Astronomia
Astronomia
Giornata Internazionale dell'Astronomia
Nel 2022 la Giornata Internazionale dell'Astronomia è il 7 maggio
gennaio2022
21 dicembre 2021: arriva l'inverno!
Alle 16:59 di oggi per noi abitanti dell'emisfero nord della Terra sarà l'istante esatto del solstizio d'inverno, mentre per i nostri amici dell'emisfero sud comincerà l'estate.
Come potete vedere dallo schema, le stagioni dipendono unicamente dall'inclinazione dell'asse terrestre: in estate aumenta la durata e la quantità dell'irraggiamento solare, in inverno diminuisce.
Il 16 dicembre sarà la prima Giornata nazionale dello Spazio, un riconoscimento del fatto che il settore merita una giornata dedicata, nella quale parleremo di spazio anche in contesti diversi dal solito per avvicinare ancora più i cittadini italiani a questo mondo.
Istituita con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, la Giornata ha lo scopo di celebrare il lancio del primo satellite italiano, il San Marco 1, avvenuto il 15 dicembre del 1964, grazie al quale l’Italia è stata tra i primi Paesi al mondo a superare l’atmosfera terrestre. Da allora l’Italia vanta molti primati nello spazio ed è diventata uno dei principali attori sulla scena internazionale.
Il giorno 21, alle ore 15:59, si verifica il solstizio d’inverno e si entra ufficialmente nell’inverno astronomico. Il Sole raggiunge la sua massima distanza al di sotto dell’equatore celeste (circa -23,27°), e l’arco apparente descritto da sud-est a sud-ovest è ridotto al minimo, con il risultato di avere il giorno più corto dell’anno.
Contrariamente a quanto si pensa, il 13 dicembre (Santa Lucia) non è il giorno più corto dell’anno (o la notte più lunga). In realtà, in prossimità del 13 dicembre, si verifica il periodo in cui il Sole tramonta prima. Il primato del giorno più breve dell’anno spetta invece al giorno 21 dicembre.
Dati alla mano, il giorno 21 il Sole tramonta alle 16:42, circa 3 minuti dopo rispetto al 13, ma anche il suo sorgere è ritardato di alcuni minuti (ben 6, rispetto al giorno 13), avendo luogo alle 7:35. A conti fatti, il Sole resta sopra l’orizzonte circa 3 minuti in meno rispetto al giorno 13. Possiamo quindi affermare che il giorno più corto dell’anno in corso è il 21 dicembre
Il nome dell'ideatrice di Radio3 Scienza è stato scritto nel cielo: a lei è stato dedicato l'asteroide (112527) Panarese 2002 PJ33
Nella fascia principale degli asteroidi, tra l’orbita di Marte e quella di Giove, c’è un corpo celeste per noi molto speciale: è un asteroide scoperto nel 2002, all’Osservatorio astronomico di Campo Imperatore, che l’International Astronomical Union (IAU) ha voluto dedicare alla nostra Rossella Panarese, l’ideatrice di Radio3 Scienza. Da lunedì scorso, infatti, il suo nome ufficiale è diventato (112527) Panarese 2002 PJ33. Ha un diametro di 2,5 chilometri e orbita intorno al Sole in 4 anni e quasi 5 mesi ad una distanza media di 400 milioni di chilometri. Questa attribuzione è un grande riconoscimento al contributo dato da Rossella alla crescita della comunicazione scientifica a Radio3 e in diversi altri contesti.
di Giovanni Caprara
Cheli è il nuovo capo dell’osservazione della Terra all’Agenzia spaziale europea. «Per lavoro ho girato il mondo, la famiglia non ne ha risentito». Dopo gli studi a Yale, si è laureata a Firenze prima di specializzarsi a Parigi
«Sono felice di essere alla guida dell’osservazione della Terra affrontando una sfida che mi aveva appassionato già 15 anni fa quando chiesi di far parte di questo campo di attività dell’agenzia spaziale Esa». Simonetta Cheli, senese, 57 anni, prima donna a ricoprire questo ruolo, è stata scelta dal Consiglio dell’Agenzia europea per succedere a Josef Aschbacher, diventato il nuovo direttore generale dell’ente europeo, di cui era il braccio destro come responsabile delle strategie, dei programmi e del loro coordinamento.
Come mai questa attrazione verso l’ambiente?
«Quando feci la scelta ero già in Esa da 15 anni occupandomi di rapporti internazionali. Avevamo in orbita solo tre satelliti impegnati nello scrutare le condizioni del nostro pianeta e si cominciava a parlare seriamente di cambiamento climatico. Adesso abbiamo 16 satelliti che scandagliano oceani, atmosfera, venti e ghiacci e altri 39 sono in cantiere. Riceviamo una montagna di informazioni convogliate al centro Esrin dell’Esa di Frascati e poi distribuite gratuitamente a scienziati, utilizzatori e enti pubblici per gestire le città, le coltivazioni agricole, le conseguenze degli eventi naturali».
Trovare risposte alla crisi climatica sembra arduo. Lo spazio che ruolo ha?
«L’indagine dall’orbita permette di comprendere ciò che succede, ma poi è altrettanto determinante tessere una vera collaborazione tra le istituzioni dei vari Paesi e fornire le conoscenze adeguate ai politici che devono compiere le loro scelte».
Perché si è avvicinata allo spazio e all’Agenzia europea?
«Quando sono entrata in Esa trent’anni fa avevo alle spalle studi di economia e diritto internazionale nelle università di Yale, di Firenze e al Centro di studi diplomatici e strategici di Parigi. Avevo acquisito l’importanza della gestione dei rapporti e vedevo la loro rilevanza nell’affrontare grandi imprese tecnologiche e globali come appunto il cambiamento climatico. L’Esa era dunque una meta straordinaria e ho iniziato dal gradino più basso, ma la passione mi ha aiutato a crescere».
Un’agenzia spaziale è una realtà distribuita nel continente europeo...
«Appunto, ed è stato necessario lavorare in sedi diverse. Ma in famiglia ci si capiva perché mio marito è un ingegnere dell’Esa e comprende le necessità di questo lavoro che ti porta dall’Olanda alla Guyana, da Mosca a Washington».
Senza conseguenze spiacevoli ?
«No. Abbiamo due figli meravigliosi, Lavinia e Giulio ormai autonomi, a cui abbiamo sempre dedicato tutto il nostro tempo al di fuori del lavoro. È importante avere un equilibrio nella vita personale senza imporre sacrifici e rispettandoci ogni momento».
Un’agenzia europea è un insieme di vite e di carriere. Essere donna ed emergere è stato difficile?
«Quando iniziai eravamo in pochi e c’era meno competizione. Ora le cose sono cambiate. Esistono spinte interne ed esterne che rendono la giornata più complessa. Tuttavia è un lavoro straordinario e ho avuto accanto personaggi eccezionali che mi hanno insegnato molto. Non ho avuto impedimenti per arrivare a dove ora mi trovo».
Quindi c’è una formula da suggerire alle ragazze per superare gli ostacoli ?
«Prima di tutto lo studio: la vita è un continuo processo di apprendimento. Altrettanto importante è fare ciò che piace, soprattutto con passione».
Autunno atronomico
Alle 21:21 ora italiana di mercoledì 22 settembre, avrà ufficialmente inizio – qui nell’emisfero boreale – l’autunno astronomico: è l’istante in cui raggi solari sono perpendicolari all’asse di rotazione terrestre, determinando una (quasi) uguale durata del giorno e della notte. Da cui, appunto, il termine ‘equinozio’
Mercoledì 22 settembre 2021, alle 21:21 ora italiana il Sole, nel suo moto apparente nel cielo, attraverserà l’equatore celeste da Nord a Sud. Nel nostro emisfero questo istante prende il nome di equinozio d’autunno (inizio dell’autunno astronomico), mentre nell’emisfero Sud rappresenta l’equinozio di primavera (inizio della primavera astronomica). La data in cui si verifica questo evento astronomico varia dal 21 al 24 settembre, solitamente il 22 ed il 23. Questo è dovuto alla differenza tra la durata dell’anno secondo il calendario gregoriano (365 giorni) e la sua durata reale (365,25 giorni), cosicché ogni anno l’equinozio si verifica sei ore più tardi rispetto all’anno precedente, cumulando un giorno di ritardo in quattro anni.
All’equinozio i raggi solari sono perpendicolari all’asse di rotazione terrestre e ciò determina una (quasi) uguale durata del giorno e della notte, da cui il termine ‘equinozio’. In realtà, al tramonto la rifrazione della luce solare determinata dall’atmosfera terrestre ci fa vedere il bordo solare ancora per diversi minuti nonostante esso sia già sotto l’orizzonte, allungando di alcuni minuti la durata del giorno rispetto alla notte, perché l’istante del tramonto del Sole si verifica quando il lembo superiore del Sole è a livello dell’orizzonte. Infatti oggi la luce del Sole illuminerà la Terra per 12 ore ed 11 minuti, mentre sabato 25 settembre l’illuminazione durerà 12 ore e 1 minuto. Perciò quest’ultima sarà la giornata di ‘equiluce’, con una durata uguale delle ore di luce e di quelle di buio.
Nell’emisfero Nord fino al solstizio d’inverno il numero giornaliero di ore di luce continuerà a diminuire progressivamente, mentre il contrario avviene nell’emisfero Sud, dove continueranno ad aumentare.
