I diversabili (gli altri) non sono qualcosa che possiamo usare, quando facciamo terapia con loro, poiché “l’«altro» metafisicamente desiderato non è «altro» come il pane che mangio, come il paese che abito, come il paesaggio che contemplo, come, a volte, io stesso posso apparire ai miei occhi: questo «io» questo «altro» . Con questa realtà posso «nutrirmi» e, in larghissima misura, soddisfarmi, come se mi fossero semplicemente mancate”. E per questo motivo la loro alterità “si riassorbe nella mia identità di pensante o di possidente. Il desiderio metafisico tende verso una cosa totalmente altra, verso l’assolutamente altro.”