spunti di lettura
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Nessuno (per ora) può viaggiare, ma attraverso la lettura di grandi opere chiunque è in grado di “trasportarsi” in un luogo o in un periodo completamente diversi.
Ecco una guida che ci consente di viaggiare con la mente. Siamo parlando di Luoghi letterari di Sarah Baxter (Giunti 2021, collana Varia Lifestyle, titolo originale Inspired Traveller’s Guide. Literary Places, illustrazioni di Amy Grimes, pp. 144), una guida per viaggiatori ispirati, amanti della letteratura mondiale di tutti i tempi.
La passione di Sarah Baxter, cresciuta nel Norfolk Regno Unito e residente a Bath, per i viaggi e la natura l’ha portata a visitare l’Asia, l’Australia, la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti, prima di dedicarsi all’attività di scrittrice. Inoltre Sarah è stata per oltre dieci anni editor della rivista “Wanderlust”, la bibbia dei viaggiatori indipendenti, e ha scritto molti interventi sul viaggio per diverse altre pubblicazioni, come “The Guardian”, “The Telegraph” e “The Independent”.
Dunque Sarah Baxter è una vera esperta del ramo viaggi e affini, anche di quei viaggi che si compiono nei luoghi che abbiamo amato e che ci sono rimasti nell’anima leggendo un romanzo, che ha avuto la capacità di influenzarci la vita, come Cime tempestose, l’unico romanzo di Emily Brontë, scritto fra l’ottobre 1845 e il giugno 1846.
Non tutti possono permettersi di viaggiare, ma attraverso la lettura di grandi opere chiunque è in grado di “trasportarsi” in un luogo o in un periodo completamente diversi. In questa guida sono stati individuati venticinque luoghi letterari grandiosi, un elenco a lungo meditato di posti che compaiono, quando addirittura non sono protagonisti, in alcuni dei migliori romanzi mai scritti.
Mediante il contributo di magnifiche illustrazioni, questa guida “da salotto” si propone di condurre chi legge in questi luoghi, sparsi in tutto il mondo.
Ecco la Parigi de I miserabili, romanzo storico di Victor Hugo, pubblicato nel 1862 e considerato uno dei più eccelsi romanzi del XIX secolo; la “vecchia Parigi” che Hugo amava, un labirinto di stradine, cortili e angoli dove i personaggi come Jean Valjean scivolavano agilmente nell’oscurità.
Firenze di Camera con vista, romanzo che lo scrittore inglese E.M. Forster pubblicò nel 1908 e dal quale venne tratta l’omonima trasposizione cinematografica diretta nel 1985 da James Ivory. Mai come in questo libro lo splendore della città rinascimentale toscana è capace di liberare le passioni. Firenze è irresistibile.
Londra di Oliver Twist o Le avventure di Oliver Twist, il secondo romanzo di Charles Dickens, pubblicato a puntate mensili sulla rivista “Bentley’s Miscellany” dal febbraio 1837 all’aprile 1839, con illustrazioni di George Cruikshank, ma apparso in forma di libro già nel 1838. Londra, una città labirinto un groviglio confuso di strade, sporcizia e baccano, perfetta location per ambientare la storia di un orfano che anticipa le riforme sociali.
O ancora la New York de Il giovane Holden, romanzo del 1951 scritto da J.D. Salinger. Metropoli iconica, la “Grande Mela” popolata da un groviglio di umanità, grandioso e sfacciato scenario per una classica storia della gioventù americana disillusa.
Scegliete la poltrona più comoda e fatevi trasportare nel Cile de La casa degli spiriti di Isabel Allende, nella Kabul de Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, nella San Pietroburgo di Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij, nella Napoli de L’amica geniale di Elena Ferrante, e in molti altri luoghi letterari.
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo ha assegnato il titolo di Capitale italiana della cultura 2022 a Procida, l’isola di Arturo. Per il 2020 la scelta è caduta su Parma, che sarà Capitale italiana della cultura anche per il 2021 appena iniziato; per il 2023 il titolo è già stato assegnato a Bergamo e Brescia, come gesto di solidarietà per le due città più colpite dal Covid-19.
Ma come funziona, cos’è e quando nasce questa iniziativa? La Capitale italiana della cultura è un titolo che viene assegnato ogni anno dal Mibact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) a una delle tante città che decidono di partecipare al bando pubblico con il proprio progetto.
A selezionarla una commissione composta da sette esperti nominati dal ministero stesso; una volta ricevuto questo titolo la città ha la possibilità di far conoscere le proprie tradizioni e il suo sviluppo culturale.
Questa iniziativa è relativamente recente: ha infatti origine nel 2014 a seguito del Decreto Cultura e della proclamazione della città di Matera a Capitale europea della cultura 2019.
Tra i vari obiettivi che questo progetto si prefigge sicuramente quello di valorizzare i beni culturali e paesaggistici delle tante meravigliose città italiane e incrementare il turismo, migliorando i servizi rivolti ai visitatori.