Mercoledì 22 settembre 2021, alle 21:21 ora italiana il Sole, nel suo moto apparente nel cielo, attraverserà l’equatore celeste da Nord a Sud. Nel nostro emisfero questo istante prende il nome di equinozio d’autunno (inizio dell’autunno astronomico), mentre nell’emisfero Sud rappresenta l’equinozio di primavera (inizio della primavera astronomica). La data in cui si verifica questo evento astronomico varia dal 21 al 24 settembre, solitamente il 22 ed il 23. Questo è dovuto alla differenza tra la durata dell’anno secondo il calendario gregoriano (365 giorni) e la sua durata reale (365,25 giorni), cosicché ogni anno l’equinozio si verifica sei ore più tardi rispetto all’anno precedente, cumulando un giorno di ritardo in quattro anni.
All’equinozio i raggi solari sono perpendicolari all’asse di rotazione terrestre e ciò determina una (quasi) uguale durata del giorno e della notte, da cui il termine ‘equinozio’. In realtà, al tramonto la rifrazione della luce solare determinata dall’atmosfera terrestre ci fa vedere il bordo solare ancora per diversi minuti nonostante esso sia già sotto l’orizzonte, allungando di alcuni minuti la durata del giorno rispetto alla notte, perché l’istante del tramonto del Sole si verifica quando il lembo superiore del Sole è a livello dell’orizzonte. Infatti oggi la luce del Sole illuminerà la Terra per 12 ore ed 11 minuti, mentre sabato 25 settembre l’illuminazione durerà 12 ore e 1 minuto. Perciò quest’ultima sarà la giornata di ‘equiluce’, con una durata uguale delle ore di luce e di quelle di buio.
Nell’emisfero Nord fino al solstizio d’inverno il numero giornaliero di ore di luce continuerà a diminuire progressivamente, mentre il contrario avviene nell’emisfero Sud, dove continueranno ad aumentare.
www.astronomia.com/2021/08/26/scoperto-lasteroide-piu-interno-e-veloce-del-sistema-solare/
Un altro passo importante è stato messo a punto nella preparazione del James Webb Space Telescope, che ha finalmente passato anche gli ultimi test meccanici. Dopo aver verificato nei mesi scorsi il funzionamento di ogni singolo componente elettronico, l’apertura in microgravità simulata degli specchi e della grande vela multistrato in kapton (la quale lo schermerà dai raggi solari permettendogli di operare a temperature criogeniche), l’ultima parte dei test riguardava la severissima simulazione delle condizioni del lancio.
In un comunicato diffuso nella serata italiana di ieri la NASA ha informato che, avendo passato anche queste verifiche, JWST ha iniziato la preparazione per il trasporto via nave verso Kourou, in Guyana Francese, verso cui è previsto parta intorno alla fine di settembre. Una volta giunto a destinazione, il più costoso e complesso telescopio spaziale della storia verrà quindi integrato nel razzo scelto per il suo lancio, un Ariane 5 fornito dall’Agenzia Spaziale Europea. La data del lancio non è ancora fissata con precisione in quanto non è necessario rispettare delle cosiddette “finestre” come avviene per le sonde planetarie, che per minimizzare il consumo di carburante devono essere lanciate quando le posizioni reciproche tra i pianeti sono favorevoli. Per il JWST è previsto il lancio tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre, e dovrebbe poi impiegare 106 giorni per collocarsi in orbita attorno al punto di Lagrange L2.
Il James Webb Space Telescope sarà l’osservatorio astronomico più avanzato a nostra disposizione. Specializzato nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso, non andrà a sostituire il celeberrimo Hubble (che opera su un’altra parte dello spettro elettromagnetico) ma gli si affiancherà. Grazie alle sue immagini gli astronomi contano di trovare risposte alle domande sulla nascita delle prime galassie, per cercare di comprendere meglio i primi milioni di anni di vita dell’Universo.
Torna la meravigliosa Luna Blu di agosto. Uno spettacolo che animerà la notte con la comparsa anche d Giove e Saturno.
Abbiamo appena finito di riempirci occhi e cuore con lo spettacolo delle stelle cadenti della notte di San Lorenzo che già dobbiamo prepararci ad un altro show celeste: la Luna Blu.
Ormai abbiamo imparato a saperlo, la luna non sarà veramente blu, ma si tratterà di una spettacolare luna piena circondata da stelle e pianeti particolarmente visibili anche a occhio nudo. Una particolare condizione astrale che avviene ogni 3 o 5 anni. Scopriamo allora quando ci sarà la Luna Blu, quale sarà l’orario migliore per osservare questo fenomeno e come fare per vederla benissimo.
Quando vedere la Luna Blu? La data e il perché di questo nome
Come prima cosa sappiate che la Luna Blu si vedrà il 22 agosto. È questa la data da segnarsi sul calendario per non perdersi lo spettacolo nel cielo d’Italia, ma non pensate di vedere il nostro satellite veramente colorato di blu. Come abbiamo infatti imparato negli anni, il nome deriva dal detto inglese “Once in a Blue Moon” che sta ad indicare una cosa che accade molto raramente. Ecco perché questa particolare condizione astrologica della terza luna piena in una stagione che ne ha invece quattro, viene denominata Luna Blu.
Ma non solo, un’altra spiegazione del perché si chiama così è che veniva indicata anche con il termine Belewe, ossia traditore. Questo perché la terza luna piena, a cui ne segue una quarta, è traditrice. Fa pensare che il mese e la stagione siano finite e invece non è così.
Ma cosa vedremo di preciso la notte del 22 agosto? La luna sarà piena e particolarmente visibile, ma non solo. Accanto a lei ci sarà una vera e propria sfilata di pianeti: Saturno e Giove saranno in particolar modo visibili regalando uno spettacolo speciale.
A che ora e dove osservare la Luna Blu?
Il momento migliore per osservare la Blue Moon sarà intorno alle 22. Questo è l’orario perfetto per godere dello spettacolo della luna, ma anche dei pianeti che inizieranno a farsi vedere nel cielo. Ricordate poi che i posti migliori dove osservare la meraviglia della volta celeste sono sempre quelli meno luminosi e meno tormentati dall’inquinamento luminoso. Via libera a spiagge, moli, colline e spiazzi tranquilli nell’entroterra.
La Luna si farà da parte per non disturbare e la poggia delle stelle cadenti dell'agosto 2021 promette di essere spettacolare, fino a raggiungere picchi di 100 meteore l'ora. La condizione irrinunciabile per non perderle è trovarsi in un luogo buio, lontano dalle luci dei centri abitati.
Come accade da molti anni le stelle cadenti d'agosto, le Perseidi, non offriranno lo spettacolo migliore nella notte di San Lorenzo, il 10 agosto, ma raggiungeranno il massimo della visibilità il 12 agosto , osserva l'astrofisico Mauro Messerotti, dell'Università di Trieste e dell'istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). "Nel 2021 la massima frequenza oraria delle Perseidi, determinata dall'attraversamento della Terra di un filamento di detriti della cometa Swift-Tuttle, è prevista il 12 agosto dalle 21,00 alle 24,00", dice Messerotti." L'osservazione - aggiunge - sarà favorita dall'assenza della luce della Luna crescente", che permetterà di catturare con lo sguardo anche le scie meno luminose.
La tradizione collega il fenomeno al martirio di San Lorenzo, la cui ricorrenza si celebra il 10 agosto e da cui deriva il nome popolare dello sciame, ma "e' possibile osservare le stelle cadenti per molti giorni intorno al vero picco di visibilita' , che cade tra l'11 e il 13 agosto", osserva l'astrofisico Gianluca Masi, responsabile scientifico del Virtual Telescope Project.
Guardando il cielo nella seconda meta' della notte, prosegue Masi, si potranno osservare mediamente fino a 100 meteore l'ora, a patto di trovarsi in un luogo buio. Lo sciame delle Perseidi e' originato dalla cometa Swift-Tuttle, scoperta nel 1862 e il cui ultimo passaggio risale al 1992.
"Il fenomeno si verifica quando la Terra passa in prossimita' dell'incrocio tra la sua orbita e quella della cometa in questione, 'tuffandosi' cosi' nella nube di polveri seminata da quest'ultima lungo il proprio percorso attorno al Sole", commenta Masi. "Questi grani di polvere, penetrando a gran velocita' nell'atmosfera terrestre, bruciano per attrito, lasciando cosi' nel cielo la caratteristica scia".
Quello con lo sciame di meteore delle Perseidi e' "l'appuntamento piu' atteso dell'estate astronomica", osservano gli astrofili della Uai, e l'obiettivo delle serate di osservazione e' "avvicinare il pubblico, attraverso conferenze, spettacoli e osservazioni ai telescopi, alla conoscenza del fenomeno delle stelle cadenti, che anche quest'anno promettono uno spettacolo imperdibile, non disturbato dal chiarore lunare". L'iniziativa e' abbinata a 'Calici di Stelle', la manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dal Movimento Turismo del Vino e dall'Associazione Nazionale Citta' del Vino.
Tanti gli appuntamenti organizzati in tutta Italia dalle associazioni di astrofili e appassionati del cielo, a partire dalla Uai.
In Liguria, l'Istituto Spezzino Ricerche Astronomiche (Iras) nella serata del 10 agosto dà appuntamento all'Osservatorio di Monte Viseggi (La Spezia), sempre per la sera del 10 agosto, l'associazione "Paolo Maffei" ha organizzato un evento dedicato all'osservazione del cielo presso Montefalco (Perugia).
