La Storia di Tremignon

Dal latino "terminus" vecchio confine tra i ducati longobardi di Treviso e Vicenza e la "judicaria" di Monselice, è citato dal 1231.

 

Prima degli attuali spostamenti del fiume Brenta la sua antica chiesa sorgeva sulla riva ove il Medoacus faceva la curva.

Ora della vecchia chiesa, prima situata in prossimità della cosiddetta "casa del corno" lungo la strada dell'argine, non c'è più traccia.

L'attuale chiesa venne costruita fra il 1843 e il 1863 e fu successivamente ampliata e decorata tra il 1914 e 1935

Tremignon ha la sua parrocchiale dedicata a S. Giorgio, come ricorda la balaustra sulla cella campanaria ed il bassorilievo della facciata raffigurante il Santo nell’atto di uccidere il drago. L’attuale chiesa venne costruita fra il 1843 e il 1863, fu successivamente ampliata e decorata (1914-1935). All’interno si trovano alcune lapidi che dovevano essere infisse nella vecchia chiesa, e una pregevole tela di S. Gaetano da Thiene.

 

Nel XIII e XIV secolo il territorio di Tremignon fu più volte saccheggiato e devastato. Dapprima da Ezzelino da Romano, quindi nel 1312, nella guerra tra padovani e vicentini, dallo "Scaligero" come scrive il Salomonio, successivamente, nel 1327, da Nicolò da Carrara. Fu ancora infine "depredato" dallo Scaligero nella primavera 1386, in risposta a un’analoga incursione di fanti e cavalieri padovani nel territorio veronese.

La località dei "Boschi", che ricorda le estese foreste un tempo presenti, è ora abbastanza ridotta e circoscritta a cavallo tra il territorio di Piazzola e Tremignon, ma anticamente comprendeva una fascia di terreno che partiva da Camisano e Piazzola (Boschiera) e arrivava a Vaccarino comprendendo anche la villa di Tolleo ora scomparsa. Il toponimo Tolleo stava proprio a indicare lo sfruttamento del bosco, ovvero il luogo da cui si ricavavano le tolle, le assi, dalla probabile presenza di segherie.

In paese nacque il beato Stefano da Tremignon, Vincenzo Giaconi, incisore, e Alessandro da Tremignon, architetto.

Molti suoi abitanti, alla fine della Prima Guerra mondiale, sollecitati dal parroco, don Luciano Zanchetta, migrarono nella Maremma grossetana e fondarono il paese di Alberese, dove si parla uno strano veneto-toscano dalle ultime generazioni.