La musica delle sfere di Leonardo da Vinci

La musica delle sfere di Leonardo da Vinci

di Riccardo Magnani

Un ricercatore italiano, Riccardo Magnani, ha individuato la musica delle sfere celesti realizzata da Leonardo da Vinci, nascosta in un volo di Uccelli in un palazzo rinascimentale dell'alta Lombardia e parimenti collocata nell'Ultima Cena.

Riassuntiva del moto con cui gli astri regolano l’intera esistenza nell’Universo, questa musica troverà poi sviluppo pratico in molte melodie rinascimentali e barocche, come il Tema della Follia, il Canone di Pachelbel e l'opera omnia di Johan Sebastian Bach.

Il risultato delle scoperte del dott. Magnani è racchiuso in due opere letterarie, in uscita congiunta, nelle quali il ricercatore Riccardo Magnani riassume una parte delle sue scoperte relative al mondo leonardesco e rinascimentale in senso più ampio.

Il parto gemellare, definito dall’autore come un “atto complementare paragonato a un paio di scarpe, l’una destra e l’altra sinistra”, permette al lettore di immergersi in un viaggio a ritroso nella storia attraverso le indicazioni che emergono dalle scoperte che lo studioso lecchese ha compiuto in capo all’opera leonardesca; un viaggio che cambia la percezione accademica sotto diversi punti di osservazione e del quale ogni studioso - e non - da oggi non potrà più prescindere.

A seguito di fortunate coincidenze e a intuizioni singolarmente illuminanti, l'autore è giunto a decodificare il contenuto di un palazzo rinascimentale valtellinese e ad ascrivervi una antica conoscenza, che partendo dall'antico Egitto, passando per la Biblioteca Alessandrina e attraverso il Concilio di Basilea, Ferrare e Firenze, potè giungere al mondo rinascimentale europeo, allorquando al principiare del Quattrocento, l'Accademia Neoplatonica fiorentina di Marsilio Ficino e Cosimo de' Medici ebbe modo di accedere laicamente a contenuti di conoscenza fino ad allora di esclusivo appannaggio di monasteri e abbazie.

Nell'intento di preservarne l'esistenza, e tramandarla agli alleati politici dell'epoca, un giovane Leonardo da Vinci ebbe l'incarico e l'onere, attraverso un viaggio giovanile documentato dall'autore e finora sconosciuto, di depositare questo antico sapere nell'inaccessibile e protetta Valtellina. Fulcro di tutta la rappresentazione pittorica della sala più importante di Palazzo Besta a Teglio, vi è la più straordinaria partitura musicale mai scritta, a cui tutta la musica, dal Rinascimento al Barocco ha fatto attenzione: Corelli, Palestrina, Pachelbel, Bach, Haendel. Non una musica qualunque, bensì la colonna portante del sistema Universo, identificata da Dante come “l’Amore che move il sole e le altre stelle”, ma che per Verdi era semplicemente “palpito dell’Universo”.

Questa scoperta ha permesso all’autore, come avvenne per l’egittologia con la Stele di Rosetta, di accedere alla chiave di lettura di tutta l’arte rinascimentale, e attraverso due coordinate imprescindibili, ovvero musica e rilievi montuosi, di ricostruire il tragitto che la Conoscenza percorse negli anni bui del Rinascimento, in cui passi ingloriosi come le Inquisizioni e i movimenti Protestanti di Lutero ebbero a caratterizzarne la trasmissione attraverso le opere artistiche.

I rilievi montuosi, in particolar modo, rimandano ai monti lecchesi, cui tutti i più grandi artisti rinascimentali si sono rigorosamente attenuti: Raffaello, Mantegna, Ghirlandaio, Pinturicchio, a riproposizione del riferimento leonardesco, ma anche Bosh, Wolgemutt, Cranach, Bruguel per citare gli stranieri. La Cappella Sistina, così come la Cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella a Firenze, appaiono dunque, alla luce di queste scoperte, pregne dei paesaggi lariani, a certificare ciò che in gioventù Leonardo da Vinci qui depositò, ovvero Musica.

La musica è quella delle sfere celesti e della quale si sono occupati in derivazione del lascito leonardesco i neoplatonici tedeschi di stanza a Norimberga, Durer e Pachelbel su tutti. Anzi, proprio Durer, ne La Festa del Rosario, esprime questo “gemellaggio” culturale, iscrivendo la città di Norimberga tra i monti lecchesi.

Per la profonda documentazione prodotta, e l'estrema puntualità negli elementi di supporto prodotti dal ricercatore, forse possiamo definire Riccardo Magnani attualmente il più attento studioso dell'opera di Leonardo, delle sue estensioni, e di quanto questa abbia influenza tutti gli artisti e gli uomini di cultura venuti dopo Leonardo. C'è chi grida le proprie scoperte, in cerca di notorietà; Magnani, sottovoce, ma con grande senso di rigorosa documentazione, ci presenta attraverso queste due opere il frutto dei sui studi, durante i quali ha realizzato una serie di scoperte destinate a rivoluzionare le conoscenze finora codificate su Leonardo, sulla sua opera, e sul mondo rinascimentale tutto. Queste scoperte vengono argomentate e ampiamente dimostrate nei due saggi "Quanto piccolo apparirai in cielo a chi non sa volare" e "Il viaggio fantasma di Leonardo da Vinci", pubblicati grazie anche al benestare e al patrocinio del Ministero per i Beni Culturali della Soprintendenza ai Beni Culturali di Milano oltre a quello del Conservatorio G. Verdi di Milano e l'apporto della Royal Collection di Windsor, tra gli altri.

Impegnato in diverse conferenze in giro per il Paese, tra le quali è previsto un imminente appuntamento con la città di Verona, una recente conferenza presso l’associazione musicale Diapason di Catania, nell’affascinante palazzo Biscari, è valsa al dott. Magnani l’attenzione del prestigioso Premio letterario Pirandello di Agrigento.