A Roma la sera del 10 agosto la Direzione dei Musei Statali della Città di Roma e il Virtual Telescope Project propongono una serata di osservazione del cielo ad occhio nudo, tra pianeti, stelle, costellazioni e miti astrali, dalla terrazza panoramica di Castel Sant'Angelo. Occhi puntati al cielo anche nell'Osservatorio astronomico Presolana, a Castione della Presolana (Bergamo) in due appuntamenti organizzati l'11 e il 12 agosto dal Gruppo Astrofili Cinisello Balsamo.
In Sicilia l'Orsa (Organizzazione Ricerche e Studi di Astronomia) di Palermo organizza per il 12 agosto una serata divulgativa e osservativa presso l'Osservatorio di Ventimiglia di Sicilia. Sempre il 12, nel Lazio, l'Associazione Tuscolana di Astronomia (Ata) offre al pubblico presso il parco astronomico "Livio Gratton" di Rocca di Papa (Roma) spettacoli multimediali di astronomia nel planetario, osservazioni del cielo, a occhio nudo e al telescopio, e visite guidate alla cupola che ospita la strumentazione di ricerca. Ancora il 12 agosto nel Friuli Venezia Giulia appuntamento a San Lorenzo (Trieste) per la serata dedicata alle Perseidi, organizzata dal il Centro Studi astronomici Antares di Trieste. Il 12 agosto al Castello di Riomaggiore (La Spezia) il Gruppo Astronomia Digitale propone una conferenza sul fenomeno delle stelle cadenti e osservazioni con i propri telescopi portatili. Il 13 agosto il Gruppo Astrofili Palidoro organizza a Tragliatella (Fiumicino) una serata di osservazione delle stelle e degustazione di prodotti tipici.
Come di consueto, il 1° di giugno è iniziata l'estate meteorologica, che termina il 31 di agosto; l'estate astronomica del 2021 scatta invece nella notte tra domenica e lunedì 21 giugno, alle 05:31, circa 6 ore dopo rispetto al 2020. È il giorno del solstizio d'estate - la giornata più lunga dell'anno in termini di ore di luce: il crepuscolo, cioè l'intervallo di tempo in cui la luce del Sole è ancora indirettamente visibile in atmosfera, è andato via via prolungandosi nei mesi scorsi, e adesso inizierà a ridursi fino al minimo del solstizio d'inverno, martedì 21 dicembre alle 17:59.
Dopo l'equinozio di primavera, il dì - cioè quella parte del giorno in cui c'è luce - continua ad allungarsi ogni giorno fino al solstizio d'estate: dopo quella data le ore di luce cominciano a diminuire tornando infine pari a quelle di buio in concomitanza con l'equinozio d'autunno. Nell'emisfero boreale (il nostro) estate e inverno astronomici iniziano nei giorni di solstizio, in cui le ore di luce sono rispettivamente al loro massimo o al loro minimo, all'opposto di quanto avviene nell'emisfero australe.
PERCHÉ LA DATA DEL SOLSTIZIO NON È FISSA? Il momento del solstizio ritarda di circa 6 ore l'anno per via del fenomeno della precessione degli equinozi (lo spostamento dell'asse attorno al quale la Terra compie la rotazione giornaliera) e torna artificiosamente al punto di partenza ogni 4 anni, quando arriva l'anno bisestile che risistema le cose (come nel 2020): è un artificio inventato per evitare il progressivo scostamento tra il calendario e le stagioni. E questo è anche il motivo per cui il solstizio d'estate cade il 21 giugno quasi sempre... tranne quando cade il 20!
Perché stagioni astronomiche e stagioni meteorologiche?
CHE COSA VUOL DIRE SOLSTIZIO? Dal punto di vista astronomico, il solstizio - dal latino sol (Sole) e -sistere (fermarsi) - è il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo cammino apparente, il punto di declinazione (altezza) massima o minima (massima, nel caso del solstizio d'estate). Il Sole culmina allo zenit, nel punto più alto rispetto all'orizzonte del suo percorso annuale. In particolare, il giorno del solstizio d'estate, in tutti i luoghi che si trovano a 23°27' di latitudine nord, i raggi del Sole a mezzogiorno cadono a perpendicolo. Il fenomeno è dovuto all'inclinazione dell'asse terrestre, la stessa ragione per cui abbiamo le stagioni.
Alle 10:37 del 20 marzo, avremo l'istante esatto dell'equinozio di primavera 2021.
Oggi il Sole sorge esattamente a Est e tramonta esattamente a Ovest e il giorno e la notte hanno la stessa durata. La parola "equinozio" significa infatti "notte uguale" (al giorno).
Per definizione astronomica, l'equinozio è il momento della rivoluzione terrestre intorno al Sole in cui quest'ultimo si trova allo zenit dell'equatore.
Nonostante si creda che il giorno dell'equinozio di primavera cada il 21 marzo, in realtà per tutto il resto di questo XXI secolo cadrà come oggi il 20 marzo, e solo qualche volta il 19 marzo!
Prosegue il lungo periodo di visibilità serale di Marte, la cui rossa presenza spicca alta sull’orizzonte occidentale.
Grazie al veloce moto diretto da cui è animato, il Pianeta Rosso ha raggiunto la costellazione zodiacale del Toro e nei primi giorni del mese viene a trovarsi nelle vicinanze delle Pleiadi, transitando 3° a sud delle principali stelle dell’ammasso le sere del 3 e del 4.
Equinozio di Primavera: 20 Marzo, ore 09:28
Il Sole sorge e tramonta rispettivamente ad Est e ad Ovest, e si trova esattamente nel punto di intersezione tra equatore celeste ed eclittica, denominato punto d’Ariete. Il giorno e la notte presentano la stessa durata.
Mars 2020
Mars 2020 è una missione spaziale per l'esplorazione di Marte sviluppata dalla NASA, il cui lancio è avvenuto con successo il 30 luglio 2020 ed il suo arrivo sulla superficie di Marte ha avuto altrettanto esito positivo il giorno 18 febbraio 2021 alle ore 21:55 CET.
Data di lancio: 30 luglio 2020
Rampa di lancio: Cape Canaveral Air Force Station Space Launch Complex 41
www.astronomia.com/2021/04/07/marte-chiama-musica-dal-pianeta-rosso/
Finalmente il primo volo su Marte: la Nasa mostra il video dell'impresa di Ingenuity
Il piccolo drone, che pesa 1,8 kg, è volato e atterrato dopo circa 40 secondi, esattamente come da programma Tweet 19 APRILE 2021 Ingenuity, il piccolo drone arrivato su Marte con il rover Perseverance, si è levato in volo sul Pianeta Rosso. È la prima volta nella Storia dell'uomo che si realizza un volo controllato a distanza e con motore su un altro pianeta. Il piccolo drone, che pesa 1,8 kg, è volato e atterrato dopo circa 40 secondi, esattamente come da programma. "Nei prossimi giorni", rende noto la Nasa, "sono previsti altri voli. E in futuro - aggiunge l'agenzia - i mezzi di esplorazione robotici volanti potrebbero unirsi a nuovi rover e persino agli astronauti nelle loro esplorazioni". - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/primo-volo-su-marte-ingenuity-a9dc9436-6699-48a8-bb74-84e6f66ea45c.html
Pochi secoli fa Marte era solo un minuscolo punto di luce sopra le nostre teste, poco più di un'idea; negli ultimi cinquant'anni gli uomini ne hanno setacciato la superficie e il sottosuolo attraverso telescopi, sonde, satelliti, lander e rover spaziali, una corsa all'esplorazione senza precedenti. Perché proprio Marte? Perché un pianeta dove non piove da due miliardi di anni, dove non esistono fiumi, laghi e oceani, la cui superficie desertica è rotta da spaccature profonde come abissi, ricoperta da una sabbia finissima che si solleva in vasti mulinelli nella sottile atmosfera color bronzo? In un tempo che non appartiene alla memoria dell'uomo Marte somigliava molto di più alla Terra, poi, tra i tre miliardi e mezzo e quattro miliardi di anni fa, i loro destini hanno imboccato strade diverse. È forse questa la chiave dell'attrazione che il pianeta rosso ha esercitato sulle menti e le fantasie degli uomini. La storia di Marte e delle sue esplorazioni - scrive Sarah Stewart Johnson, giovane e talentuosa planetologa dell'Università di Georgetown - è strettamente legata a quella della Terra: trovare risposte agli enigmi che si annidano nel suo passato significa gettare uno sguardo sul futuro del nostro pianeta. «Marte è stato il nostro specchio, un riflesso rivelatore di ciò che albergava nel profondo dei nostri cuori, vi abbiamo visto un'utopia, un territorio inesplorato, un santuario, un oracolo.»
