Testa alta, e avanti

Incontro con l'autrice

Lo scorso 7 novembre, l'Istituto Comprensivo Via Ceneda di Roma ha incontrato e intervistato la giornalista Gaia Tortora, figlia del noto conduttore televisivo degli anni '80, Enzo Tortora. Ormai è una donna adulta, sposata e con due figlie e la scorsa primavera ha pubblicato un libro dal titolo A testa alta, e avanti. Un racconto autobiografico che narra le vicende familiari dal punto di vista di un’adolescente, quale lei era al tempo dei fatti riportati. A scuola era stato letto per preparare l’incontro a cui hanno partecipato le classi terze della secondaria. C’era molta emozione e impazienza per questo faccia a faccia con la scrittrice e protagonista della vicenda narrata di cui tanto si era parlato nelle ultime settimane a scuola. Dopo i saluti di benvenuto della preside, ha preso la parola la protagonista. Per prima cosa si è presentata e ha fatto un piccolo riassunto del ‘famoso' giorno in cui suo padre fu arrestato.

MA CHI ERA ENZO TORTORA?

Considerato tra i padri fondatori della televisione in Italia, tra i suoi lavori più importanti vi sono la conduzione de La Domenica Sportiva, l'ideazione e conduzione del fortunato programma Portobello, Telematch…Il suo nome è anche ricordato per il clamoroso caso di malagiustizia di cui fu vittima, noto ormai come ‘caso Tortora’ e al centro del libro in questione. Il conduttore fu accusato di gravi reati come l’associazione camorristica e il traffico di droga nell’ambiente dello spettacolo e il 17 giugno 1983 fu, per questo, arrestato.

Dopo sette mesi di reclusione, nel gennaio del 1984, fu liberato, ma il 17 settembre 1985 i pubblici ministeri del processo di primo grado ottennero la sua condanna a dieci anni di carcere. La sua innocenza fu dimostrata e riconosciuta il 15 settembre 1986, quando venne assolto dalla Corte d'appello di Napoli, con sentenza confermata dalla Corte di cassazione nel 1987. Durante questo periodo, Tortora fu eletto europarlamentare per il Partito Radicale, di cui divenne anche presidente. Tortora morì nel 1988, un anno dopo la sua definitiva assoluzione.

TANTE DOMANDE…

Ritornando all’incontro, le domande a cui la scrittrice, seduta accanto ai ragazzi, ha risposto sono state molte: curiose, intime, alcune rivolte con il semplice scopo di cercare un confronto tra le proprie emozioni e quelle vissute dalla protagonista del libro. Eccone alcune.

D: Nel romanzo, ha scritto che molte volte la rabbia si sfoga, ma capita anche che questo sentimento si può reprimere facendolo poi sfociare tutto insieme. Perché quando era giovane ha deciso di non sfogarla mettendosi una maschera e coprendo tutto?

R: Io non l’ho deciso, l’ho fatto e basta…pensavamo tutti che fosse questione di ore, massimo giorni e non anni. Mi sono chiusa in camera mia e ho aspettato e senza volerlo, ho iniziato a mettermi una maschera coprendo tutto. Un uomo importante, grande amico di mio padre, Piero Angela, appena ha saputo della notizia è venuto in mio aiuto e per me lui era come un secondo padre. Spontaneamente ho deciso di non reagire disperandomi o urlando ma semplicemente chiudendomi in camera.

D: Seguire da giornalista casi di altri uomini e donne incolpati ingiustamente, dare le notizie e non interpretare…come si sente ad aiutare questa gente? A lottare come si sarebbe dovuto fare con suo padre?

R: Sono stata varie volte in carceri minorili vedendo ragazzi più o meno della vostra età che erano stati arrestati per reati minori e io quando entravo lì dentro, quando mi ritrovavo circondata da quelle mura, mi sentivo come se fossi a casa, protetta. Ci sono stata così tante volte che ormai per me era come la normalità. Anche fare il lavoro di giornalista mi ha aiutato cercando sempre la verità.

D: Le capita mai di leggere le lettere che suo padre le spediva quando era in carcere?

R: Certo mi capita molto spesso, anche se leggerle fa sempre male, ma comunque mi piace rivederle e ripensare ai quei momenti tristi ma che mi hanno dato l'ispirazione per questo libro e mi hanno fatto appassionare alla scrittura.

D: Che emozioni ha provato scrivendo il libro? Una volta raccontata tutta la verità e tutto quello che ha provato in quegli anni della sua vita, si è sentita libera, come se si fosse tolto un peso di dosso oppure l’ha fatta star male ricordandosi ogni dettaglio di quegli anni?

R: Scrivere il libro non mi ha aiutato a liberarmi del peso che porto dentro, anzi mentre lo scrivevo ho dovuto chiedere un po’ di tempo in più per consegnarlo alla casa editrice visto il dolore che provavo ripensando a quegli anni. Ma comunque scrivere un libro è teurapetico, può aiutare a portare a galla tutti i sentimenti e i ricordi ‘sommersi’, a sfogarti e liberarti. Non l’ho voluto io questo libro, è stata una mia amica a spingermi a scriverlo e pubblicarlo per far conoscere a tutto il mondo la verità. (Sofia Marino)

12 novembre 2023