Le Case Camerini

Paolo Camerini realizza, nel corso degli anni '90 dell'Ottocento, uno iutificio, una fabbrica di concimi artificiali, una fornace da laterizi, una fabbrica di conserve alimentari, tutti impianti mossi dall'energia idraulica della roggia Contarini che attraversa il paese.

Le nuove industrie creano numerosi posti di lavoro, richiamando lavoratori dai paesi circostanti, per i quali è necessario provvedere idonei alloggi.

Nasce da qui la trasformazione del vecchio, piccolo abitato in uno di maggiori dimensioni, in grado di soddisfare le nuove esigenze. Le prime idee di trasformazione urbanistica risalgono già al 1889, in concomitanza di lavori di ampliamento della filanda, seguite un anno dopo dalla proposta fatta al Comune di creare due nuove vie, perpendicolari al viale centrale del paese, lungo le quali collocare servizi quali il municipio, le scuole, l’asilo, le cucine economiche, ecc..

 

La proposta non trova attuazione ma è indice del fatto che ci si rende conto che la struttura del paese non è più adeguata alle nuove esigenze che l'industria comporta.

 

Bisogna aspettare il 1896 perché parta con decisione un progetto urbanistico generale, che trasforma radicalmente l'intero abitato, fino ad allora concentrato ad ovest della grande villa, dotandolo di un reticolo viario in buona parte nuovo, caratterizzato da una griglia di strade rettilinee, che si intersecano ortogonalmente, suddividendolo in una serie di ordinati isolati rettangolari, lungo i cui lati si collocano, ad intervalli regolari, i fabbricati residenziali destinati agli operai.

L'orientamento delle vie è dettato dal viale Silvestro Camerini, lo “Stradone” nato alla fine del XVII secolo per volere di Marco Contarini quale strada scenografica di accesso alla Villa.

Le attività manifatturiere, pur distribuite per forza di cose lungo il corso della roggia Contarini, che le alimenta, sono sparse nel tessuto urbano, senza che si crei una zona industriale a se stante. Come già accaduto in altre parti del Veneto, anche qui si pone attenzione a non sradicare le famiglie operaie, tutte di diretta derivazione contadina, mantenendole a stretto contatto con la terra.

Le case operaie, in una primissima fase realizzate a schiera e destinate a più famiglie, senza terreno attorno, divengono ben presto unità monofamiliari isolate, a due piani, regolarmente disposte lungo le maglie del nuovo reticolo viario cittadino. Ognuna dispone di cucina, 4 camere da letto, granaio, stalla per 3 capi, porcile, pollaio e fienile, “con attorno un terreno che potesse impiegare le ore perdute degli operai, i vecchi e le donne rimaste a casa, abitazioni che dessero saluberrima residenza e con l’ambiente di campagna contribuissero a togliere tutti gli inconvenienti che si riscontrano nelle abitazioni operaie delle città industriali”; un pozzo davanti casa completa la dotazione.

Nel lotto di terra adiacente ogni famiglia cura un orto per i bisogni familiari, aiutata in questo dai consigli degli agronomi della Cattedra Ambulante d’Agricoltura