La nostra prossima casa la affitteremo in un altro pianeta del sistema solare. Trascorreremo le vacanze estive sulla Luna e nelle sere d'agosto ci ritroveremo a brindare a un cocktail party in qualche catena alberghiera su Marte. Tutto intorno a noi vedremo l'infinito, il firmamento, ascolteremo la musica abissale dei buchi neri, contempleremo quella sfera sublime e ridicola che è la Terra. Dopo millenni passati ad alloggiare sulla superficie terrestre - a camminarci, a inalarne gli odori e a solcarne il cielo e i mari - l'uomo sta per cambiare dimora. Probabilmente non avverrà domani, ma è certo che in un futuro non troppo remoto questo sogno sarà alla nostra portata. Eppure, nello spazio sembra mancare tutto ciò di cui abbiamo bisogno per sopravvivere: l'acqua, la gravità, l'aria. Mancano tutte le nostre irrinunciabili comodità, come profumate toilette, cibi esotici, la possibilità di fare romantiche camminate o di contemplare la variopinta bellezza dei fiori. Come reagirebbero il nostro corpo e la nostra psiche a tutte queste privazioni? Cosa succederebbe se durante il viaggio ci trovassimo a vomitare nel nostro casco da astronauti? Se fossimo costretti per settimane a non curare la nostra igiene? Se nei lunghi viaggi a bordo delle navicelle ci fosse precluso di fare l'amore? Per dare una risposta a tutti questi quesiti le agenzie spaziali hanno allestito sulla Terra innovativi e bizzarri ambienti per simulare le situazioni più estreme: prove dure e allo stesso tempo stravaganti alle quali deve sottoporsi chiunque desideri avventurarsi nell'universo. Mary Roach descrive in modo arguto, divertente e irriverente tutti i compromessi che dovremmo accettare per lasciare il nostro pianeta e andare a vivere su Marte, raccontando aneddoti e incidenti - spesso tragicomici - capitati agli astronauti mentre si trovavano a fluttuare nel cosmo. "Come vivremo su Marte" non è solo una guida per la sopravvivenza nello spazio, ma un'esplorazione di ciò che significa essere umani, con i nostri limiti, le nostre fragilità biologiche e culturali. A quanta normalità sapremo rinunciare? Per quanto tempo? E come ci trasformerà questa nuova vita?
Nel 2020 il solstizio d’inverno cade il 21 dicembre, alle ore 11.02. Nel 2018 l’inverno astronomico è arrivato il 21 dicembre 2018, alle ore 22:23 UTC (23:23 ora italiana), mentre nel 2017 il solstizio d’inverno cadde Giovedì 21 dicembre alle ore 17:28 (ora italiana). Per il solstizio 2019 si è dovuto attendere invece le 05:19 di domenica 22 dicembre.
Generalmente il solstizio cade il 21 o il 22 dicembre e ogni anno il solstizio tarda di 5h 48min 46s e si riallinea forzosamente ogni quattro anni, in corrispondenza dell’anno bisestile, introdotto allo scopo di evitare la progressiva divergenza dell’anno solare da quello civile (un anno dura, infatti 365 giorni ore, 9 minuti e 10 secondi), proprio per questo il solstizio può cadere il 21 o anche il 22 dicembre.
In rarissimi casi il solstizio può cadere il 20 o il 23 dicembre: l’ultima volta che un solstizio di inverno è caduto il 23 dicembre era il 1903, la prossima volta dovrebbe essere dopo il 2300.
Per comprendere cos’è il solstizio d’inverno occorre spiegare innanzitutto come si muove la terra. Ogni giorno la terra compie un proprio movimento (rotazione) intorno al suo asse, una linea immaginaria che collega Polo Nord e Polo Sud, è il movimento che dà luogo al giorno e alla notte. Ogni anno però, la terra compie anche un altro movimento (rivoluzione), quello intorno al sole descrivendo un’orbita dalla forma ellittica che dà luogo a un piano immaginario chiamato eclittica.
L’asse terrestre non è perpendicolare all’eclittica ma inclinato; per questo stesso motivo anche l’equatore non coincide con il piano dell’eclittica ma è inclinato rispetto ad essa (di un valore variabile, in base ai differenti momenti dell’anno).
Tale inclinazione fa sì che i raggi solari non investano la superficie terrestre in modo uniforme in ogni periodo dell’anno e, quindi, fa sì che il giorno e la notte abbiano durata diversa in differenti periodi dell’anno. Proprio tale inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita, inoltre, dà luogo al fenomeno delle stagioni: al variare dell’angolo con cui i raggi del sole colpiscono la terra, variano le stagioni e hanno luogo le differenze tra le temperature estive e quelle invernali.
Gli equinozi possono essere considerati dei casi eccezionali del fenomeno descritto sopra, in questi due giorni dell’anno, infatti, i raggi solari sono perpendicolari all’asse terrestre e il periodo di luce è di pari durata rispetto al periodo di buio, ovvero il giorno e la notte hanno la stessa durata.
Anche i solstizi sono dei casi particolari di questo fenomeno: nell’emisfero boreale (quello superiore, il nostro), nel periodo estivo l’angolo prodotto dai raggi solari aumenta fino al giorno del solstizio d’estate, quando il sole, perpendicolare al tropico del cancro (tropico dell’emisfero superiore), dà luogo alla giornate con il numero più elevato di ore (e minuti) di luce.
Nell’emisfero boreale, nel giorno del solstizio d’inverno succede esattamente il contrario: i raggi solari raggiungono l’angolo minimo di incidenza essendo perpendicolari al tropico del Capricorno (tropico dell’emisfero inferiore) dove si configura la situazione opposta.
Il giorno del solstizio d’inverno, nell’emisfero boreale è, dunque, la giornata con il numero minimo di ore (e minuti) di luce. Come avviene per tutto l’inverno, il polo nord e tutto l’emisfero boreale sono “piegati” in posizione esterna rispetto al sole e, quindi, più lontani da esso, mentre in estate si configura la situazione opposta, per questo, con il Polo Nord e tutto l’emisfero boreale protesi verso il Sole, si hanno giornate più lunghe e più calde.
Nell’emisfero australe (sud) la situazione è capovolta, come sono capovolte le stagioni: il solstizio d’inverno segna l’entrata nella bella stagione ed è la giornata con il numero maggiore di ore e di minuti di luce.
Nel nostro calendario il solstizio d’inverno, che ricorre generalmente il 21 o il 22 dicembre, segna l’inizio dell’inverno boreale e coincide con il giorno più corto dell’anno, ovvero con il giorno in cui sono minori i momenti di luce rispetto a quelli di buio e oltre il quale le ore (e i minuti) di luce ricominciano ad aumentare. Non si tratta, in ogni caso del giorno più freddo dal momento che i mesi di freddo più intenso, nell’emisfero boreale, sono quelli di gennaio e febbraio.
Il solstizio d’inverno è anche il giorno in cui il Sole, nell’emisfero boreale, sorge nel punto più meridionale dell’orizzonte Est, e culmina, a mezzogiorno, alla minima altezza. Comunemente si tratta del giorno in cui il sole è più basso ovvero del giorno in cui il Sole, nel suo moto apparente, raggiunge il punto più basso del percorso sotto l’equatore celeste e delinea l’arco diurno più corto tra il Sud-Est e il Sud-Ovest.
Solstizio è una parola che ha origini latine e deriva dal sostantivo solstitium, composto da sol, sole, e sistere, stare fermo. Il termine, dal punto di vista etimologico, indica quindi un sole che sta fermo o, meglio, un sole che si ferma, una pausa che il sole compie, o meglio sembra compiere, nel suo cammino (apparente: quando parliamo di movimento e cammino del sole assumiamo come vero il punto di vista dell’osservatore, anche se di fatto così non è) nella volta celeste.
Il termine, indica, dunque la giornata in cui il sole smette di calare rispetto alla volta celeste, le giornate (ovvero le ore e i minuti di luce) smettono quindi di accorciarsi; il sole, dal giorno successivo a quello del solstizio inverte il suo cammino, ricomincia ad avvicinarsi alla volta celeste e le giornate ricominciano così al allungarsi.
Proprio per questo, il giorno del solstizio d’inverno i romani celebravano la festività del Sol Invictus, il sole invitto, invincibile, vittorioso sulle tenebre: il Sole, che nei giorni precedenti sembra precipitare nell’oscurità, si mostra, nei giorni successivi, più vitale, come dimostrano le giornate che si fanno via via più lunghe.
La festa del Sol Invictus che nell’impero romano venne collegata al culto di Mitra, è una festa di rinascita che, secondo alcuni, rappresenterebbe l’origine pagana del Natale (tutte le feste cristiane hanno un corrispettivo pagano).
A cavallo del solstizio, nell’antica Roma, si festeggiavano anche i Saturnali (dal 17 al 23 Dicembre), giorni in cui si celebrava, con banchetti e sacrifici Saturno, dio dell’agricoltura. Come in altre festività pagane i Saturnali sono degni di particolare interesse perché incarnano il concetto di carnevalesco elaborato da Michail Bachtin: in queste giornate le classi sociali erano temporaneamente abolite, tutti si vestivano allo stesso modo, anche gli schiavi potevano assaporare la libertà, a tal punto che, indossando una maschera erano nominati princeps (il carnevalesco è, appunto, il ribaltamento dei ruoli) e prendevano il posto dei loro padroni. I banchetti luculliani, documentati da Marziale, erano ravvivati dallo scambio di piccoli regali (candele colorate, abiti, dadi, libri, piccoli animali domestici o una moneta) ed erano alternati da orge.
Come già detto sopra, il solstizio d’inverno è il giorno più corto dell’anno ovvero il giorno con il numero di ore (e di minuti) minore di luce di tutto l’anno. La saggezza popolare vuole, invece, che il giorno più corto dell’anno sia il 13 Dicembre, nel quale si festeggia Santa Lucia, da cui il proverbio:
“Santa Lucia il giorno più corto che ci sia”
Questa differenza dipende dal fatto che nel calendario Giuliano il giorno del solstizio d’inverno cadeva effettivamente il 13 dicembre, poi, con il riordino del calendario voluto da papa Gregorio XIII nel Cinquecento, fu spostato più avanti.
