l'artista del mese
l'artista del mese
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Giulio Paolini (Genova, 5 novembre 1940) è un artista, pittore e scultore italiano, la cui produzione si inscrive in un ambito di ricerca di matrice concettuale. Vive e lavora a Torino.
Dopo l'infanzia trascorsa a Bergamo, nel 1952 si trasferisce con la famiglia a Torino. Frequenta l'Istituto Tecnico Industriale Statale per le Arti Grafiche e Fotografiche, diplomandosi nel 1959 nella sezione di Grafica. Fin da giovane si interessa all'arte, prima frequentando musei e gallerie e consultando periodici d'arte, poi, verso la fine degli anni cinquanta, sperimentando le prime prove pittoriche. La scoperta della grafica di impronta moderna durante gli studi e la presenza in casa di riviste d'architettura – il fratello maggiore, Cesare (Genova, 1937-Torino, 1983), è architetto, autore della celebre opera di radical design Sacco – contribuiscono a orientarlo ad una linea di ricerca tesa verso l'azzeramento dell'immagine. Nel 1960 realizza la sua opera d'esordio, Disegno geometrico, costituita dalla squadratura a inchiostro della superficie di una tela dipinta a tempera bianca. Questo gesto preliminare di qualsiasi rappresentazione rimarrà il punto di “eterno ritorno” dell'universo di pensiero paoliniano: momento topico e istante originario che rivela l'artista a sé stesso, rappresenta il fondamento concettuale di tutto il suo lavoro futuro.
Nei primi anni sessanta Paolini sviluppa la propria ricerca focalizzando l'attenzione sui componenti stessi del quadro, sugli strumenti del pittore e sullo spazio della rappresentazione. Nella sua prima mostra personale, nel 1964 a Roma alla Galleria La Salita diretta da Gian Tommaso Liverani, presenta una serie di pannelli di legno grezzo appoggiati alla parete, che suggeriscono l'idea di una mostra in allestimento. L'esposizione è visitata da Carla Lonzi e Marisa Volpi, che di lì a poco scriveranno i primi testi critici sul giovane artista. Nel 1965 Paolini introduce la fotografia, che gli consente di estendere la propria indagine alla relazione tra autore e opera (Delfo, 1965; 1421965, 1965). Nello stesso anno, grazie a Carla Lonzi, conosce Luciano Pistoi, titolare della Galleria Notizie a Torino, che lo avvicina a una nuova cerchia di amici e collezionisti e diventa il suo principale mercante fino all'inizio degli anni settanta.
Tra il 1967 e il 1972 il critico Germano Celant lo invita a partecipare alle mostre sull'Arte Povera, che sanciscono l'associazione del suo nome a questa tendenza. Di fatto, la posizione di Paolini si distingue nettamente dal clima vitalistico e dalla “fenomenologia esistenziale” che distingue le proposizioni degli artisti appoggiati da Celant. Paolini dichiara ripetutamente la sua intima appartenenza alla storia dell’arte e si identifica in modo programmatico con l'io collettivo degli artisti che lo hanno preceduto. A questo intento, estraneo al panorama militante della fine degli anni sessanta, vanno ricondotte alcune tra le sue opere più note: Giovane che guarda Lorenzo Lotto (1967), gli “autoritratti” da Poussin e da Rousseau (1968) e i quadri in cui riproduce particolari di dipinti antichi (L'ultimo quadro di Diego Velázquez, 1968; Lo studio, 1968). Tra i principali riferimenti paoliniani di questi anni figurano Jorge Luis Borges, cui rende più volte omaggio, e Giorgio De Chirico, dal quale prende in prestito la frase costitutiva del lavoro Et.quid.amabo.nisi.quod.ænigma est (1969).
Gli anni settanta coincidono con i primi riconoscimenti ufficiali: dalle mostre all'estero che lo inscrivono nel circuito delle gallerie d'avanguardia internazionali, alle prime esposizioni nei musei. Nel 1970 partecipa alla Biennale di Venezia con l'opera Elegia (1969), in cui utilizza per la prima volta un calco in gesso di un soggetto antico: si tratta di un calco dell'occhio del David di Michelangelo con un frammento di specchio applicato sulla pupilla. Tra le tematiche di rilievo in questo decennio figura lo sguardo retrospettivo sul proprio lavoro: dalla citazione letterale di dipinti illustri giunge all'autocitazione, proponendo una storicizzazione in prospettiva delle sue opere. Lavori come La visione è simmetrica? (1972) o Teoria delle apparenze (1972) alludono all'idea del quadro come contenitore potenziale di tutte le opere passate e future. Nella stessa linea d'intenti si colloca anche il motivo della prospettiva (La Doublure, 1972-73): la visione prospettica disegna uno spazio illusorio, che crea una distanza fondamentale rispetto all'opera. Altro tema indagato con particolare interesse in questo periodo è quello del doppio e della copia, che trova espressione soprattutto nel gruppo di lavori intitolati Mimesi (1975-76), costituiti da due calchi in gesso di una statua antica collocati uno di fronte all'altro, a porre in questione il concetto stesso di riproduzione e rappresentazione.
