La realizzazione della Ostiglia – Treviso
fu proposta infatti già nei primi anni del Novecento, come infrastruttura indispensabile alla difesa dei confini orientali. Il progetto venne presentato in Parlamento dal padovano Leone Wollemborg e dal trevigiano Gian Giacomo Fellisent.
Il progetto fu sospeso con l'intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale (ma non a fianco degli alleati di prima), ma poco dopo la fine della stessa, fu messo mano ai lavori che, iniziati nel 1919, procedettero per singole tratte e terminarono solo all'inizio degli anni quaranta, nel pieno del secondo conflitto mondiale, col completamnto della sezione Camposampiero-Treviso Porta Santi Quaranta. L’esproprio dei terreni e le opere in muratura di una certa entità, come i ponti più importanti o la disposizione dei marciapiedi nelle stazioni, vennero tutti progettati e realizzati, con grande previdenza circa i futuri sviluppi ferroviari, rimasti ahimé solo sulla carta, per una linea con caratteristiche di grande traffico a due binari, di cui uno non sarà mai posato.
I lavori, iniziati negli anni Venti, si conclusero nel 1941.
Il 28 Ottobre 1941, con l'Italia ormai direttamente coinvolta nel conflitto mondiale, venne aperto al pubblico esercizio il tratto terminale della linea tra Grisignano di Zocco e Treviso. Da segnalare che i fabbricati viaggiatori delle stazioni di Levada-Badoere e Ronchi di Piombino (nei pressi di Piombino Dese) e delle fermate di Loreggia e Trebaseleghe, curiosamente non furono mai raggiunti dalle strade che li avrebbero collegati ai rispettivi centri abitati, in quanto i comuni interessati (ai quali competeva l'onere della loro relizzazione) non ebbero modo e tempo di provvedere.
Cartina cartografica del territorio attraversato dalla ferrovia Ostiglia-Treviso, con il tracciato definitivo (linea tratteggiata rossa) e quello proposto per Montagnana (linea continua rossa)
Per la costruzione della massicciata si fece particolarmente uso di pietrisco trachitico sfruttando le ricche cave esistenti nelle aree berica ed euganea, mentre, per la stazione di Legnago, si preferì la ghiaia dell'Adige. Nel tratto settentrionale invece la massicciata venne costruita impiegando il ghiaione del Brenta che veniva fornito attraverso i piani caricatori serviti dalla ferrovia F.P.P (ferrovia Padova-Piazzola-Carmignano). In questo ultimo tratto la linea venne in parte costruita utilizzando l'armamento di altre ferrovie venete già esercitate con il doppio binario e che furono allo scopo disarmate (tratte Camposampiero-Castelfranco e Castelfranco-Montebelluna Bivi).
Nel cantiere si verificarono due incidenti gravi: il primo, nel 1927, provocò la morte di alcuni operai per il distacco di un blocco di pietra.
L’anno successivo una vecchia locomotiva deragliò uccidendo quattro bambini e una donna.
Fra le realizzazioni più importanti che caratterizzano la linea, vanno annoverati i numerosi ponti in ferro e in muratura, sottovia e cavalcavia stradali, tutti naturalmente con opere in muratura previste per il doppio binario. I ponti oltre i 10 metri di luce valicavano il Canal Bianco, noto un tempo col nome di Fossetta Mantovana (luce di 44 m), il fiume Tartaro (luce di 24 m), il fiume Adige (tre luci di 72 m ciascuna), il fiume Fratta (luce di 29 m), il fiume Guà (luce di 38 m), il canale Liona (luce di 13,13 m), il canale Bisatto (luce di 15 m), il fiume Bacchiglione (sei luci laterali in pietra di 8 m ciascuna con travata in ferro sulla via d'acqua di 50 m), il torrente Tesinella (luce di 10 m), il fiume Ceresone (luce di 14,80 m), il fiume Brenta (tre luci di 38 m ciascuna), il fiume Muson (luce di 21,87 m), il fiume Zero (luce di 10 m) ed infine il fiume Sile (luce di 35 m). Queste opere, nel loro complesso, hanno contribuito a migliorare la situzione idraulica del territorio senza sconvolgerne l'equilibrio.