Come già detto sopra il solstizio d’inverno coincide con il giorno più corto dell’anno, la giornata in cui ci sono meno di 9 ore di luce solare e in cui il nostro emisfero riceve la quantità minore di irradiazione (in termini sia di luce che di energia) solare. Nonostante questo il solstizio, a causa dell’ellitticità dell’orbita terrestre intorno al sole, cade in un periodo in cui la terra è più vicina al sole. Il momento in cui la terra è in assoluto più vicina al sole, coincidente con il perielio, il punto in cui la terra è più vicina al sole, lungo l’orbita che percorre, cade nei primi giorni di gennaio.
L’importanza del solstizio d’inverno è riconosciuta anche in culture diverse da quella occidentale: si tratta, in ogni caso, del momento che segna la fine del buio e il graduale ritorno della luce, una ricorrenza da festeggiare soprattutto in passato, quando l’inverno era sinonimo di fame, malattie e più elevata mortalità. I germani e i celti facevano coincidere questo momento con la festa di Yule che è celebrata ancora oggi dai Neopagani: nell’antichità si accendevano fuochi e si banchettava (come nell’Impero Romano) con le carni degli animali macellati per evitare di doverli sfamare nella parte restante dell’inverno. In queste stesse celebrazioni gli alberi sempreverdi si caricano di una speciale simbologia: iniziarono a rappresentare la vita che resiste all’inverno e alle avversità, è per questo che alberi sempreverdi, come gli abeti, sono utilizzati nelle festività natalizie come simbolo di buon auspicio per il tempo a venire.
Pare che nell’antichità i sacrifici animali praticati nel giorno del solstizio d’inverno (quando anche la fermentazione del vino e della birra raggiungeva il suo apice) avvenissero in luoghi sacri come, ad esempio, Stonehenge, probabilmente costruito e allineato su una linea visuale studiata per godere al meglio del tramonto proprio nel giorno del solstizio invernale. Ancora oggi migliaia di persone accorrono in questo luogo per celebrare particolari ricorrenze dell’anno siderale, non solo il solstizio invernale ma anche quello estivo.
Anche nella tradizione cinese il giorno del solstizio d’inverno ha un significato speciale perché è il giorno in cui le energie Yin raggiungono la loro massima profondità e iniziano la loro progressiva trasformazione nel loro opposto, ovvero nelle energie dello Yang. Fino ad alcuni anni fa la giornata era considerata in Oriente una ricorrenza particolarmente importante, nella quale si celebravano anche i morti.
Il 21 dicembre : evento eccezionale. I due giganti gassosi Giove e Saturno si troveranno infatti in congiunzione strettissima, a circa 6′ uno dall’altro (per fare un paragone, circa 1/5 del diametro della Luna Piena). Le congiunzioni tra Giove e Saturno avvengono in realtà ogni 20 anni circa, ma l’ultima volta che si sono trovati ad una distanza angolare così ridotta, correva l’anno 1226!
Galileo Galilei, l'italiano che rivoluzionò la scienza
Nato a Pisa il 15 febbraio 1564 da famiglia di antiche origini ma mezzi modesti, Galileo Galilei era il maggiore dei sette figli di Vincenzo Galilei e Giulia Ammannati, il padre fiorentino della borghesia decaduta, la madre con due porpore cardinalizie nell’albero genealogico.
Vincenzo era un musicista di valore, ma si guadagnava la vita lavorando a bottega dalla famiglia della moglie, fino a quando a Firenze divenne musico di corte. Galileo fu mandato al monastero di Vallombrosa a studiare greco, latino e logica. Lì fu attratto dalla vita monastica e diventò novizio. Vincenzo, contrario a questa svolta mistica che non avrebbe fruttato denari, gli cambiò scuola e, a 17 anni, lo iscrisse al collegio La sapienza di Pisa per garantirgli una carriera nella medicina. Ma anche qui Galileo scelse di testa sua, preferendo la matematica all’anatomia. Amava la dialettica ed era un attaccabrighe, cosa che rese inevitabile lo scontro con la monolitica scienza aristotelica.
RIVOLUZIONARIO. Per quasi due millenni nessuno si era azzardato a discutere il pensiero di Aristotele (IV secolo a. C.) secondo cui il moto dei corpi è determinato dalla loro natura, per cui un oggetto pesante cade per esempio più velocemente di uno leggero, teoria che sembra ovvia osservando una pietra e una piuma. Questo universitario toscano alquanto superbo trovò invece il modo di confutarla. E non fu l’unica scoperta del giovane Galileo: si trovava nel Duomo di Pisa quando rimase ipnotizzato dall’oscillazione di un lampadario. Secondo la leggenda, usando il suo polso come cronometro determinò che il periodo di oscillazione del pendolo non dipende dall’ampiezza.
TESTARDO. Alla fine Galileo chiese al padre il permesso di cambiare corso di studi. “C’è molto lavoro per un medico e poco per un matematico” gli rispose Vincenzo. Così, a 21 anni, Galileo abbandonò l’università senza laurearsi. Tornato a Firenze, si mantenne scrivendo articoli e dando lezioni. Un suo saggio sull’idrostatica richiamò l’attenzione del marchese Guidobaldo del Monte, autore del Mechanicorum liber, considerato allora il miglior trattato di statica.
Ci volle poco perché il granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici lo prendesse sotto la sua protezione.
Nel 1589 gli fu offerto un posto di professore di matematica all’Università di Pisa; ma restava un problema, che lo accompagnerà tutta la vita: l’affannosa ricerca di denaro. Era sul gradino più basso della carriera universitaria, e per sopravvivere dovette prendere a pensione qualche ricco allievo. Intanto a Pisa cresceva la sua leggenda: ancora oggi lo immaginiamo salire le scale della torre pendente per far cadere due palle di cannone di peso diverso e contraddire il totem aristotelico. In realtà l’esperimento lo fece un olandese, ma fu Galileo a teorizzarlo: due corpi qualsiasi che cadono nel vuoto, cioè senza l’attrito dell’aria, toccano terra contemporaneamente.
CAPOFAMIGLIA. Nel 1591 morì il padre, e su Galileo piombò la responsabilità di provvedere a fratelli e sorelle. All’Università di Padova, nella Repubblica veneta, gli offrirono un incarico meglio pagato. Lui intanto affermava nelle lettere al collega Keplero di aderire alla teoria copernicana, ma di non essersi azzardato a pubblicare le sue tesi per timore di subire lo stesso destino del maestro Copernico, oggetto di scherno nella comunità scientifica. Galileo era irruente, ma non stupido. Keplero lo esortò invece ad andare avanti. La cosa più triste – e che dimostra la debolezza dell’uomo – fu che in seguito Galileo ignorò del tutto Keplero e le sue lettere. Albert
Einstein, secoli dopo, dirà quanto lo aveva addolorato sapere che “Galileo non riconobbe il valore di Keplero”.1VAI ALLA GALLERY
SUCCESSO E SOLDI. A Padova trascorse i migliori anni della sua vita, tra i salotti della cultura e il desco della nobiltà locale. Gli mancava solo il modo per diventare ricco. Ci provò con un termometro, ci riuscì inventando un compasso geometrico militare, utilizzato in artiglieria. In questo periodo si innamorò di Marina Gamba, donna di una classe sociale inferiore. Non la sposò, ma ebbe da lei due figlie, che costrinse a farsi suore, e un figlio, Vincenzo, che Galileo riconobbe per portare avanti il nome della casata. Mentre fama e redditi crescevano, la sua salute iniziò però a deteriorarsi già a partire dal 1603.
Succede oggi come allora: persino il padre della scienza moderna doveva pietire denari ai potenti per portare avanti le sue ricerche.
Nel luglio del 1609 Galileo sentì parlare a Venezia di un’invenzione olandese che serviva per osservare gli oggetti da lontano. In un giorno appena ne costruì un prototipo che mostrò all’entusiasta Senato veneziano. I notabili della Serenissima gli offrirono un posto a vita a Padova, remunerato con mille fiorini all’anno. Lì fabbricò varie lenti e diversi “cannoni occhiali”, come si chiamavano allora, che utilizzò per osservare il cielo scoprendo, tra il 1609 e il 1610, i quattro maggiori satelliti di Giove, la natura rocciosa e irregolare del suolo lunare, le fasi di Venere e le macchie solari.
Il telescopio che accrebbe la fama dello scienziato e i vari sistemi cosmologici a confronto: da Tolomeo fino a Copernico.
INVIDIE E GELOSIE. Il libro dove descrisse le sue osservazioni, il Sidereus nuncius (Messaggero celeste), divenne un best-seller la cui fama arrivò persino in Cina. Ma non era ancora il numero uno dell’astronomia. Keplero era considerato il miglior astronomo del mondo e la critica entusiastica che il tedesco fece del Sidereus contribuì all’affermazione del telescopio in seno alla comunità scientifica internazionale. Ma Galileo mal digeriva un collega così stimato, e quando Keplero lo pregò di inviargli una lente di buona qualità, Galileo lo ignorò. Anche perché affari più urgenti richiamavano la sua attenzione: entrare alla corte dei Medici era uno di questi. Tanto brigò che riuscì, nel 1610, a diventare professore a Pisa e filosofo e matematico del granduca. Per ingraziarsi la committenza, Galileo dedicò ai Medici i satelliti di Giove. Negli anni seguenti si impegnò a perfezionare e ad applicare il suo sistema di investigazione sperimentale a differenti campi di ricerca. Era nato il metodo scientifico. Ma la fama lo indusse a un errore: iniziò a difendere il sistema copernicano; e gli invidiosi insorsero. O VAI ALLA GALLERY
L’INQUISIZIONE. Nel 1615 il frate domenicano Tommaso Caccini andò a Roma per denunciare al Santo Uffizio la pericolosità delle teorie di Galileo. Fra le prove, la copia di una lettera dello stesso scienziato con due frasi giudicate incriminanti in quanto contraddicevano le Sacre scritture: «La Terra non è il centro del mondo, né immobile, ma da sé si muove» e «il Sole è [...] del tutto immobile». La denuncia venne raccolta dal potente cardinal Bellarmino, che convinse papa Paolo V a costituire un tribunale per stabilire quanto fosse eretica la difesa delle tesi di Copernico portata avanti dallo scienziato pisano.
