Tornare ad occuparsi di parole.

Città e diritto

Cristina Bianchetti

Politecnico di Torino


Sunto

Tra gli anni 80 del secolo scorso e il primo decennio di questo, il linguaggio delle nostre discipline è fortemente mutato. Si sono indeboliti i legami tra le parole i propri oggetti, tra le parole e i processi cui alludono, tra le parole e i soggetti.

Per sostenere questa tesi l’intervento osserva la parola diritto. Se il diritto fonda la nozione post-illuminista di individuo, il diritto all’abitare, fonda la nozione moderna di città. Diritto è una parola forte sia che si faccia riferimento ai movimenti di lotta, di rivendicazione e occupazione, sia che si guardi allo stato riformista, benevolente, garante di equità e solidarietà, capace di costruire politiche a partire dal ruolo della casa. Molti studiosi continuano a porsi sull’una o sull’altra di queste traiettorie. E a lavorare entro una accezione forte del termine.

Ma nella città contemporanea è possibile osservare un moltiplicarsi dei caratteri rivendicati come diritto in rapporto all’abitare. Un vero deflagrare del concetto. Sono rivendicati come diritto poter godere di uno spazio diverso da quello dei propri vicini; poter stare con altri o da soli nello spazio pubblico (diritto all’intimité, alla privacy, alla non intromissione, ad essere lasciati in pace; oppure all’extimité, alle relazioni calde nello spazio, all’esibizione del sé). Si parla di diritto ad una mobilità lenta, a giocare per strada, a occuparsi in prima persona dello spazio di tutti imponendovi aiuole, galline, vasi di fiori, sedie e tavoli. Si rivendica il diritto a perseguire un ecologismo radicale, a godere di un paesaggio vernacolare suburbano nel cuore della città. Questo deflagrare del diritto nei diritti può apparire poca cosa, un’invenzione frivola, per molti aspetti irritante che tuttavia rivela uno sfondo ideologico e valoriale mutato: la definitiva lontananza dalla città del Novecento.

Vi è dunque una paradossale coesistenza tra due concetti di città, due concetti di diritto. Il diritto all’abitare di chi è escluso ed è deprivato della casa perché povero, perché confinato nelle tante banlieues del mondo. E lo sbriciolarsi del diritto nella polverizzazione dei diritti che affermano il riconoscimento di ciascuno ad abitare come vuole.

Come riappropriarsi in senso positivo di questa deflagrazione nella prospettiva di un fare progressista, di ricchezza sociale?

Le argomentazioni sono tratte da una ricerca sul quartiere di Les Grottes a Ginevra, condotta inizialmente per Swiss National Science Foundation- i cui risultati sono riportati anche in E. Cogato Lanza et L. Pattaroni (sous la direction), De la différence urbaine, Mētis presses, Genève, 2013. L’osservazione del quartiere è continuata negli anni successivi.