Questi metodi, che possiamo considerare innovativi, sono proliferati al punto da poter essere selezionati e calibrati in funzione della situazione specifica in cui possono essere applicati; un “repertorio di strategie, di metodologie, di strumenti tra cui scegliere le soluzioni più opportune e pertinenti”(Castoldi).
1) Gli eas
Gli Episodi di Apprendimento Situato (EAS) rappresentano un approccio metodologico consolidato grazie a molti anni di sperimentazione. Allo stesso modo di ciò che avviene nella Flipped classroom, gli EAS forniscono agli studenti l’opportunità di esplorare i contenuti prima di affrontarli in classe, con attività che incrementano la curiosità e il loro interesse. Tuttavia gli EAS si differenziano dalla flipped classroom per alcune caratteristiche.
Gli EAS presentano una struttura che si articola in tre fasi di lavoro
a) La prima fase, quella preparatoria, è incentrata sull’abilità di problem solving dello studente ed è dedicata all’apprendimento per scoperta. In classe, il docente fornisce una cornice concettuale in cui sono organizzati i contenuti e dà agli studenti degli stimoli che li guideranno nel compito da svolgere a casa.
b) La seconda fase è definita operatoria, è la fase in cui l’insegnante chiede a gruppi di studenti, o ai singoli, di svolgere un’attività che sfocerà nella creazione di un prodotto individuale o realizzato in gruppo.
c) Nella terza fase, sempre in classe, si svolge la fase ristrutturativa, nel corso della quale avviene la correzione dei lavori svolti.
L’ EAS si conclude con l’insegnante che richiama i concetti principali, evidenzia gli aspetti principali e corregge le eventuali interpretazioni o concezioni errate.
L’approccio EAS si distacca notevolmente dagli approcci utilizzati nella didattica tradizionale; negli EAS infatti il docente e gli studenti sono impegnati nella costruzione attiva dell’azione didattica in modo differente rispetto alle pratiche abituali che caratterizzano la didattica tradizionale.
Ausubel D. P. (1977). The facilitation of meaningful verbal learning in the classroom. Educational psychologist, 12(2), 162-178.
Le tecnologie costituiscono parte integrante degli EAS, in quanto esse consentono di:
• creare nuove forme di ricerca e condivisione di risorse;
• di generare nuove forme di collaborazione e di scambio anche interculturale;
• di ottenere, a seguito del processo di creazione di un artefatto digitale, un maggiore coinvolgimento degli studenti, funzionale all’appropriazione personale di nuovi contenuti;
• di attuare una migliore personalizzazione degli apprendimenti.
Ovviamente le tecnologie non devono essere viste come qualcosa di aggiuntivo alle attività, ma devono essere inserite nelle attività basate sull’approccio EAS in modo integrato e pedagogicamente orientato.
2) Il coding e il pensiero computazionale
Il pensiero computazionale è infatti considerato un prerequisito per imparare a programmare, ma può avere un’applicazione anche più estesa. Apprendere il pensiero computazionale può migliorare il coinvolgimento dello studente, la sua motivazione, la fiducia in se stesso, il problem solving, le capacità comunicative e la performance.
Può essere definito come una combinazione di atteggiamenti mentali, di attitudini e di abilità, che inducono a non consumare passivamente la tecnologia, bensì a creare con la tecnologia: non si tratta di rendere il pensiero umano simile a quello del computer, ma di potenziare la capacità umana di utilizzare il computer più efficacemente per risolvere problemi.
Il pensiero computazionale include una serie di abilità:
· la scomposizione (scomporre dati, processi e problemi in parti più piccole e gestibili),
· il riconoscimento di pattern (osservare i pattern, i trend e le regolarità nei dati),
· l’astrazione (rendere un problema più comprensibile riducendo i dettagli non necessari),
· la progettazione di algoritmi (sviluppare istruzioni passo dopo passo per risolvere problemi simili),
· la valutazione (assicurarsi che la propria soluzione sia buona).
Poi ci sono le attitudini:
o la fiducia (credere nella propria capacità di risolvere problemi),
o la comunicativa (la capacità di comunicare efficacemente con gli altri),
o la flessibilità (la capacità di gestire il cambiamento e i problemi aperti).
Infine, ci sono gli approcci:
§ il tinkering (sperimentare e giocare),
§ la creazione (progettare e fare),
§ il debug (trovare e fissare gli errori),
§ la perseveranza (riuscire a proseguire),
§ la collaborazione.
Computational Thinking in K–12 Education leadership toolkit. sta.acm.org/Curriculum/sub/CurrFiles/471.11CTLeadershiptToolkit-SP-vF.pdf
3) Lo storytelling
Sostanzialmente, lo storytelling fa riferimento alla pratica di raccontare storie tratte da un libro, mentre il digital storytelling sostituisce al libro una storia multimediale tratta da un ebook o da un applicativo multimediale. Se le storie tradizionali contengono del testo associato ad immagini, le storie digitali contengono una combinazione di testo, immagini, video, musica e audio e, talvolta, sono anche interattive.