SOTTO PROCESSO. Tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo 1616, dunque esattamente 400 anni fa, iniziò il primo processo a Galileo, che arrivò a Roma sentendosi forte dell’appoggio – timoroso in verità – del granduca Cosimo II de’ Medici, ma dovette ben presto scendere a più miti consigli. Il pericolo era scampato, ma una misteriosa manina introdusse nel verbale del processo un atto dove si obbligava lo scienziato a non insegnare le teorie di Copernico. Carta di cui non si seppe nulla fino al 1633, quando si aprì il secondo processo a Galileo in seguito alla pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Lo scienziato aveva inviato il suo manoscritto a Roma alla fine del 1629 per ottenere il permesso alla pubblicazione. L’inquisitore lo concesse, previa una revisione del libro, che Galileo fece solo in parte. Fu allora che i suoi nemici tirarono fuori gli atti falsificati della prima serie di udienze, e lo scienziato fu accusato di eresia e condannato. AI ALLA GALLERY
LA RIABILITAZIONE. O QUASI... Nel 1992 papa Giovanni Paolo II ha riabilitato solennemente Galileo, e il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede – l’allora cardinale Ratzinger, oggi papa emerito Benedetto XVI – ha riesaminato attentamente in un suo scritto le condizioni che portarono alla condanna di Galileo, ammettendo l’errore dell’Inquisizione. Certo, lo ha fatto forse in maniera “relativistica”, come si può dedurre dalla citazione nel suo testo del filosofo “anarchico” Paul Feyerabend: “La Chiesa dell’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione”.
La Chiesa e gli storici cattolici hanno sempre sostenuto che Galileo non aveva prove a suo favore e che il Vaticano agì con lui in buona fede e rigore intellettuale. Da una serie di documenti presenti negli archivi vaticani si evince come a salvare dal rogo lo scienziato fu proprio il cardinal Bellarmino, il primo accusatore (ma anche caro amico di Galileo), che scrisse di suo pugno “Galilei non è eretico”, aggiungendo però che le sue tesi andavano in quella direzione. Eppure, che si tratti di revisionismo tardivo oppure no, i fatti accertati restano due.
L’ABIURA E LA RECLUSIONE. Quando si aprì il secondo processo Galileo era ormai anziano, la sua salute malferma. Il Dialogo aveva avuto un enorme successo, persino il papa in carica, Urbano VIII, si professava suo estimatore. Ma allora perché il Santo Uffizio si rimise all’opera nel settembre del 1632? Le ragioni furono tante: Galileo era troppo famoso, l’umiltà gli faceva difetto. E poi quelle tesi rivoluzionarie... Lo stesso papa, come raccontò l’ambasciatore fiorentino Francesco Niccolini, cambiò idea sullo scienziato: «Proroppe Sua Santità in molta collera e all’improvviso mi disse ch’anche il nostro Galilei avava ardito d’entrar dove non doveva, e in materie le più gravi e le più pericolose che a questi tempi si potesser suscitare».
Galileo con Vincenzo Viviani, suo discepolo e assistente dal 1639.
ARRESTI DOMICILIARI. A metà febbraio del 1633 Galileo arrivò a Roma, e fu subito messo agli arresti domiciliari. Solo il 12 aprile l’inquisitore lo interrogò (in latino) e lui poté rispondere (in italiano). Gli interrogatori si susseguirono per settimane fino al 21 giugno, giorno dell’ultima udienza: minacciandolo di tortura, gli chiesero se sostenesse ancora la teoria eliocentrica: «Tenni, sì come tengo ancora, per verissima e indubitata l’opinione di Tolomeo, cioè la stabilità della Terra e la mobilità del Sole” fu l’arrendevole risposta.
Il giorno dopo gli inquisitori lessero a Galileo, genuflesso, la sentenza: «Ti sei reso a questo Santo Offizio veementemente sospetto d’eresia, d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine scritture, ch’il Sole sia centro della Terra e che non si muova [...] e che la Terra si muova e non sia centro del mondo. [...] Ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi e ti condaniamo al carcere».
Per salvare la vita, lo scienziato abiurò: «Io Galileo inginocchiato avanti di voi [...] con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie [...] questo dì 22 giugno 1633».
Condannato alla reclusione a vita, commutata negli arresti domiciliari, non pronunciò mai la frase «E pur si muove» subito dopo l’abiura, ma continuò a scrivere e studiare e morì nel 1642 nella sua casa-prigione di Arcetri. Il corpo giace nella chiesa di Santa Croce a Firenze, lì dove il papa non voleva che venisse sepolto.
Lidia Di Simone - Tratto da Focus Storia Biografie
14 febbraio 2020
Sono comunemente definiti satelliti medicei (o galileiani) i quattro satelliti maggiori di Giove, scoperti da Galileo Galilei e Simon Marius e chiaramente visibili dalla Terra anche tramite piccoli telescopi. Si tratta di Io, Europa, Ganimede e Callisto; Ganimede, in particolare, è così luminoso che se non si trovasse vicino a Giove sarebbe visibile anche ad occhio nudo, di notte, nel cielo terrestre. La prima osservazione di questi satelliti da parte di Galileo risale al 7 gennaio 1610.
Dopo numerosi giorni di osservazioni, Galileo concluse che i quattro corpi erano in orbita attorno al pianeta; la scoperta fu un solido argomento a favore della teoria eliocentrica di Niccolò Copernico, perché mostrava che non tutti gli oggetti del sistema solare orbitavano attorno al pianeta Terra.
L'attività vulcanica è con tutta probabilità resa possibile dalle intense forze di marea sprigionate dall'interazione tra Io, Giove ed i satelliti Europa e Ganimede. Essi sono interessati da un fenomeno di rotazione sincrona per cui Io compie due orbite per ogni orbita di Europa, la quale a sua volta compie due orbite per ogni orbita di Ganimede. Le oscillazioni nel moto di Io dovute all'attrazione degli altri satelliti medicei causano allungamenti e contrazioni che variano il suo diametro anche di 100 m, generando calore a causa della frizione interna.
Dotata di una superficie ghiacciata particolarmente liscia e priva di crateri da impatto, Europa ospita probabilmente un oceano d'acqua allo stato liquido al di sotto dei suoi ghiacci. I numerosi sorvoli effettuati dalla sonda spaziale Galileo hanno permesso di ipotizzare la presenza di una immensa crosta ghiacciata simile al pack dei mari polari della Terra. Sulla superficie la temperatura si aggira intorno ai 120 K, ma le temperature interne potrebbero essere più alte a causa di forze mareali analoghe a quelle che agiscono su Io.
Ganimede è il più grande satellite naturale di Giove e del sistema solare in assoluto; supera Mercurio per dimensioni e Plutone per dimensioni e massa. Durante la sua formazione ha completato il processo di differenziazione interna. Presenta un campo magnetico proprio scoperto grazie ai dati raccolti durante la missione Galileo ed una tenue atmosfera di ossigeno. Si ritiene probabile che al di sotto della superficie sia presente un oceano o comunque uno strato di acqua liquida.
Callisto è il satellite naturale più fortemente craterizzato del sistema solare. I crateri da impatto ed i loro anelli concentrici sono in effetti le sole formazioni geologiche presenti sulla sua superficie, priva di grandi montagne o altre strutture prominenti. Probabilmente crateri e montagne di grandi dimensioni sono stati cancellati dallo scorrimento dei ghiacci durante tempi geologici.
Quale appassionato di astronomia non si è mai chiesto come sarebbe attraversare l’orizzonte degli eventi di un buco nero? Proviamo a dare qualche risposta, sebbene sia ovvio che il nostro viaggio sarebbe terminato ben prima di avvicinarci al limite di non ritorno. Che poi, siamo certi di questo? Ricordiamo la geniale invenzione del Professore di The Black Hole, accattivante pellicola degli anni ‘70, e non disperiamo che un giorno ciò possa accadere in sicurezza.
Allora, ci troviamo proprio sulla soglia di un buco nero. Ci guardiamo intorno per raccogliere le ultime sensazioni dal mondo che conosciamo e portarle con noi. Potremmo notare però un fatto strano: guardando dritto davanti a noi, ci troveremmo faccia a faccia con la nostra immagine riflessa. Ciò è dovuto alla estrema curvatura dello spazio, la quale devia la luce su un percorso quasi circolare attorno al buco nero, ripresentandoci una nostra vecchia immagine (effetto dei cosiddetti anelli di Einstein). A seconda del percorso fatto, questa immagine “allo specchio” proverrà da un passato più o meno remoto – da secondi, ore, o addirittura anni!