Per comprendere meglio come funziona questa iniziativa possiamo leggere le parole del ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Dario Franceschini:
In tutte le sue edizioni la Capitale della cultura ha innescato meccanismi virtuosi tra le realtà economiche e sociali dei territori. Non è un concorso di bellezza, viene premiata la città che riesce a sviluppare il progetto culturale più coinvolgente, più aperto, innovativo e trasversale.
Dunque la Capitale italiana della cultura non sarà la città considerata più bella dal punto di vista architettonico o più ricca di monumenti, ma quella che presenterà il miglior progetto per valorizzare il patrimonio artistico e culturale.
La città designata vincerà un milione di euro per la realizzazione del progetto e per la durata di tutto l’anno avrà la possibilità di far conoscere le sue bellezze, le sue tradizioni e la sua cultura.
2015: Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena
2016: Mantova
2017: Pistoia
2018: Palermo
2019: non designata; in quest’anno è Matera la capitale europea della cultura
2020: Parma
2021: Parma (titolo prorogato dal Dl Rilancio)
2022: Procida
2023: Bergamo e Brescia (titolo assegnato per solidarietà nel Dl Rilancio)
Qualche suggerimento di lettura o rilettura
Charles Robert Darwin (Shrewsbury, 12 febbraio 1809 – Londra, 19 aprile 1882) è stato un biologo, naturalista, antropologo, geologo ed esploratore britannico, celebre per aver formulato la teoria dell'evoluzione delle specie animali e vegetali per selezione naturale agente sulla variabilità dei caratteri ereditari, e della loro diversificazione e moltiplicazione per discendenza da un antenato comune.
Pubblicò la sua teoria sull'evoluzione delle specie nel libro L'origine delle specie per selezione naturale (1859), che è il suo lavoro più noto. Raccolse molti dei dati su cui basò la sua teoria durante un viaggio intorno al mondo sulla nave HMS Beagle, e in particolare durante la sua sosta alle Isole Galápagos.
In questo libro, che narra di meravigliosi mondi lontani, la scrittrice della Masseria delle allodole ripercorre le storie di esilio, partenze e abbandoni che hanno segnato indelebilmente la sua vita e il destino di Oriente e Occidente, conducendoci in un viaggio negli affetti e nella scoperta dell’altro.
Ispirato ai ricordi familiari dell'autrice, il racconto della tragedia di un popolo "mite e fantasticante", gli armeni, e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute. La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell'Anatolia, dove nel maggio 1915, all'inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l'odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia. In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un "maschietto-vestito-da-donna" salperanno per l'Italia...
Se si legge (o si rilegge) “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie si noterà che, al piacere di confrontarsi con dei fatti apparentemente sovrannaturali e, verso la fine, con una loro spiegazione accuratamente scientifica, si aggiunge il piacere – più sottile e profondo – di interrogarsi sulla natura umana e sulla morale, senza venire a capo di cosa sia davvero legittimo, di cosa significhi la parola “giustizia” e, soprattutto, di quale sia il vero scopo di un processo o di una condanna, specialmente se tardiva
Di due tipi è il divertimento che di solito si sperimenta leggendo un romanzo giallo: uno è legato a quei succosi fatti che all’inizio appaiono inspiegabili o sovrannaturali, e l’altro è legato, verso la fine, alla logica ferrea con cui vengono poi snocciolate altrettante delucidazioni scientifiche.
A fondere il primo con il secondo più di qualunque altra scrittrice al mondo è stata senza dubbio Agatha Christie (1890-1976), non per niente considerata tuttora l’indiscussa regina del mistero.
Prendiamo per esempio Dieci piccoli indiani (Mondadori, traduzione di Lorenzo Flabbi), il poliziesco più venduto in assoluto (con oltre 110 milioni di copie) e il libro che l’autrice considerò il più difficile che avesse mai scritto: una classica rappresentazione dell’enigma della camera doppia chiusa, se non fosse per alcuni dettagli cruciali che non lo rendono tanto “classico” (ma che lo fanno entrare a gamba tesa fra i classici del genere).
Nel romanzo, infatti, otto sconosciuti si ritrovano sì su un’isola abitata esclusivamente da loro, e sono sì vittime di una morte inspiegabile dopo l’altra in una lussuosa villa con tanto di domestici, ma… alla fine muoiono tutti (inclusi i due domestici). Né si tratta di uno spoiler, perché in originale il titolo del libro è proprio And then there were none, da cui deduciamo il piacere con il quale l’autrice disseminava qua e là degli indizi (a volte falsi, però).
Non ci sono, oltretutto, dective alla Miss Marple nei paraggi, e non rimangono colpevoli da ammanettare; soltanto dieci cadaveri, anche se è impossibile che a ucciderli sia stata una persona esterna al gruppo (tant’è che, nell’epilogo, questo nodo viene al pettine nell’unico modo sensato, ma su questo eviteremo anticipazioni).