MiA, 2 dicembre 2022
Chi ha trovato la via verso l’interiorità
chi nell’ardore dell’introspezione
ha intuito il nucleo della verità,
sa che ognuno si sceglie Dio e creato
come immagine e parabola soltanto:
per lui ogni agire, ogni pensare
non è che dialogo con la propria anima
che Dio e creato in sé racchiude.
Hermann Esse
La via verso l’interiorità
Sull’anima
Newton & Compton
Roma 1996
p.61
Perché una persona sceglie un percorso di musicoterapia?
Le risposte a questa domanda sono molteplici e variegate.
C’è chi vuole rispondere ad un appello interiore che lo spinge ad aiutare chi è meno fortunato di lui.
C’è chi trova in un percorso di studi di musicoterapia un’occasione per completare e approfondire la propria formazione musicale.
C’è chi sceglie un percorso di formazione in musicoterapia per avviarsi a intraprendere il proprio percorso introspettivo.
Ogni persona sceglie quindi il proprio cammino formativo in virtù delle personali, legittime e sacrosante motivazioni.
Indipendentemente dal tipo di motivazione iniziale, approcciandosi all’esser-ci in presenza dell’altro che vive una situazione di disabilità, ecco che le motivazioni mutano e la persona è, di fatto, costretta a fare una scelta perché scopre, sulla propria pelle, che in realtà il primo altro che incontra non è l’altra persona, il diversamente abile, ma è sé stesso.
A questo punto del viaggio formativo, la persona è costretta a compiere una valutazione tra le due possibili: rinunciare al percorso formativo in musicoterapia o intraprendere il proprio tragitto introspettivo, accogliendo, in primis, la propria humana musica1 così carica di vissuti da percepire, conoscere (nominare) e accogliere (ascoltare).
È chiaro che, in una formazione approfondita in musicoterapia, lo sviluppo della personale dimensione introspettiva è, a mio giudizio, imprescindibile.
Non è possibile conoscere e accogliere l’altro se prima non conosciamo e accogliamo noi stessi.
Chi sceglie la via dell’introspezione, intento ad accogliere la propria humana musica, di fatto entra in uno stato meditativo, via via sempre più profondo, vivendo una particolare dimensione spirituale in cui la persona cerca di realizzare l’ascolto nella sua irrinunciabile duplicità.
1️⃣
Auditor
2️⃣
sé e l'altro
Ascolto duplice
Nell’ascolto, con un orecchio rivolgiamo l’attenzione al nostro interno e con l’altro, nello stesso momento, cerchiamo di accogliere ciò che l’altro ci manifesta.
Lo stato meditativo, in questo caso, non conduce l’ascoltatore all’estasi2 ma ad assaporare la dimensione cairologica di un tempo sospeso, qualitativamente indefinibile, in cui “qualcosa di speciale accade3”.
Quel “qualcosa di speciale che accade” è proprio l’accoglienza, contemporanea, di sé e dell’altro da sé.
L’atto di accogliere rende speciale il momento in cui si verifica poiché, in quel momento unico e irripetibile, ci poniamo in ascolto della duplicità che viviamo: noi e l’altro.
Ascoltare la duplicità, non è un’attività semplice, è, innanzitutto, un atto di volontà che tende a far chiarezza tra ciò che proviamo noi e ciò che l’altro prova.
In questa prospettiva la fase iniziale del processo di accoglienza è volta a captare, ri-conoscere (dare un nome) e accogliere le sensazioni corporee, le emozioni e i sentimenti che proviamo, distinguendoli, per quanto sia possibile, da ciò che l’altro prova o ci trasmette.
Solo attraverso una lunga e faticosa fase di accoglienza di sé, che può durare anche anni, è possibile procedere alla prudente accoglienza dell’altrui humana musica.
La formazione all’ascolto è il frutto di un processo introspettivo molto lento e non si può realizzare unicamente con un percorso formativo, ma esige, per chi lo mette in pratica, una lunga prassi che si realizza costantemente nella pratica professionale e nelle personali esperienze quotidiane.
L’ascolto è una scelta; una via per diventare auditor, ossia una ascoltatrice e un ascoltatore veramente accogliente che non dà buoni consigli o ricette sbrigative, o che si perde nella pratica di freddi, complicati esercizi tecnici, spesso controproducenti, sul come si ascolta, ma cerca, “semplicemente”, di porsi in ascolto di sé e dell’altro da sé, utilizzando tutti i sensi a sua disposizione.
Occhi che ascoltano e orecchie che vedono
Un ascoltatore, un auditor, utilizzerà gli occhi come fossero orecchie e le orecchie come fossero occhi; utilizzerà altresì le narici, la pelle, le braccia, le gambe, la testa, il corpo, il respiro… come se fossero antenne, ossia orecchie e occhi volti all’accoglienza di sé e dell’altro da sé perché il vero ascolto è polisensoriale; una polisensorialità che, coinvolgendoci totalmente, dischiude tutto il nostro corpo-mente all’accoglienza.
In questa prospettiva, quando facciamo musicoterapia, non siamo musicoterapeuti, ma possiamo tendere ad essere degli auditor che cercano di accogliere ed esprimere, al meglio delle proprie possibilità, la propria e l’altrui humana musica.