Superata la sorpresa, ci giriamo verso il pilota dell’astronave che ci ha portato fino a qui, per un ultimo saluto, e superiamo la soglia. Subito inizieremo la nostra vertiginosa caduta verso il centro, un viaggio alla velocità della luce, verso l’attrattore irresistibile. Il pilota dell’astronave, a distanza di sicurezza, tuttavia rimane lì, continua a salutare, aspettando di vederci scomparire. Questo perché all’osservatore il nostro tempo appare rallentato a causa della nostra accelerazione, fino a sembrare di arrestarsi, mentre noi che ci muoviamo non avvertiremo nulla di strano nel fluire del tempo (abbiamo accennato a questo concetto nel Capitolo 3). Noi, comunque, non possiamo curarci del pilota. Abbiamo ben altri pensieri
Eccoci dentro. Percorriamo il raggio di Schwarzschild, che dalla superficie ci porta in caduta libera verso il centro, e la nostra trasformazione fisica ha inizio. Poiché la gravità è così forte, gli effetti sui nostri piedi, più vicini al centro, saranno più forti di quelli sulla testa. Il rischio più grave è quello di essere smembrati dall’eccessivo esercizio di stretching.
Ma potremmo anche rimanere intatti, continuando a viaggiare sotto forma di spaghetti (qualcuno usa proprio il termine “spaghettificazione”). Paradossalmente, converrebbe esplorare un buco nero molto massiccio rispetto a uno più modesto, in quanto nei primi la differenza tra l’attrazione gravitazionale avvertita su punti diversi del nostro corpo è minore, e potremmo quindi sperare di mantenere le sembianze umane…per un po’ ancora.
In qualsiasi forma, sicuramente non più la nostra, arriveremo senza dubbio al centro. E una volta giunti alla singolarità, entreremo a farne parte. Diventeremo anche noi singolarità, contribuendo ad accrescere la sua massa, e quindi il suo potere. Qui nella singolarità, dove la densità è infinita (massa enorme racchiusa in un punto di raggio uguale a zero), non valgono le leggi della fisica che gli scienziati conoscono, e che chiunque sulla Terra sperimenta. La singolarità esercita una curvatura così pronunciata sul tessuto spazio-tempo da mescolare le due dimensioni, cosicché il tempo smette di scorrere, mentre a muoversi in un’unica direzione è lo spazio, inesorabilmente verso la singolarità. È come se il tempo acquisisse le caratteristiche dello spazio, e lo spazio quelle del tempo. Come ciò possa venire percepito da un osservatore…diciamo che lo lasciamo alla fantasia.
Non si può! O forse sì? Abbiamo ribadito mille volte che nulla può sfuggire alla gravità del buco, che è appunto nero. Forse non è proprio così. Il genio e Premio Nobel Stephen Hawking fu il primo a ipotizzare che, in realtà, i buchi neri potrebbero evaporare, cioè dissolversi, rilasciando in qualche forma quanto ingoiato. Le teorie di Hawking partono dal presupposto che le informazioni rubate all’Universo non possano scomparire, ma debbano in qualche modo rimanere accessibili, in quanto nulla nel cosmo si crea, né si distrugge. Comunque sia, se noi fossimo parte di queste informazioni potremmo prima o poi tornare all’Universo.
Un altro modo per lasciare le grinfie del buco nero potrebbe essere l’attraversamento di un tunnel, che le leggi fisiche permettono all’interno dei buchi neri. Questi cunicoli, chiamati wormholes, non esclusi dalla relatività, potrebbero consentire alla materia di sbucare all’esterno, passando da un cosiddetto “buco bianco”. A causa della curvatura impressa sullo spazio dal buco nero, il wormhole potrebbe congiungere due regioni molto distanti tra loro, rendendo quindi possibili i viaggi interstellari e intergalattici con tempistiche accettabili, altrimenti impossibili per i limiti di velocità della luce. E poiché a deformarsi non è solo lo spazio, ma lo spazio-tempo, i wormhole potrebbero addirittura consentire i viaggi temporali.
Come per ogni viaggio, prima di partire abbiamo prima consultato il catalogo delle destinazioni disponibili, per scegliere la meta da visitare. Come detto nel Capitolo precedente, infatti, i buchi neri non sono tutti uguali. Finora abbiamo parlato soprattutto dei buchi neri stellari, quelli che si formano quando una stella molto massiccia collassa su sé stessa. Questi oggetti possono essere costituiti anche da poche masse solari. Ma i buchi neri si nutrono, fagocitando materia o fondendosi con altri buchi neri. Se mangiano a sufficienza, anche quelli modesti possono raggiungere fino a milioni o addirittura miliardi di masse solari! Si parla allora di “buchi neri supermassicci”.
Secondo i modelli ipotizzati dai fisici, i buchi neri possono formarsi anche in altri modi. Ad esempio, buchi neri supermassicci potrebbero generarsi a seguito del collasso di enormi nubi di gas, o di un ammasso stellare. Si ipotizza anche che buchi neri possano essersi formati nei primi istanti di vita dell’Universo, a causa di drastiche fluttuazioni nella densità del cosmo neonato, ancora dominato dalla radiazione, che avrebbe portato a imponenti collassi gravitazionali, generando i “buchi neri primordiali”. Per ricordarci di quei caotici momenti, possiamo rileggere i primi Capitoli di questa storia (Capitolo 5, Capitolo 6).
Non tutti sanno, poi, che la teoria non esclude anche l’esistenza di buchi neri minuscoli, con raggi anche di pochi millimetri. Questi piccoli giganti invisibili avrebbero potuto formarsi nell’Universo primordiale, quando la materia era molto più densa di oggi. Probabilmente molti sono già scomparsi, evaporati appunto, ma chissà, potrebbero anche aggirarsi nel sistema solare, senza creare particolari danni.
È proprio vero che c’è del buono in tutto e tutti. Anche i personaggi apparentemente più violenti ed egoisti in realtà possono essere utili al prossimo. Come tra gli esseri umani, così anche tra gli oggetti celesti. E così, si ritiene che questi insaziabili cannibali siano addirittura parte del motore vitale che consente l’esistenza e l’evoluzione del cosmo, in particolare quelli più grandi situati al centro delle galassie. Quando una stella si avvicina molto all’orizzonte degli eventi senza però attraversarlo, non viene inghiottita in un sol boccone, ma sarà “spaghettificata”, deformata dai fortissimi effetti mareali. Ciò può generare un “evento di distruzione mareale” chiamato anche “supernova accidentale”, una fiammata (burst) che disintegra la stella producendo una nube di materia che in parte viene scagliata nello spazio circostante a velocità elevatissime. Le potenti onde d’urto che si producono favoriscono la formazione di nuovi agglomerati di gas e polvere, un processo che, come sappiamo, può dare origine a nuove stelle e nuovi pianeti, e magari a forme di vita.
Insomma, mai fermarsi alle prime impressioni, mai giudicare qualcuno prima di conoscerlo veramente. I buchi neri sono un potere distruttivo, che però può anche donare nuova linfa al cosmo. Sono oggetti che mettono a dura prova la nostra capacità di immaginare la realtà che li regola, ma non è detto che ciò che accade al loro interno sia negativo…è semplicemente diverso. E forse, chissà, potrebbero anche celare passaggi segreti che un giorno consentiranno a viaggiatori provenienti da angoli remoti dell’Universo di incontrarsi, finalmente.
Biografie astronauti
Paolo Angelo Nespoli nasce il 6 aprile del 1957 a Milano. Cresciuto a Verano Brianza, frequenta il liceo scientifico "Paolo Frisi" di Desio, dove si diploma nel 1977. A partire da quell'anno frequenta la Scuola Militare di Paracadutismo di Pisa: vi rimane fino al 1980, ottenendo la qualifica di sottufficiale istruttore di paracadutismo. Quell'anno entra a far parte delle Forze speciali italiane in qualità di incursore paracadutista presso il 9° Reggimento Col Moschin. Nel 1982 viene spedito, con la Forza Multinazionale di Pace, in Libano, e vi rimane fino al 1984.
Gli studi e lo spazio
L'anno successivo torna a studiare all'università: nel 1988 consegue un Bachelor of Science in Aerospace Engineering (Ingegneria Aerospaziale) presso la Polytechnic University di New York, negli Stati Uniti, mentre l'anno successivo ottiene un Master of Science in Aeronautics and Astronautics, sempre dalla stessa università. Ottenuta una laurea in Ingegneria Meccanica dall'Università degli Studi di Firenze nel 1990, l'anno successivo viene assunto a Colonia, in Germania, dal Centro Astronauti dell'Agenzia Spaziale Europea, venendo impiegato in qualità di ingegnere addetto all'addestramento degli astronauti.
Con questo ruolo, contribuisce a preparare gli astronauti europei, gestendo e organizzando le loro attività di apprendimento.
Divenuto responsabile della preparazione dell'Astronaut Training Database, un programma informatico dedicato all'addestramento degli astronauti, viene distaccato nel 1995 a Noordwijk, in Olanda, presso il centro Estec dell'Agenzia Spaziale Europea, nell'ambito del progetto Euromir che lo vede a capo del nucleo che gestisce e prepara i computer impiegati dalla stazione spaziale russa Mir a supporto dell'equipaggio e per il controllo degli esperimenti.
L'anno successivo Paolo Nespoli si trasferisce negli Stati Uniti, a Houston, presso il Johnson Space Center della Nasa: qui entra a far parte della Spaceflight Training Division, cioè l'ufficio per l'addestramento e l'integrazione degli astronauti, impegnato a supportare il personale di volo e di terra della Stazione Spaziale Internazionale.
Nell'estate del 1998 viene scelto come astronauta dall'Agenzia Spaziale Italiana, e poco dopo è integrato nell'Eac, il Corpo Astronauti Europeo dell'Esa. Nello stesso periodo viene inserito nella XVII classe di astronauti della Nasa.
