ora la sua bellezza li sta salvando.
Ovunque vadano i pellegrini che vi arrivano ogni anno trovani il cielo e le nuvole sull’asfalto delle strade, la savana sui tetti delle case, i boschi nelle piazze del mercato.
Ai lati delle strade ci sono i venditori dei fiori di zucchero che provocano forti allucinazioni.
Mangiandoli i pellegrini vedono le nuvole muoversi sospinte dai venti, gli animali cominciano a cacciare e i boschi si animano di suoni.
Gli abitanti, ormai assuefatti, la vivono e la decorano spinti dal bisogno sempre crescente di nuove visioni.
Winona è calda e umida come appena uscita dal grembo materno e nei sogni degli uomini che la abitano ha l’aspetto di una giovane donna illustrata, i cui tatuaggi vivono e si muovono sul corpo.