Specchi ustori

Coppia di specchi ustori in rame argentato

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Numero di inventario:

Costruttore:

Data di acquisto: metà XIX secolo

Materiali e componenti: (parabola) rame argentato, (piedistallo) ottone laccato, acciaio

Dimensioni: diametro 43.5 cm

Prezzo:


Descrizione e caratteristiche fisiche

Gli specchi sono costituiti da una parabola di rame argentata e lucidata a specchio, sostenuta da un piede di ottone laccato. In generale, si chiamano specchi concavi le superfici sferiche o paraboliche di metallo o di vetro che servono a concentrare in un punto dei raggi luminosi. Nel caso di specchi sferici di piccola apertura, per applicare le leggi della riflessione sulle superfici piane, gli specchi si considerano come formati da un’infinità di superfici piane infinitamente piccole. Le normali a tali superfici infinitesime si intersecano tutte nel centro della sfera. Supponendo che i raggi provenienti da lontano (raggi solari) possano essere considerati paralleli all'asse principale dello specchio e sfruttando la legge della riflessione (angolo di incidenza = angolo di riflessione), si dimostra geometricamente che ogni raggio parallelo è riflesso sul punto nell'asse principale intermedio fra il centro e il vertice. Tale punto è detto fuoco. Tutti i raggi paralleli all'asse principale vengono, dunque, convogliati nel fuoco. A sua volta ponendo una sorgente luminosa nel fuoco, tutti i raggi riflessi dallo specchio si propagano paralleli fra loro.

Notizie storiche e uso dello strumento

Nell'antichità greca, l’analisi degli specchi concavi fu oggetto di attenzione per la possibilità di impiego come specchi ustori. L’immaginario collettivo si è alimentato dalla vicenda di Archimede di Siracusa (287 a.C.) che, usando un gran numero di specchi, riuscì a bruciare le navi romane. Non è chiaro, per gli storici, se questi specchi ustori siano mai stati veramente costruiti e utilizzati in guerra, tuttavia esperimenti recenti mostrano che sarebbe possibile incendiare una nave costruita con le tecniche e i materiali della Roma repubblicana concentrando opportunamente i raggi solari. L’analisi più antica conosciuta degli specchi ustori si trova nella Catottrica di Euclide (matematico del III secolo a.C.) il cui ultimo teorema è dedicato al potere incendiario degli specchi ustori, risultando però inadeguato in quanto non indica nessuna costruzione del punto focale. Chi diede una dimostrazione rigorosa dal punto di vista matematico del loro funzionamento, fu Diocle (III-II a.C.). Egli fornisce la prima analisi conosciuta della proprietà focale degli specchi parabolici, dimostrando che la parabola fa convergere tutti i raggi paralleli che la colpiscono in un unico punto (il fuoco). La dimostrazione di tipo geometrico si basa sul fatto che le tangenti nei punti di riflessione simulano uno specchio virtuale piano. Nel corso dei secoli sono stati fatti diversi tentativi di ricostruzione del fenomeno: nel 700 il matematico francese Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon, riuscì con 148 specchi piani costituenti approssimativamente un paraboloide, a concentrare la luce del sole sino a fondere piombo e stagno (Scinà, 1829).

Siccome la distanza focale di uno specchio ustorio si trova a metà del suo raggio, è ovviamente impossibile bruciare una sostanza situata a una grande distanza, poiché lo specchio dovrebbe essere di smisurata grandezza. Il padre gesuita tedesco Athanasius Kircher (1602-1680) pensò per primo di sostituire ad uno specchio concavo più specchi piani inclinati e con 5 di essi esercitò un calore insopportabile alla distanza di 100 piedi.

La coppia di specchi della Collezione, molto probabilmente, veniva usata per mostrare che il "calore raggiante" si propaga e si riflette con le stesse leggi della luce. In seguito essi vennero impiegati anche per lo studio della propagazione del suono. Le leggi sulla propagazione del "calorico", erano state messe in evidenza già nella seconda metà del settecento dai fisici svizzeri Marc Pictet (1752-1825), Horace Bénédict de Saussure (1740-1799) e dal chimico svedese Carl Wilhelm Scheele (1742-1786). Pictet, in particolare, immaginò l'esperienza dei due specchi concavi messi a ventiquattro piedi di distanza l'uno dall'altro, in cui nel fuoco dell'uno si poneva un carbone incandescente che infiammava un corpo combustibile posizionato nel fuoco dell'altro. I raggi della sorgente vengono riflessi parallelamente all'asse principale e incidendo sul secondo specchio si focalizzano sul materiale combustibile procurandone l'accensione.

Nel Catalogo Lo Cicero, del 1857-1859, è riportato: "Due specchi concavi di ottone pel calorico raggiante".


Specchi ustori

Interventi

Rimozione a secco della polvere con pennelli a setola morbida. Pulitura delle superfici con etere di petrolio. Ricostruzione dei parti di un piede in ottone.

Curiosità

  • Tutt'oggi, per accendere la fiamma olimpica è usato uno specchio ustorio.

  • A Priolo Gargallo in Sicilia è attiva la centrale solare termodinamica Archimede, basata su un sistema di specchi parabolici che concentrano le radiazioni solari su tubi di sali fusi, in grado di raggiungere temperature superiore a 550°C.

  • Nel celebre colossal muto Cabiria viene rappresentato Archimede intento a progettare gli specchi ustori e impegnato a orientarli contro la flotta romana durante la seconda guerra punica.

Bibliografia & sitografia

A cura di Aurelio Agliolo Gallitto, con la collaborazione di F. Bartolone, F. Taormina e G. L. Sferrazza e con il supporto tecnico di M. Mirabello. Ultima revisione 27.01.20232012 © Collezione Storica degli Strumenti di Fisica, Università di Palermo