Ottenuta la qualifica di Specialista di Missione della navetta Space Shuttle (in pratica, ingegnere di bordo), nel 2000 diventa anche Operatore della Stazione Spaziale Internazionale, mentre l'anno successivo assume il ruolo di operatore del braccio meccanico dello Space Shuttle.
Dopo avere completato il corso avanzato per attività extraveicolari, nell'estate del 2004 viene assegnato momentaneamente al Centro Addestramento Spaziale Gagarin che si trova nella Città delle Stelle, in Russia: qui segue le prime fasi dell'addestramento necessario a diventare ingegnere di bordo della Soyuz, la navicella spaziale russa.
Quindi, Paolo Nespoli fa ritorno a Houston per partecipare a corsi di formazione avanzati, lavorando nel frattempo per gli uffici astronauti dell'Agenzia Spaziale Italiana, dell'Esa e della Nasa.
Nel giugno del 2006 entra a far parte dell'equipaggio impegnato nella missione Space Shuttle STS-120, che ha lo scopo di costruire la Stazione Spaziale Internazionale ISS: la missione, denominata Esperia, si svolge tra il 23 ottobre e il 7 novembre dell'anno successivo (poco più tardi, il 19 novembre del 2007, Nespoli verrà nominato Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana su iniziativa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano).
Esattamente un anno più tardi, nel novembre del 2008, l'ingegnere brianzolo viene assegnato a MagiSStra, missione di lunga durata che comporterà un addestramento lungo più di due anni tra gli Stati Uniti e la Russia.
Paolo trascorre oltre cinque mesi sulla ISS occupandosi di esperimenti scientifici e tecnici: partito il 15 dicembre del 2010 dal cosmodromo di Baikonour con la navetta Soyuz, torna sulla Terra solo il 24 maggio del 2011, atterrando nelle steppe del Kazakhstan, dopo un viaggio di quasi metà anno in compagnia di Dmitry Kondratyev e di Catherine Coleman.
Nel corso della missione, per altro, deve affrontare il lutto per la morte della madre, Maria, deceduta il 2 maggio all'età di 78 anni: due giorni dopo, in occasione dei funerali, sulla ISS viene osservato un minuto di silenzio mentre la navicella transita sopra l'Italia.
Conclusa la missione, Nespoli diventa un personaggio molto celebre: la popolarità lo porta a pubblicare un libro con Mondadori, intitolato "Dall'alto i problemi sembrano più piccoli", e addirittura a diventare protagonista di una storia su Topolino, intitolata "Topolino, Paolo Nexp e l'orbita del domani".
Nel luglio del 2015 Nespoli viene assegnato a un'altra missione dello spazio: farà parte della Spedizione 52/53 sulla Stazione Spaziale Internazionale a bordo della Soyuz. La nave parte alla fine di luglio del 2017. Nespoli ha 60 anni e rimarrà in orbita per circa sei mesi.
60 anni fa, Yuri Gagarin fu il primo uomo nello spazio
Sessanta anni fa, il 12 aprile 1961 Yuri Gagarin ha aperto la via alle missioni umane di esplorazione dello spazio. A nemmeno quattro anni dal lancio dello Sputnik che aveva inaugurato l’era spaziale, era l’uomo a superare i confini dell’atmosfera. Un primato conquistato nel pieno della corsa allo spazio che vedeva Stati Uniti e Urss acerrimi rivali.
Jurij Alekseevič Gagarin (in russo: Юрий Алексеевич Гагарин?; Klušino, 9 marzo 1934 – Kiržač, 27 marzo 1968) è stato un cosmonauta, aviatore e politico sovietico, primo uomo a volare nello Spazio, portando a termine con successo la propria missione il 12 aprile 1961 a bordo della Vostok 1.
In seguito a questo storico volo, che segnò una pietra miliare nella corsa allo spazio, Gagarin divenne una celebrità internazionale e ricevette numerosi riconoscimenti e medaglie, tra cui quella di Eroe dell'Unione Sovietica, la più alta onorificenza del suo paese. La missione sulla Vostok 1 fu il suo unico volo spaziale, anche se in seguito venne nominato come cosmonauta di riserva nella missione Sojuz 1, conclusasi in tragedia al momento del rientro con la morte del suo amico Vladimir Komarov. Successivamente Gagarin servì come vice direttore del centro per l'addestramento cosmonauti, che in seguito prese il suo nome.
Nel 1962 venne eletto membro del Soviet dell'Unione e poi nel Soviet delle Nazionalità, rispettivamente la camera bassa e la camera alta del Soviet Supremo dell'Unione Sovietica. Gagarin morì nel 1968 a seguito dello schianto, avvenuto nei pressi della città di Kirzhach, del MiG-15 su cui si trovava a bordo con l'istruttore di volo Vladimir Seryogin in occasione di un volo di addestramento.
Samantha Cristoforetti nasce a Milano il 26 aprile 1977. E' la più famosa astronauta italiana. Ha infranto record sin dal momento in cui è stata la prima donna ad approdare dell'Agenzia Spaziale Europea. Durante la sua brillante carriera ha conquistato traguardi e collezionato riconoscimenti.
Samantha Cristoforetti: la formazione di una scienziata avventurosa
La famiglia è originaria di un piccolo paesino in provincia di Trento, Malè, dove Samantha trascorre la propria giovinezza. Nel 1994 ha l'occasione di aderire al programma Intercultura, che le consente di frequentare un anno scolastico presso un liceo statunitense nel Minnesota. Dopo essere tornata in Italia per concludere gli studi superiori, si iscrive all'università di Monaco di Baviera, dove consegue una laurea in ingegneria meccanica.
La carriera aeronautica
A partire dal 2001 ha inizio la sua avventura come pilota dell'Accademia Aeronautica: la carriera la porta fino al grado di capitano. Oltre a terminare l'accademia nel 2005, consegue parallelamente una laurea in scienze aeronautiche presso l'Università Federico II di Napoli. Nel corso degli studi la dedizione e la passione di Samantha emergono in maniera chiara: tanto che la giovane riesce a conseguire il premio Sciabola d'onore, assegnato all'allievo che viene riconosciuto migliore della classe per tre anni consecutivi.
Nel biennio successivo sceglie di specializzarsi negli Stati Uniti d'America, grazie alla partecipazione al programma NATO Joint Jet Pilot training; nell'ambito di questo programma ha la possibilità di diventare pilota di guerra presso la Sheppard Air Force, alla base di Wichita Falls, in Texas. Al ritorno in patria viene assegnata al cinquantunesimo Stormo della base di Istrana, in provincia di Treviso.
Nel corso della sua carriera nell'aeronautica militare Samantha Cristoforetti presta servizio anche in altri comparti, compreso quello del gruppo cacciabombardieri. In questo periodo viene abilitata a pilotare svariate tipologie di aeromobili e colleziona molti successi, fino al dicembre del 2019; in questo anno si conclude la sua carriera di pilota militare. Samantha prende così congedo dall'aeronautica italiana.
Samantha Cristoforetti: i successi come astronauta e divulgatrice
La svolta per la carriera di Samantha arriva nel momento in cui l'Agenzia Spaziale Europea nel maggio 2009 la sceglie come prima donna italiana e terza a livello europeo al termine di una selezione per aspiranti astronauti che vede la partecipazione di oltre 8.500 professionisti. Samantha arriva a classificarsi tra i sei migliori: anche grazie a tale risultato, viene coinvolta subito in una missione della durata di sette mesi.
L'obiettivo della missione è quello di raggiungere la stazione spaziale internazionale a bordo di un Sojuz (veicolo spaziale russo): Samantha Cristoforetti è la settima astronauta italiana nonché la prima donna a essere selezionata per una simile missione, che prevede esperimenti importanti sulla fisiologia umana. L'astronauta italiana si occupa di testare personalmente alcuni dei dispositivi più innovativi del programma Drain Brain, che consentono di fare grandissimi passi avanti nell'ambito della telemedicina.
Il vero punto focale della sua carriera arriva quando viene selezionata per la missione Futura, fortemente voluta dall'Agenzia Spaziale Italiana, e per la quale Samantha segue un intenso programma di allenamento di due anni. Dopo ben 199 giorni e qualche ora trascorsa sulla stazione spaziale internazionale, l'11 giugno 2015 Samantha fa il suo ritorno sulla Terra, precisamente in Kazakistan.
Qualche mese dopo viene nominata ambasciatrice Unicef. Inoltre, al termine della missione Futura, Samantha si dedica in modo attivo alla sua passione per la divulgazione, utilizzando anche canali contemporanei, quali i social network: molto seguito è il suo account Twitter.
Nel febbraio 2021 viene annunciata la partecipazione di Samantha Cristoforetti a un'altra missione spaziale, prevista per il 2022.
Vita privata e curiosità
L'astronauta italiana gode di un prestigio internazionale tale che non stupisce affatto che la sua figura abbia prodotto un notevole impatto anche sulla cultura pop. Ne è un esempio la decisione di Mattel, azienda produttrice della Barbie, di dedicarle un modello della bambola, nell'ottica di ispirare le bambine a seguire modelli positivi.
Come accade spesso per le personalità scientifiche di valore, le è stato dedicato anche un asteroide, ovvero 15006 Samcristoforetti, nonché un nuovo tipo ibrido di orchidea spontanea, scoperto nel 2016 in Salento.
Samantha Cristoforetti ha una figlia, Kelsi Amel Ferra, avuta dal compagno francese Lionel Ferra, anch'egli ingegnere. Alla piccola, nata nel 2016, Samantha ha scelto di dedicare il proprio libro, Diario di un'apprendista astronauta.