Gli anni ottanta costituiscono il periodo più denso di mostre e retrospettive, accompagnate da importanti pubblicazioni monografiche. Nella prima metà del decennio inizia ad affermarsi una dimensione esplicitamente teatrale, segnata da lavori e allestimenti articolati nello spazio e contraddistinti da frammentazione e dispersione (La caduta di Icaro, 1982; Melanconia ermetica, 1983), nonché dall'introduzione di figure teatrali, quali i valets de chambre settecenteschi e altre controfigure dell'autore, indumenti e oggetti (Place des Martyrs, 1983; Trionfo della rappresentazione, 1984; Les instruments de la passion, 1986). La poetica paoliniana si arricchisce notevolmente di attributi letterari e riferimenti mitologici; il repertorio iconografico si estende fino a includere immagini cosmiche. Negli ultimi anni ottanta la riflessione paoliniana verte principalmente sull'atto stesso dell'esporre. A partire dalla personale al Musée des Beaux-Arts di Nantes nel 1987 il concetto di esposizione si configura progressivamente come “opera delle opere”: gli allestimenti privilegiano una visione associativa e dialogica dei lavori esposti.
Nel corso degli anni novanta l'approfondimento dell'idea di esposizione si declina in altre e nuove modalità: gli allestimenti, sempre più complessi, osservano spesso una tipologia additiva (serialità, giustapposizione), oppure centrifuga (dispersione o disseminazione a partire da un nucleo centrale) o centripeta (concentrazione e sovrapposizione implosiva). Il luogo dell'esposizione diventa il palcoscenico per eccellenza del “teatro dell'opera”, ossia dell'opera nel suo farsi e disfarsi: il luogo che definisce l'eventualità stessa del suo accadere (Esposizione universale, 1992; Teatro dell'opera, 1993; Essere o non essere, 1995). Il compimento dell'opera è peraltro costantemente differito, lasciando lo spettatore in un'attesa perenne: la stessa che l'artista sperimenta sempre da capo al suo tavolo di lavoro, nell'attesa che l'opera si manifesti.
Negli anni duemila acquista particolare rilievo – tanto nelle opere quanto negli scritti – un altro tema particolarmente caro a Paolini: l'identità dell'autore, la sua condizione di spettatore, il suo mancato contatto con l'opera, che sempre lo precede e lo supera.
La poetica e la pratica artistica di Paolini si connotano, nel suo complesso, come una meditazione autoriflessiva sulla dimensione dell'arte, sulla sua “classicità” senza tempo e sulla sua prospettiva senza punto di fuga. Attraverso la fotografia, il collage, il calco in gesso e il disegno l'intento è sempre di nuovo quello di indagare, con grande rigore concettuale, la natura tautologica e nello stesso tempo “metafisica” della pratica artistica.
A partire dalla prima personale nel 1964 a Roma, Paolini ha esposto in gallerie e musei di tutto il mondo.
La collaborazione con le gallerie d'avanguardia italiane degli anni sessanta e settanta (La Salita, Roma; Galleria Notizie, Torino; Galleria dell'Ariete, Milano; Galleria del Leone, Venezia; La Tartaruga, Roma; L'Attico, Roma; Studio Marconi, Milano; Modern Art Agency, Napoli) è integrata rapidamente dalla regolare presenza in importanti gallerie straniere (dal 1971 Paul Maenz, Colonia; dal 1972 Sonnabend, New York; dal 1973 Annemarie Verna, Zurigo; dal 1976 Yvon Lambert, Parigi; dal 1977 Lisson Gallery, Londra).
Dagli anni ottanta, Paolini è rappresentato principalmente dalle gallerie Christian Stein, Milano; Massimo Minini, Brescia; Alfonso Artiaco, Napoli; Yvon Lambert, Parigi e Marian Goodman, New York.