Riflettendo bene è lecito supporre che la musicoterapia non sia altro che una particolare forma d’ascolto. In considerazione di ciò mi sembra lecito affermare che ora sia giunto il momento di sostituire il termine musicoterapia con quello di ascolto4, inteso dallo scrivente come atto “… intenzionale volto ad accogliere sé e l’altro da sé.»
In questa definizione di ascolto si chiarisce il fine cui tende un auditor, ossia diventare un ascoltatore che vuole e sa accogliere la duplicità di ciò che recepisce, accogliendo, contemporaneamente, la propria e l’altrui humana musica, ossia la prima musica che ode.
In un secondo momento, quando riusciremo a definire con precisione i termini della nostra humana musica, nominando con chiarezza i vissuti, ecco che la tradurremo in musica instrumentalis5, interloquendo con l’altro in modo consono.
L’humana musica e quella instrumentalis rimandano l’una all’altra vicendevolmente poiché l’indicibile, ossia l’humana musica, diventa dicibile, assumendo la forma acustica che le permette di esprimersi.
Nella musica instrumentalis, che ascoltiamo e/o realizziamo, il contenuto emozionale dell’humana musica, formato da sensazioni corporee, emozioni e sentimenti, è trasformato in altezze e durate, variamente combinate, che esprimono, ad esempio, la dimensione acustica della gioia o del dolore provato dai partecipanti6.
In ultima analisi credo che il fine cui tenda un percorso formativo mediato dalla musica sia quello di ampliare la personale dimensione d’ascolto, trasformando la persona in auditor, ossia in un soggetto che sappia accogliere in primis, al meglio delle proprie possibilità, la personale humana musica e quella altrui per ricevere e donare una musica instrumentalis adeguata all’altro da sé, congrua e rispettosa della sua humana musica.
Proseguendo il proprio viaggio introspettivo, l’auditor scopre che la propria unicità è in realtà una duplicità che diventa triplicità per trasformarsi in quadruplcità, per divenire unicità rinnovata.
1️⃣
Unicità
2️⃣
Corpo e anima
3️⃣
Corpo, anima mortale e anima immortale
4️⃣
Anima mortale, ombra, anima immortale, voce
1️⃣
Unicità rinnovata
Note
1Musica “humana”, dizionario di musicoterapia a cura di Giangiuseppe Bonardi. Voce pubblicata da MiA, Musicoterapie in Ascolto, 28 settembre 2022, https://sites.google.com/view/dizionariodimusicoterapia/musica-humana
G. Bonardi, (a cura di), Humana musica, 26 novembre 2022, MiA, https://sites.google.com/view/mia-musicoterapie-in-ascolto/libri-elettronici/humana-musica
2“L’estasi (dal greco: έκσταση, composto di ἐκ o ἐξ + στάσις, ex-stasis, «essere fuori») è uno stato psichico di sospensione ed elevazione mistica della mente, che viene percepita a volte come estraniata dal corpo: da qui la sua etimologia, a indicare un «uscire fuori di sé»”. P. Mantegazza, Le estasi umane (1887), Marzocco, Firenze 1939, p. 5. Estasi, Wikipedia, l’enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org/wiki/Estasi
“L’estasi è uno stato di dilatazione, di espansione del campo della coscienza (spesso si parla infatti di coscienza cosmica, o oceanica) che si accompagna a rappresentazioni totalizzanti che donano al soggetto, liberato dagli ostacoli del proprio sé individuale, l’impressione di partecipare ad un movimento universale, scoprendo così la radice del proprio essere in rapporto all’Essere, e abbracciando tutto l’universo.” J. During J, (1988), Musica ed estasi, Squilibri, Roma 2013, p. 191.
3«Kairos (καιρóς) è una parola che nell’antica Grecia significava “momento giusto o opportuno” o “tempo di Dio”.
... “un tempo nel mezzo”, un momento di un periodo di tempo indeterminato nel quale “qualcosa” di speciale accade.”» Mark Freier (2006) “Time Measured by Kairos and Kronos” Kairos, Wikipedia, l’Enciclopedia libera, https://it.wikipedia.org/wiki/Kairos
4Ascolto, Dizionario di musicoterapia a cura di Giangiuseppe Bonardi. MiA,, 22 agosto 2022, https://sites.google.com/view/dizionariodimusicoterapia/ascolto
5Musica, “instrumentalis”, dizionario di musicoterapia a cura di Giangiuseppe Bonardi. Voce pubblicata da MiA, Musicoterapie in Ascolto, il 24 settembre 2024, https://sites.google.com/view/dizionariodimusicoterapia/musica-instrumentalis
6G. Bonardi, In ascolto, 13 luglio 2015, MiA, https://sites.google.com/view/mia-musicoterapie-in-ascolto/ascolto/in-ascolto
G. Bonardi, Da Marius Schneider all’etnomusicoterapia, in AA. VV. Almanacco Scientifico di Simmetria Numero I - Anno 2016, “Musica e Tradizione”, Simmetria Edizioni, Roma 2016.
G. Bonardi, Il senso del musicale in musicoterapia, 18 luglio 2013, MiA, https://sites.google.com/view/mia-musicoterapie-in-ascolto/libri-elettronici/il-senso-del-musicale-in-musicoterapia