Il processo di digital storytelling può andare oltre alla lettura e alla mera fruizione della storia interattiva, per spingersi fino alla creazione di una storia, solitamente collaborativa, secondo una serie di fasi:
• la scrittura della sceneggiatura, che deve avere degli obiettivi formulati chiaramente per facilitare il processo;
• la raccolta di elementi digitali (immagini, suoni, registrazione di suoni, video, musiche);
• la creazione di uno storyboard;
• la costruzione della storia in formato digitale;
• la pubblicazione e la condivisione con la collettività della storia definitiva.
Lo storytelling è l’espressione di artefatti culturali comuni condivisi da individui e società con radici che affondano nei millenni.
Il docente riesce infatti, applicando questo metodo, a coinvolgere attivamente nella costruzione della storia anche i bambini con bisogni speciali, secondo le loro capacità cognitive e le loro abilità linguistiche, motivandoli e massimizzandone i traguardi individuali che possono riuscire a raggiungere. Nel processo di creazione della storia, infatti, gli studenti sono liberi, secondo la prospettiva delle multiliteracies, di scegliere le modalità creative e comunicative che preferiscono per esprimersi.
4) Il cooperative learning
Il cooperative learning, in italiano apprendimento collaborativo, è un approccio strutturato e sistematico nel quale, piccoli gruppi di studenti collaborano al raggiungimento di un obiettivo comune.
Le strategie didattiche basate su questo approccio impiegano diversi elementi, quali l’interdipendenza positiva, l’interazione faccia a faccia, la responsabilità personale, le abilità sociali e la riflessione di gruppo.
· L’interdipendenza positiva è la caratteristica in base alla quale gli studenti sono legati fra loro in modo tale che ciascuno riesce a portare a termine il compito, soltanto se contribuiscono anche gli altri del gruppo.
· L’interazione faccia a faccia è la modalità secondo cui gli studenti si chiariscono l’un l’altro come risolvere un problema, mentre la responsabilità personale è il requisito degli studenti che si sentono tenuti a contribuire al lavoro comune e a condividere il loro apporto con gli altri, per evitare che il loro mancato apporto infici il risultato complessivo del gruppo.
· L’assenza del senso di responsabilità personale diventa infatti problematico nel momento in cui non tutti gli studenti partecipano attivamente al lavoro di gruppo.
· Le abilità sociali sono necessarie per raggiungere gli obiettivi comuni: gli studenti devono conoscersi e fidarsi reciprocamente, comunicare fra loro in modo efficace, supportarsi e incoraggiarsi.
Gli insegnanti devono assicurarsi che gli studenti comunichino efficacemente e monitorare le dinamiche del gruppo.
· La riflessione di gruppo, infine, porta gli studenti a riflettere sull’andamento di una sessione, collaborativa per evidenziare, a posteriori, quali azioni dei membri del gruppo sono state di aiuto e quali invece sono state di ostacolo al gruppo.
Le strategie impiegate nella didattica in presenza possono essere facilmente replicate, adattandole opportunamente, in contesti di didattica online.
5) La peer education
La peer education, letteralmente “educazione tra pari”, è una strategia didattica ed educativa molto efficace. Per pari si intende un gruppo di pari età, appartenente alla stessa fascia d’età o a fasce d’età contigue. Nella peer education gli studenti appartenenti ad un gruppo guidano i propri compagni, i propri pari, nell’acquisizione di conoscenze o nello sviluppo di competenze.
Le attività di peer education possono essere proposte in tutti gli ordini di scuola. Gli studenti che hanno difficoltà, dubbi e necessità di chiarimenti, tendono a prestare maggiore attenzione alle spiegazioni dei compagni, che utilizzano anche approcci più informali rispetto a quelli adottati dagli insegnanti, per fornire spiegazioni e per supportare il processo di apprendimento dei compagni. Infatti, lo studente che svolge il ruolo di peer educator utilizza un linguaggio condiviso con i compagni e riveste un ruolo che lo pone in una posizione simmetrica con loro.
Le attività di peer education possono essere proposte in tutti gli ordini di scuola. Gli studenti che hanno difficoltà, dubbi e necessità di chiarimenti, tendono a prestare maggiore attenzione alle spiegazioni dei compagni, che utilizzano anche approcci più informali rispetto a quelli adottati dagli insegnanti, per fornire spiegazioni e per supportare il processo di apprendimento dei compagni. Infatti, lo studente che svolge il ruolo di peer educator utilizza un linguaggio condiviso con i compagni e riveste un ruolo che lo pone in una posizione simmetrica con loro.
Il ruolo di peer educator conferito agli studenti più grandi ha finalità didattiche, in quanto innegabile è il supporto che essi possono dare nei processi di apprendimento dei pari, ma ha anche finalità educative, perché supportare i pari che hanno difficoltà scolastiche dal punto di vista didattico su specifiche discipline, può contrastare il rischio di dispersione scolastica.
6) Il debate
Il debate consiste in un confronto nel quale due squadre, composte da due o più studenti, dibattono in merito ad un argomento assegnato dall’insegnante e prendono una posizione schierandosi a favore o contro quell’argomento, sostenendo e giustificando la loro posizione attraverso delle argomentazioni logiche.