Terminato il disastroso conflitto mondiale, la ferrovia appariva per alcuni tratti inutilizzabile e con diverse interruzioni. L’amministrazione militare alleata si incaricò subito di porre mano alla riattivazione della tratta Ostiglia – Grisignano di Zocco. In particolare vennero ricostruiti: il ponte sull’Adige (al posto del vecchio ponte ottocentesco della Legnago – Monselice che venne quindi ad essere in comune per entrambe le linee), la stazione di Orgiano e quella di Barbarano. Inoltre venne ripristinata la tratta tra Quinto di Treviso e Treviso Porta Santi Quaranta fra il settembre del 1946 ed il dicembre del 1947. Sembrava che i lavori di ripristino potessero procedere alacremente anche in questo tratto, invece vennero improvvisamente sospesi. La sezione tra Grisignano di Zocco e Treviso Porta Santi Quaranta, mai più riattivata, sarà ufficialmente chiusa nel settembre del 1959.
Negli anni del dopoguerra il tratto Ostiglia – Grisignano di Zocco fu interessato da un discreto traffico sia di merci che di passeggieri, favorendo così i collegamenti delle zone attraversate dalla ferrovia e contribuendo allo sviluppo economico del territorio allora più che oggi a prevalente vocazione agricola. In particolare i treni viaggiatori del dopoguerra erano tutti effettuati, come da orario, dalle automotrici termiche chimate “Littorine” di tipo Aln56 e Alb64, mentre per il traino di treni merci la facevano da padrone le locomotive FS del gruppo 740, 741 e 743.
A partire dagli anni '60 predominò una politica che favorì il trasporto su gomma a scapito di quello su rotaia. Fu in quel periodo che la rete viaria italiana si arricchì di nuove autostrade su cui far viaggiare i mezzi di trasporto costruiti dalla Fiat, trascurando nel contempo quello sviluppo ferroviario che in una più lunga prospettiva si sarebbe rivelato strategico. Questa scelta determinò nel giro di pochi anni la chiusura di molti “rami secchi” (come venivano definiti allora dai fautori di una politica strettamente economica perché non producevano utili), tra cui anche la nostra ferrovia che statisticamente sarà annoverata come quella dismessa col più lungo percorso. Nella primavera del 1965 fu dunque sospeso il servizio passeggeri sulla tratta Ostiglia-Legnago e il 2 settembre 1967 toccò anche alla restante tratta Legnago – Grisignano di Zocco.
Da allora le ipotesi sul possibile riutilizzo della ferrovia si sono accavallate numerose, fino a concretizzarsi nel progetto di una pista ciclabile che attraverserà le Province di Padova, Vicenza, Verona e Treviso.
Una proposta turistica innovativa e un polmone verde per una delle zone più belle e affascinanti della nostra provincia.
Piazzola sul Brenta fu obiettivo militare a causa proprio del ponte ferroviario della linea Ostiglia-Treviso.
Fu oggetto di numerose incursioni aeree avvenute tra la fine del 1944 e l'inizio del 1945, da parte soprattutto dei bombardieri medi americani. Sono sicuramente almeno quattro gli sganci di bombe che la 12ª Forza Aerea (12th Air Force), l'unità dell'aviazione alleata che operava sull'Alta Italia, compì proprio nell'area di Piazzola sul Brenta con i bombardieri medi oltre alle numerose incursioni dei cacciabombardieri.
Il 15 ottobre 1944 la cittadina sfuggì ad un primo attacco aereo solo grazie al maltempo che interessava la zona. I ventitre B-26 del 17° Gruppo, decollati da Bastia in Corsica, puntarono allora il muso sull'obiettivo alternativo: il ponte ferroviario sul torrente Guà di Montebello Vicentino, che subirà continui e pesanti martellamenti per tutto il resto del conflitto.
Ma l'aviazione alleata non aveva distolto la sua attenzione dal ponte ferroviario di Piazzola. Martedì 31 ottobre 1944 dei B26 Marauder colpiscono il ponte. Poi fu la volta dei nuovi bombardieri medi B-25 Mitchell del 319° Gruppo, che avevano cominciato a sostituire i "Marauder" nella 12ª Forza Aerea. Il 4 novembre 18 di essi sono sopra Piazzola (mission 418) avendo come obiettivo il ponte. Alcune bombe probabilmente colgono il bersaglio, una cade addirittura a 1800 m ad est del ponte centrando il binario. Tuttavia il ponte, benché colpito in diversi punti, non è interrotto come risulta dalle foto scattate dalla ricognizione aerea. Sabato 11 novembre si registra il danneggiamento di un ponte (forse quello della ferrovia); domenica 31 dicembre 1944 i bombardieri medi colpiscono un ponte (probabilmente quello della ferrovia); per mercoledì 5 aprile 1945 si parla invece di attacchi notturni operati da Douglas A-20 e Martin B-26 Marauder.
Il ponte ormai è completamente distrutto e non sarà più ricostruito decretando così la chiusura di quel tratto di linea.
La ferrovia a Piazzola sul Brenta prima del ponte sul Brenta.
Pilone della ferrovia a Campo san Martino