Le grandi antologiche nei musei prendono avvio verso la fine degli anni settanta (Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Parma, Parma, 1976; Städtisches Museum, Mönchengladbach, 1977; Mannheimer Kunstverein, Mannheim, 1977; Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes, Napoli, 1978; Stedelijk Museum, Amsterdam/The Museum of Modern Art, Oxford, 1980) per culminare nella seconda metà degli anni ottanta (Le Nouveau Musée, Villeurbanne, 1984, itinerante a Montréal, Vancouver e Charleroi; Staatsgalerie Stuttgart, Stoccarda, 1986; Castello di Rivoli, Rivoli, 1986; Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma, 1988; Galleria Comunale d'Arte Moderna, Villa delle Rose, Bologna, 1990). Tra le personali più recenti si distinguono quelle di Graz (Neue Galerie im Landesmuseum Joanneum, 1998), Torino (Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea, 1999), Verona (Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Forti, 2001), Milano (Fondazione Prada, 2003), Winterthur (Kunstmuseum, 2005) e Münster (Westfälisches Landesmuseum für Kunst und Kulturgeschichte, 2005).
Le mostre collettive, innumerevoli a partire dalla partecipazione al Premio Lissone nel 1961, includono le esposizioni legate all'Arte Povera (1967-1971, 1984-85, 1997, 2001-02), le principali rassegne internazionali di arte italiana e numerose tra le più significative mostre dedicate agli sviluppi artistici della seconda metà del XX secolo (a titolo indicativo: Vitalità del negativo, Roma 1970; Contemporanea, Roma 1973; Projekt '74, Colonia 1974; Europe in the Seventies, Chicago e itinerante negli Stati Uniti 1977-78; Westkunst, Colonia 1981; '60-'80: Attitudes/concepts/images, Amsterdam 1982; An International Survey of Recent Painting and Sculpture, New York 1984; The European Iceberg, Toronto 1985; Transformations in Sculpture, New York 1985; Bilderstreit, Colonia 1989; 1965-1975: Reconsidering the Object of Art, Los Angeles 1995; The Last Picture Show: Artists Using Photography, 1960-82, Minneapolis e itinerante 2003-05). Paolini ha partecipato diverse volte alla Documenta di Kassel (1972, 1977, 1982, 1992) e alla Biennale di Venezia (1970, 1976, 1978, 1980, 1984, 1986, 1993, 1995, 1997).
Nel corso della sua attività Paolini ha realizzato anche diverse scenografie teatrali: a partire dalle scene e dai costumi per il Bruto II di Vittorio Alfieri per la regia di Gualtiero Rizzi nel 1969, fino alle collaborazioni con Carlo Quartucci e la Zattera di Babele negli anni ottanta. Tra i progetti più recenti si distinguono le scene ideate per le Valchirie (2005) e il Parsifal (2007) di Richard Wagner al Teatro San Carlo a Napoli per la regia di Federico Tiezzi.
Museo d'arte contemporanea Donnaregina (MADRE) di Napoli
Centro studi e archivio della comunicazione, Università di Parma
Nato a Yerevan in Armenia nel 1976, ha frequentato il P. Terlemezyan State College of Fine Arts di Yerevan (diplomato con lode nel 1995.) Successivamente ha frequentato la State Academy of Fine Arts di Yerevan (laureato con lode nel 2005) città dove ancora vive e lavora. Durante la sua attività artistica ha partecipato a numerose mostre, sia nazionali sia internazionali, come la dodicesima Biennale di Architettura di Venezia nel 2010/Padiglione Nazionale Armeno, la 54. Biennale d’Arte di Venezia nel 2011/Evento collaterale e alla 56. Biennale d’arte di Venezia nel 2015/Padiglione Nazionale Armeno, quando l’Armenia ha ottenuto il Leone D’Oro come migliore partecipazione nazionale. Tra i suoi più importanti risultati sono: Artista Selezionato per FIAC - On Site, Petite Palais, Paris, France, 2017 Artista Selezionato per il Frieze Sculpture Park, Regent’s Park, London, UK, 2016 Leone D’Oro - The National Pavilion of Armenia, 56. Biennale di Venezia, 2015 10 Premio - Premio Henraux, 2014 10 Premio - Premio Targetti Light Art, Italia, 2009 10 Premio - MOVIN’UP 2006, Italia, 2006 10 Premio - II International