NOME DELLA CITTA’: adattamento del sostantivo greco “A-letheia” (verità/svelamento)
Aleta era la città della verità, vi arrivai superando non pochi ostacoli. Quando la vidi per la prima volta provai una sensazione strana, come se quello che stessi osservando fosse finto, plastico e costruito sulla base di istruzioni sbagliate. Si espande all’interno di una circonferenza perfetta, edifici stondati e imponenti. Viali grandi e ordinati, lampioni e lanterne che illuminano di notte. Balconate spaziose. Alberi, cespugli e aree verdi curate. Senso di plasticità e finzione, in contrapposizione con la vera natura della città.
Trovai dell’ironia in quella situazione, la grandiosa città della verità risultava finta e irreale. Aleta comunque sembrava possedere una coscienza propria, un centro pensante e intelligente che faceva in modo di far rispettare l’unica regola che vigeva ad Aleta, dire sempre la verità. Il punto era proprio questo, non è possibile infrangere la regola una volta messo piede nella città. Perché in fin dei conti è semplice, ad Aleta non puoi mentire, puoi provarci, ma non servirebbe a molto, te lo impedirebbe. Non potrai far altro, che ascoltarti dire la verità. E di fatti, era proprio quello che facevo io, parlavo con chi incrociava il mio cammino e dicevo la verità, percorrevo i vialoni che dividevano la città in quattro spicchi e pensavo alla verità, osservavo le zone verdi della città e sentivo dire la verità. Aleta era un cerchio, rispecchiava esattamente cosa succedeva se dicevi la verità, ossia, che tutto tornava. Si, perché filava tutto, le versioni di ognuno si incastravano con quelle di tutti, era un puzzle perfetto di verità. Le persone anche davano un senso di plasticità, erano tutti tirati a lucido e sempre con un sorriso stampato in faccia, non conoscevano la vergogna o il disagio, erano abituati. Infatti c’era un piccolo particolare che coinvolgeva gli abitanti di Aleta, non abbandonavano mai la loro città, nessuno di loro ne era mai uscito, nessuno trovava il coraggio di avventurarsi nelle città circostanti per la paura di impazzire.
Di fatto erano in molti che venivano a visitare Aleta, più per curiosità che per altro, come me d’altronde. Il soggiorno dei turisti non durava molto, dopo un paio di giorni la vista di quei palazzoni, delle strade, dell’ambiente squadrato e sopratutto dell’onnipresente verità dava alla testa. I turisti che resistevano di più erano quelli della città di CHATURANGA, merito della loro mente sempre pronta e aperta ad ogni strategia. Anche perché a Chaturanga si difendeva e un’ideale, e per gli abitanti questo significava credere di essere nel giusto, di abbracciare la loro verità.
La plasticità di Aleta e la poca originalità metteva in seria difficoltà gli abitanti di WINONA che andavano a visitarla. Winona era una città che poco aveva a che fare con la verità che regnava sovrana ad Aleta, la verità di Winona era molto più intrigante. Gli abitanti di MASKA non osavano nemmeno entrare ad Aleta, così come gli abitanti di Aleta non lasciavano la città per paura di impazzire, così anche gli abitanti di Maska. Era troppo, Maska era troppo finta, troppo falsa e troppo mutevole per poter andare d’accordo con Aleta, eppure la verità di Maska era una verità che in quella città andava bene a tutti.
Mi hanno parlato anche di un’ultima città, a nord di Aleta, INNEDDA. Si diceva che in quella città riuscivi a scoprire dell’altro, a scoprire la tua verità. I racconti mi hanno incuriosito a tal punto da volerci andare. Nel frattempo, lo spettacolo una volta raggiunto il centro della città di Aleta è impressionante.
La città è tagliata in quattro spicchi da due strade immense. Se punto il mio sguardo a nord, vedo l’altezza smisurata di Innedda, se mi giro a est, le porte colorate di Winona, ovest e vedo Maska in subbuglio, Chaturanga alle mie spalle che lotta.