La città e la rendita: binomio indissolubile

Francesco Indovina

Università di Sassari


Sunto

Per gli urbanisti la questione della rendita è sempre apparsa come nodale, a questa si attribuivano le distorsioni nella dinamica urbana e negli squilibri territoriali, fino alla difficoltà di pianificare una regolare crescita urbana.

Da un altro punto di vista bisogna convenire che la “rendita speculativa” è e può continuare ad essere fattore di degradazione della vita politica è fondamentale base di corruzione economica.

Detto questo resta il fatto che la dinamica della rendita sia legata strettamente alla trasformazione della città. Rendita e città costituiscono due anelli inseparabili. Neanche l’acquisizione pubblica delle aree di futuro sviluppo urbano elimina la rendita, o per meglio dire elimina quella rendita che deriva dalla decisione di modificare la destinazione d’uso delle aree (da agricole in edificabili) ma la rendita continuerà a crescere in ragione delle trasformazioni della città. Non vorrei essere frainteso l’eliminazione di quella rendita dovuta alla modifica di destinazione d’uso delle aree è fondamentale, ma non elimina la questione della rendita.

Le questioni che possono apparire rilevanti sono:

1. Così come la rendita agricola è determinata dalla fertilità del suolo e dalla distanza dai mercati, la rendita edilizia è determinata dal l’indice di fabbricazione e dalla distanza (accessibilità ) ai servizi. E se nella rendita agricola la fertilità del suolo è un “dato naturale” nella rendita edilizia la fertilità specifica del suolo (indice di fabbricazione) costituisce una scelta politica è in quanto tale non collegata direttamente alla proprietà (può essere politicamente recuperata).

2. La modifica dell’organizzazione urbana può modifica, e di fatto continuamente modifica, l’accessibilità ai servizi, il che fa aumentare ma anche in alcuni casi diminuire, il valore della rendita delle singole aree o edifici. Siamo soliti attribuire la modifica di accessibilità agli investimenti pubblici, e va benissimo, ma non possiamo dimenticare che anche specifici investimenti privati la possono influenzare. È quello che avviene (ha a che fare con la rendita) quando inizia un intervento di riqualificazione edilizia i cui effetti si proiettano nell’edilizia vicina.

3. La rendita complessiva della città cresce anche per effetto di investimenti infrastrutturali che non modificano l’accessibilità al singolo servizio ma che migliorano la qualità organizzativa e funzionale di un città (realizzazione di un nuovo e più grande cimitero, la realizzazione di un nuovo impianto di trattamento dei rifiuti, ecc. o anche la realizzazione di un nuovo parco). La rendita urbana complessiva cresce, ma la sua distribuzione può comportare una diminuzione in certe aree è un maggior aumento in altre.

4. Dal punto di vista di chi immeritatamente subisce aumenti di rendita si possono individuare alcune diverse fattispecie: a) chi tende a realizzarla subito (vendita o affitto); b) chi non se ne occupa e la lascia, per così dire, depositare (questa piglierà corpo o in processi ereditieri o in vendite spostate nel tempo); c) chi invece approfitta della maggiore rendita in operazioni finanziarie (garanzie per prestiti bancari o simili e assimilabili). Si tratta di comportamenti individuali che non eliminano l’aspetto politico-collettivo, ma sicuramente rendono in qualche modo difficoltoso ogni processo di trasferimento al pubblico della rendita.

5. Pur trovando logica la considerazione che si tratti di un arricchimento ingiustificato e individuando strumenti adeguati per il trasferimento al pubblico della maggiore rendita, come ci debba comportare per quelli incrementi derivanti da investimenti privati?

6. Non vi è dubbio alcuno che la rendita “operando nel mercato” di questo esalta tutti gli aspettl negativi: il mercato non garantisce libera accessibilità a beni e servizi secondo scelte individuali e bisogni, ma piuttosto discrimina l’accessibilità secondo disponibilità a pagare. Le differenziazioni tra le diverse parti della città non sono soltanto il risultato di scelte urbanistiche e politiche sbagliate, anche questo, ma il loro fondamento sta nella realizzazione di singoli ambienti ecologici adatti ad accogliere persone con differenti capacità a pagare.

7. Ci è noto che una delle ragioni delle differenze tra le diverse zone della possono attribuirsi da una parte all’esistenza di beni posizionali e dall’altra parte alla quantità e qualità dei servizi. Sul primo punto come urbanisti possiamo fare poco, ma sulla seconda possiamo fare molto. Una città per quanto possibile omogenea per dotazione e qualità dei servizi costituisce una migliore città e tende ad abbassare gli effetti di rendita.

Se invece di dedicarsi a studiare strumenti per eliminare l’ineliminabile gli urbanisti si impegnassero a realizzare il diritto alla città di tutti, in una città migliore e più equa forse realizzerebbero meglio gli obiettivi della loro professione.