La rendita come strumento di rilancio del riuso intelligente (e contro l'insostenibile cultura del nuovo)

Mario Cerasoli, Gianluca Mattarocci

Università Roma Tre


Sunto

Dal 2008 la crisi immobiliare si è rivelata essere ben più incisiva di molti strumenti urbanistici, regolando di fatto lo sviluppo e la trasformazione delle aree urbane. In tale contesto, il ruolo dello Stato e delle pubbliche istituzioni come motore di trasformazione si è progressivamente ridotto, complice anche la pachidermica e ossidata macchina burocratica.

In questo scenario, la rigenerazione urbana e la trasformazione della città esistente si stanno sempre più affermando come scenario privilegiato di intervento, quasi sempre demandato agli operatori privati. Aree ex industriali o ex ferroviarie fino ai sempre più frequenti interventi sul patrimonio edificato esistente, anche storico, rappresentano un segmento del mercato immobiliare sempre più in crescita in cui gli operatori privati possono effettuare interventi economicamente profittevoli.

Parlare di rigenerazione urbana vuol dire allora spostare l’obiettivo su temi come quello delle smart cities, privilegiando la città esistente e, a maggior ragione, la città storica – e quell’immenso patrimonio di piccoli centri storici che devono per forza di cose trasformarsi in motore di riequilibrio del territorio e di sviluppo economico, anche lento.

Contro l’insostenibile (anti) cultura del nuovo! Il contributo vuole discutere in questa sede delle opportunità che la rigenerazione urbana può (e deve) avere sul mercato immobiliare e sulla società e quali devono essere allora i meccanismi di (buon) governo da parte delle istituzioni pubbliche preposte al governo del territorio per raggiungere un ragionevole equilibrio tra interesse collettivo e interesse privato (senza demonizzare la rendita). L’analisi presentata delinea le criticità e le opportunità legate agli interventi di recupero urbano prendendo in considerazione sia il profilo dell’offerta che quello della domanda.