Un modo di vivere

Gestalt Disability Therapy è un modo di vivere. Non è una teoria che basta studiare per poterla applicare con successo: bisogna viverla. Nel gruppo di terapia e nella vita di tutti i giorni. Usando solo la teoria non incontriamo l’altro e quindi non siamo terapeutici; per un gestaltista, questa può essere una trappola.

<<La teoria esclude l’inserimento dell’essere conoscente nell’essere conosciuto, l’accesso nell’Al di là, per estasi. Essa resta conoscenza, rapporto>>.(42)

Gestalt Disability Therapy non consiste nell’usare l’idea che abbiamo dell’altro, ma nel fare esperienza CON “l’Altro”. Incontrare l’Altro nel contatto pieno. Il nostro obiettivo è permettere al nostro Sé di arrivare al confine di contatto dove avviene il contatto pieno.

<<La rappresentazione non costituisce certo il rapporto originario con l’essere>>.(43)

Le persone diversamente dotate sono particolarmente abili nel rapporto originario con l’essere, grazie alla loro “spontaneità”, che non va però confusa con l’istintività. Un terapeuta della gestalt esperto nel rapporto originario con l’essere, è terapeutico; poiché Gestalt Disability Therapy “cerca e descrive”.

È essenziale sottolineare che ciò finora descritto viene ottenuto nel tempo e con fatica. Socrate ha lungamente parlato dell’importanza e della difficoltà di essere virtuosi, ovvero “vicino a Dio”.

<<Socrate condannando il suicidio all’inizio del Fedone, nega il falso spiritualismo dell’unione pura e semplice ed immediata con il divino, definita come una diserzione. Egli proclama ineluttabile il difficile cammino della conoscenza che parte da questa terra>>.(44)

In Gestalt Disability Therapy la facilità del proponimento di obiettivi settimanali si contrappone alla difficoltà (già descritta da Socrate) di “sentire” la strada buona e non abbandonarsi all’uso del potere.

<<L’essere conoscente resta separato dall’essere conosciuto>>.(45)

Il terapeuta (il conoscente) non si propone di fare da guida al diversabile (l’essere conosciuto).

<<Questa relazione del Medesimo con l’Altro, senza che la trascendenza della relazione tronchi i legami implicati da una relazione, ma senza che questi legami uniscano in un tutto il Medesimo e l’Altro, ....>>.(46)

La relazione creata dalla vicinanza ci rende terapeutici proprio perché non ha pretesa di guidare chi non ha conoscenza del mondo, come il diversabile; essa, infatti, nasce e si sviluppa nella consapevolezza di non essere “uniti” con i diversabili.

Il terapeuta intravede nel diversabile l’infinito. Senso d’Infinito presente in ogni passo della terapia. Infinito che influenza il sentire e lo stare in terapia.

<<L’infinito è il carattere proprio di un essere trascendente, l’infinito è assolutamente altro>>.(47)

Mentre le terapie cognitivo comportamentali guidano, passo passo, il diversabile verso gli obiettivi da ottenere, il terapeuta di Gestalt Disability Therapy aspetta che il diversabile trovi la propria strada e i propri obiettivi. In questa attesa l’infinito rappresenta l’orizzonte (sfondo) della relazione terapeuta-diversabile. Gestalt Disability Therapy spende molta energia per rimarcare l’importanza dell’infinito per il raggiungimento degli obiettivi.

<<Pensare l’infinito, il trascendente, lo Straniero, non è dunque pensare un oggetto>>.(48)

Nella relazione terapeutica il pensare non è ostacolante, però è bene che il terapeuta tenga presente che quella non è la strada più appropriata per raggiungere l’Altro.

<<Ma pensare ciò che non ha i lineamenti dell’oggetto significa in realtà fare più o molto di più che pensare un oggetto>>.(49)

Il diversabile (lo rammentiamo) è lo “straniero”: non un oggetto ma una persona.


Levinas Emmanuel, Totalita` e Infinito. Saggio sull'Esteriorita`, Milano, Jaka Book, 1986.

Levinas, Totalità e Infinito.


Giuseppe Rotolo

Revisione di Patrizia Caruso