Contemporary Art Biennale di Pavia, Italia, 2003 Honorary Degree - XX Premio Firenze, Italia, 2002 30 Premio - XIX Premio Firenze, Italia, 2001 30 Premio - XIII International Sculpture Biennale, Ravenna, Italy, 1998 Tra le sue più importanti personali e mostre collettive dal 2015 in poi: 2017 FIAC - On Site 2017, curata da Christophe Leribault ed Eva Wittocx, Grand Palais / Petit Palais, Paris / France “The Mount Analogue” - Standard, 1st International Triennale of Contemporary Art of Armenia, curated by Adelina Cüberyan Von Fürstenberg, Gyumri, Armenia “Diario”, curata da Clare Lilley, Yorkshire Sculpture Park, West Bretton - Wakefield / UK 2016 Frieze Sculpture Park 2016, curata da Clare Lilley, Regent’s Park, London / UK “Durk”, Ca’ Grande / Università Statale di Milano, curata da Donatella Volonté, Milano 2015 “Armenity”, 56th International Art Exhibition Biennale di Venezia, The National Pavilion of The Republic of Armenia, The Island of San Lazzaro Degli Armeni, curata da Adelina von Fürstenberg, Venezia “Dreamscapes”, 6th Internazionale Art Biennale of Beijing, the National Pavilion of the Republic of Armenia, curata da Anna K. Gargarian, National Art Museum of Beijing, Beijing / China “Grandchildren - New geographies of belonging”, The DEPO, curata da Silvina Der Meguerditchian, Istanbul / Turkey Membro dell’Art for the World (Geneva), UNESCO’s International Association of Plastic Arts (Paris), affiliazione permanente all’ Artist’s Union of Armenia. I suoi lavori si trovano presso il Collegio Ecclesiastico del Seminario Pontificio Francese in Vaticano, del Collegio Pontificio di San Roberto Bellarmino in Vaticano, La Fondazione Henraux (Italia), La Targetti’s Light Art Collection (Italia), Il Museo Microcollection (Italia), La Collection of Municipality di Neustadt an der Weinstrasse (Germania). (Germany), The Museum of the Centro Dantesco of Ravenna (Italy), The Museum of Contemporary Art of Pavia (Italy) and among private collectors in Armenia, Italy, France, Germany, Canada, the Netherlands, Belgium and USA. VISITA SOLO SU PRENOTAZIONE
«Posso dire che per me la Bellezza è qualcosa che fa sognare, ma è molto più forte del sogno. E’ un ideale, un miraggio, un enigma.»
(Igor Mitoraj)
Igor Mitoraj (pronuncia /'igor mi'tɔraj/; Oederan, 26 marzo 1944 – Parigi, 6 ottobre 2014[1]) è stato uno scultore e pittore polacco.
Biografia
Igor nasce a Oederan, poco lontano da Dresda, da madre polacca e da padre francese di origine polacca, deportati dai nazisti ai lavori forzati. Alla fine della guerra, ritornati in Polonia, la madre sposa Czeslaw Mitoraj che lo adotta dandogli il suo cognome.
Trascorre l'infanzia a Grojec e frequenta il Liceo Artistico a Bielsko-Biala.
Dopo aver studiato pittura alla Scuola d'arte di Cracovia e all'Accademia d'arte di Cracovia sotto la guida di Tadeusz Kantor, partecipa a diverse esposizioni collettive, tenendo la sua prima personale nel 1967 alla Galleria Krzysztofory in Polonia.
Nel 1968 si trasferisce a Parigi, per continuare i suoi studi presso l'Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts. Poco dopo rimane affascinato dall'arte e dalla cultura Latino-Americane e decide di trascorrere un anno dipingendo e viaggiando in Messico. Questa esperienza lo avvicina alla scultura.
Fa ritorno a Parigi nel 1974 e due anni dopo tiene un'altra personale alla Galleria La Hune, nella quale include anche alcune sculture: il successo dell'esposizione lo convince a dedicarsi a tempo pieno alla scultura. Riceve il "Prix de la Sculpture" a Montrouge e il Ministro francese per la Cultura gli mette a disposizione uno studio al Bateau-Lavoir di Montmartre.
Trascorre anche lunghi periodi tra New York, la Grecia e la Toscana; questi viaggi risulteranno determinanti per trovare, tra modernità e classicità, il suo stile. Dopo aver lavorato in terracotta ed in bronzo, nel 1979 compie un viaggio a Carrara e decide di dedicarsi anche alla lavorazione del marmo.