Il dibattito che viene avviato intorno a quella tematica non è una discussione libera, bensì è una discussione formale dettata da regole e scandita da dei tempi precisi, per partecipare alla quale è necessario che gli studenti si preparino documentandosi a partire da una ricerca e da una selezione delle fonti più attendibili, alla quale segue un’elaborazione critica delle informazioni raccolte. In questa fase preparatoria è fondamentale l’uso delle tecnologie, per favorire la ricerca delle fonti e la documentazione sulla tematica oggetto del debate. Gli studenti sviluppano inoltre life skills essenziali per la loro futura vita di adulti che dovranno assumere un ruolo attivo nei processi decisionali.
Il debate può essere proposto come attività interdisciplinare in cui si possono far convergere più discipline e quindi coinvolgendo i rispettivi docenti; le ore da dedicare specificamente al debate possono essere ricavate applicando la flessibilità oraria.
Il docente ha diversi compiti nella pianificazione del debate:
• la divisione della classe in gruppi;
• l’assegnazione di un tema per il debate;
• l’individuazione di tre argomenti a sostegno e di tre argomenti contro il tema proposto;
• la schematizzazione delle argomentazioni contrapposte;
• la divisione in due gruppi ( il gruppo a favore e il gruppo contrario);
• lo svolgimento del laboratorio di ricerca a casa e a scuola, basato sulla raccolta di dati a supporto delle argomentazioni assegnate;
• la preparazione, svolta in gruppi, delle argomentazioni da utilizzare durante il debate;
• lo svolgimento del dibattito vero e proprio con l’esposizione delle due tesi contrapposte, corredate di prove e dati a sostegno della validità delle argomentazioni sostenute.
7) Il writting & reading
Il WRW (Writing and Reading Workshop) viene impiegato allo scopo di fare dello studente uno scrittore competente ed un lettore “a vita”
Questo metodo conferisce sistematicità ai percorsi con i quali si cerca di promuovere l’interesse per lettura e che dovrebbero stimolare la ricerca di un proprio stile di scrittura.
Golinelli E., Minuto S., Amano leggere, sanno scrivere, Collana Pearson Academy “Insegnare nel XXI secolo”, 2019.
A differenza di questi percorsi, il laboratorio di Writing and Reading rende gli studenti protagonisti, considerandoli capaci di comunicare idee proprie, di coltivare delle aspirazioni e desiderosi di conoscere, di condividere e di confrontarsi con gli altri, ai quali bisogna dare la possibilità di esprimere la propria voce.
Gli studenti che frequentano il laboratorio sono un gruppo coeso di lettori e di scrittori che cresce come una comunità di apprendimento immersa nella lettura e nella scrittura, confrontandosi, dandosi suggerimenti reciproci, sperimentando insieme tecniche sempre nuove.
Il laboratorio si articola in due sessioni di lavoro della durata di un’ora ciascuna, ciascuna delle quali è avviata da una minilesson di circa venti minuti dedicata ad una strategia o al processo di scrittura, nel corso della quale gli studenti analizzano un testo predisposto dal docente o tratto da un’opera letteraria. Dopo la minilesson, la successiva mezz’ora è dedicata alla scrittura individuale, eventualmente applicando le tecniche apprese nelle minilesson. Negli ultimi dieci minuti c’è la condivisione, nel corso della quale gli scrittori possono leggere i loro pezzi o l’insegnante può condividere quanto emerso dalle consulenze
8) Il circle time
Circle time, che significa tempo del cerchio, è una delle metodologie più efficaci nell’educazione socio-affettiva. Gli studenti si dispongono seduti in cerchio con l’insegnante che conduce gli scambi e sollecita gli interventi.
Il circle time fornisce delle tecniche strutturate per la soluzione dei problemi, a cui contribuiscono tutti i partecipanti. L’approccio favorisce la conoscenza di sé e promuove l’espressione e la condivisione delle proprie idee, vissuti, opinioni e sentimenti intorno a delle tematiche che il docente o i bambini desiderano affrontare, favorendo un clima di serenità. Il circle time favorisce anche la conoscenza reciproca e consente di valorizzare le differenze, rendendo questo approccio uno strumento che può promuove l’inclusione. Esso può diventare anche uno strumento per prevenire e gestire la conflittualità.
Per poter parlare, i partecipanti devono tenere un oggetto prestabilito in mano. e quindi passarselo di mano in mano per stabilire il turno, mentre tutti gli altri ascoltano chi sta parlando; chiunque può chiedere la parola ed intervenire. Se il gruppo è troppo grande e difficile da gestire, può essere spezzato in gruppi più piccoli, soprattutto se ci sono dei bambini con difficoltà di apprendimento.
Esistono due tipologie di circle time: il primo tipo è un circle time già pianificato nell’ambito di un percorso che prevede una progressione dello sviluppo personale e sociale degli studenti; il secondo tipo di circle time è invece legato all’argomento deciso al momento.
In questo quadro, il circle time è uno strumento utile per gli insegnanti, che può alleviare un carico di lavoro oneroso legato alla gestione di situazioni molto complesse, legate alla presenza di bambini con le più svariate problematiche.