Nel 1983 decide di stabilirsi a Pietrasanta, di aprirvi uno studio[2] e di vivere tra Italia e Francia. Rimane molto legato alla città versiliese che nel 2001 gli conferisce la cittadinanza onoraria e alla quale lascia il dono di sue numerose opere.
Le sue sculture vengono esposte in numerose occasioni sia in Europa che negli Stati Uniti. Di particolare importanza è la sua mostra di successo nel 1989 alla New York Academy of Art.
In Italia realizza molte esposizioni in parchi e ville storiche dove le sue gigantesche opere trovano la giusta collocazione: si ricordano in particolare le sue suggestive esposizioni nella Valle dei Templi di Agrigento (2011), e quelle postume a Pisa (2015), nei Mercati di Traiano a Roma (2016), negli scavi di Pompei (2016) e nelle altre due città siciliane di Piazza Armerina e Noto (2021).
L'artista muore a Parigi, ma per suo espresso desiderio desidera di essere sepolto a Pietrasanta. Le sue esequie si sono svolte nel Duomo.
Stile
Lo stile di Mitoraj è fortemente radicato nella tradizione classica, con una particolare attenzione ai busti maschili.
Mitoraj presenta, tuttavia, anche una svolta post-moderna, attraverso l'ostentata enfatizzazione dei danni subiti dalle sculture classiche, ottenuta mediante la realizzazione di arti e teste troncati.[senza fonte] Le fratture nelle sue figure alludono al mistero dell’antico che si manifesta a noi per frammenti, come reperti, allusioni ed evocazioni.
Pietrasanta (Lucca), 19 novembre 2021 - E’ morto a Pietrasanta, dove viveva dal 1973, Jørgen Haugen Sørensen. E’ stato uno dei più importanti artisti del nostro tempo, il più grande scultore danese. Aveva 87 anni. A darne notizia è stata la moglie, la scultrice Eli Benveniste. La sua ultima grande mostra personale a Pietrasanta risale al 2017. Una delle sue opere, “The Crowd – La Folla”, che ha dato il titolo anche alla mostra, è stata donata dall’artista alla città. Si trova in piazza Crispi. Il bozzetto dell’opera ”The angular ones carry, The Smooth ones Slide” (1984) destinata al Comune di Copenaghen si trova nel Museo dei Bozzetti. Nel 2016 aveva ricevuto il prestigioso Premio del Circolo Fratelli Rosselli.
Artisti partecipanti: Roberto Giansanti, Stefania Grillo, Emanuele Giannelli, Alfio Bichi, Gianluca Cupisti, Bruno Larini, Annalisa Atlante, Maicol Borghetti e Mariangela Ghilarducci, Lido Marchetti, Matteo Marchetti, Fabio Maestrelli, Daniele Castagneti, Jiefu Zhou, Jano Sicura, Roberto Tognocchi, Alessio Palmieri, Federico Benedetti, Anselmo Salvatore, Thomas Pucci, Claudio Tomei, Nicolas Bertoux, Domenico Morabito, Silvano Cattai, Matteo Castagnini, Stefania Dini, Silvia Pierotti, Nadia Sabbioni, Gilberta Dal Porto, Antonio Mastromarino ed Eleonora Francioni, Leaf Creations, Debora Balloni, Cinzia Babboni, Riccardo Benassi, Presepianti-Arte del Riciclo, Meliton Rivera Espinoza, Uwe Sonnenburg, Davide Alborghetti.
Marc Petit è nato a Saint-Céré, nella regione del Lot nel 1961 ed è oggi considerato uno dei più grandi scultori contemporanei e si guadagna da vivere con le gallerie e il mercato dell'arte.
All'età di 14 anni, ha provato la scultura e ha scoperto questa tecnica. Proviene da una famiglia di artigiani, ha lasciato rapidamente il liceo e si è dedicato all'intaglio della pietra. Ma è stato attraverso due incontri che la sua tecnica e la sua vita hanno assunto un significato completamente nuovo. Marc petit si è imbattuto in due scultori della Parigi Beaux-Arts e sono diventati i suoi mentori. René Fournier e Jean Lorquin. Entrambi gli daranno un occhio acuto e pensieri sulla scultura.
René Fournier lo ha portato verso l'arte del modellismo e gli ha fornito gli insegnamenti di Marcel Gimond, un leggendario scultore del XX secolo, noto per le sue creazioni di busti di personaggi politici o della scena artistica. Jean Lorquin vinse lui stesso il Prix de Rome nel 1949 e risiedette a Villa Medicis, fornì a Petit un know-how sulla scultura e soprattutto una profonda riflessione.
Con bronzo, terracotta e gesso, Marc Petit ha creato le sue prime sculture di esseri umani. Personaggi solitari dallo sguardo cupo. Sembravano persi ed erano dominati dall'oppressione o dal rancore. Il corpo ha un aspetto stanco e disincarnato. Non si sa se sia una tragedia o un momento fluttuante, come un'anima che vaga in un limbo. Quando siamo di fronte a queste figure, mettiamo una distanza ma voyeuristica, più confusa che empatica.
Marc Petit ha realizzato la sua prima mostra personale all'età di 24 anni e lentamente si è fatto un nome tra gallerie e collezionisti.
Emanuele Giannelli è uno scultore contemporaneo nato a Roma ma di base a Pietrasanta. Artista di respiro internazionale, sapientemente provocatore, Giannelli costruisce le sue opere sull'equilibrio perfetto tra arte figurativa e arte concettuale.
Lo scultore Emanuele Giannelli torna ad esporre nel contesto di uno spazio urbano, dal 1° maggio al Palazzo Mediceo di Seravezza, con una nuova installazione site-specific: una scultura rappresentante una figura maschile monumentale di circa 6 metri, “appoggiata” al palazzo storico, dal titolo emblematico: Mr Arbitrium ovvero scelta. L’opera rimarrà esposta fino alla fine di giugno, per poi essere collocata nei mesi di luglio e agosto nel centro di Pietrasanta. Mentre a settembre “spingerà” il Duomo di Carrara. Il nuovo progetto artistico è promosso dalla Fondazione Terre Medicee, curato da Filippo Rolla e patrocinato dal Comune di Seravezza, dove la scultura sarà presentata e resterà due mesi, per essere poi raccontata e interpretata da personalità del mondo della filosofia, ospiti all’interno del Memo Festival, che ci svolgerà l’ultimo weekend di giugno a Palazzo Mediceo.
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Christo ⟨kℎrì-⟩. - Nome d'arte dello scultore bulgaro Christo Javachev (Gabrovo 1935 - New York 2020).
Ha studiato a Sofia, a Praga e a Vienna. Giunto a Parigi nel 1958, si è legato al gruppo del Nouveau réalisme; nel 1964 si è trasferito a New York. In sodalizio con la moglie Jeanne-Claude Denat de Guillebon (1935-2009), è considerato uno dei più significativi esponenti della land art ed è noto in particolare per i suoi progetti ed esecuzioni di "impaccaggi" di celebri edifici pubblici (un grattacielo di Manhattan, la fontana della piazza principale di Spoleto, il monumento a Vittorio Emanuele II a Milano, Porta Pinciana a Roma, Pont Neuf a Parigi, il Reichstag di Berlino) e di scenarî naturali (Wrapped Cost, Little Bay, Sidney, 1969; Valley Curtain, Colorado, 1972; Running Fence, California, 1976; Surrounded Islands, Miami, 1984; The Gates, Central Park, New York, 2004-05). Nel 2011 ha ottenuto, dopo decenni di attesa, l'autorizzazione per realizzare l'ambiziosa opera di copertura dell'Arkansas River, nelle Rocky Mountains (Colorado): il progetto, che avrebbe dovuto essere ultimato entro l'agosto 2014 ma che ha subìto numerose interruzioni per controversie legali, prevede l'allestimento nell'area di cavi e pali a sostegno di una struttura di tende argentate, per una lunghezza totale di 62 km. Nel 2016 l'artista ha progettato sul Lago d'Iseo The floating piers, installazione consistente in un pontile provvisorio che per 16 giorni, dal 18 giugno al 3 luglio 2016, ha collegato Sulzano alle isole di Montisola e San Paolo, richiamando oltre un milione di visitatori, mentre dal 19 giugno al 9 settembre 2018 C. ha allestito nel lago Serpentine di Hyde Park a Londra The London Mastaba, struttura galleggiante di grandi dimensioni composta da 7506 barili colorati poggianti su una piattaforma di cubetti di plastica.
È tra i principali esponenti della Transavanguardia italiana, movimento artistico teorizzato e promosso da Achille Bonito Oliva nel 1980 che individua un ritorno alla pittura, dopo le varie correnti concettuali sviluppatesi negli anni settanta[1]. Le sue opere sono collocate in permanenza in alcuni dei principali musei internazionali, tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York[2].