Lezione 21

Evoluzione del concetto di Modello da Alexander Klein a UNStudio

10/12/2021


Ricapitolando, perché ci interessa lo spreadsheet e quale è la sua funzione principale? Creare dei modelli gerarchici e dinamici in cui legare dei dati.

Quale la differenza con il database? Quale il salto fatto?

o Le celle sono legate insieme da alcune funzioni. Celle contenuto e celle risultato. Solo dati numerici.

o Nel database invece abbiamo un’organizzazione fatta per “Fields & Records” (Campi omogenie $ Righe di attributi). Dati di qualunque natura, dati, immagini ecc…

Il modello: una maniera di organizzare “modellare” le informazioni. La forma che prendono le informazioni.

La parola MODELLO si forma nel XVIII e XOIX secolo, dallo studio delle tipologie. Il modello oggettivo è il modello illuminista, che pone delle domande e postula dei bisogni oggettivi e da delle risposte altrettanto oggettive.

Questa tematica si sviluppa laddove la città inizia ad essere composta in base a delle necessità oggettive delle città europee, le quali si rifanno a dei modelli e degli standard (quali palazzi di governo ,ministeri, caserme, ecc…)

Nel XX secolo invece, tra le guerre e soprattutto dopo la II Guerra Mondale, si inizia a porre la necessità di dare casa e ricostruire l’Europa il più velocemente possibile e quindi con soluzioni semplici distribuibili. È questo il periodo degli studi razionalisti sugli spazi minimi, sulle misure minime. Le Corbusier definisce “Le Modulor”.

Alexander Klein – il Modello Oggettivo

Architetto tedesco che fa una ricerca sui modelli oggettivi e decisionali. Tra i primi a studiare temi come i percorsi e le connessioni tra gli spazi domestici. Ma questi studi si possono fare anche su scale maggiori, quali la composizione dei quartieri. Studi come l’ombra portata tra edifici; Studi sulla composizione di funzioni; studi tra spazi serventi e serviti.

Questo è il periodo, gli anni ‘40 in cui si diffondono i Manuali: Neufert, Zevi, Cellini, il Manuale degli Architetti, ecc…

Negli anni ’60, si diffonde il modello a blocchi. Un modello che per forme quadrate collega degli spazi più o meno “pesanti” tra loro e i relativi collegati.

Ma sempre negli anni ’60 si diffonde un secondo modello: il Modello Prestazionale.

Inventato da un matematico architetto di nome Christofer Alexander, che ha studiato a Berckley. Questo è fondamentalmente l’opposto del Modello Oggettivo.

Anche lui suddivide le necessità e le funzioni oggettive. Li nomina e li relaziona attraverso una struttura. La definitone da uno dei suoi numerosi libri.

“Note sulla Sintesi della Forma” ( https://issuu.com/repazzo/docs/note_della_sintesi_della_forma_ocr ): definisce la mente del progettista come incapace di gestire un’immensa mole di variabili. Quindi si tende a scomporre per parti semplificate di sistemi complessi e di ricomposizione ad albero delle varie info. Questi punti non si parlano tra loro e fanno riferimento allo zooning. Tutte le città moderne e di impianto Razionalista: Brasilia, Chandigardt, ecc…

Sistemi invece più interconnessi, definiti a “Semilattice”, hanno relazioni e quindi grado di complessità, molto maggiori. Esempio di città di questo tipo è la cittadella universitaria di Cambridge, dove tutti i servizi, gli spazi sono interconnessi con la città circostante.

Alexander esplicita il fatto che “The City is not a Tree

Un terzo modello è il Modello Strutturalista.

Dalla ricerca francese di Claude Levi-Strauss si definisce lo strutturalismo, inizialmente studiando i modelli antropologici delle società arcaiche, passando per un’astrazione filosofica (corrente chiamata Strutturalismo Filosofico) che definisce la realtà come principalmente formata da una Struttura Fissa e da una serie di Sottostrutture Mobili. È una corrente questa che tocca i temi della libertà di scelta e del libero arbitrio.

Partendo dall’antropologia e passando per la filosofia, arriviamo all’architettura. Tramite la figura di Nicolaas John Habraken, architetto olandese che opera tra gli anni ’60 e ’70. È fondatore della “Teoria della Partecipazione” ed è lui per primo che ha ideato l’idea di “Open Building”.

Cos’è Open Building?

Immaginiamo la struttura di Le Corbusier chiamata “Le Dominò”. Questa struttura fondamentalmente composta dalle sole parti strutturali, è lo scheletro dell’edificio “aperto” privo di tutte le sue componenti.

Tutte queste parti hanno una durata temporale differente. La struttura dura circa 100 anni. Le varie unità interne, durano circa 25 anni. Le suddivisioni interne circa 10 anni, fino al mobilio, che dura ancora meno.

Queste variabili minori, a scale diverse, financo di natura personale, definiscono le famose sottostrutture mobili. È così che si intrecciano l’interpretazione filosofica e quella architettonica.

Questa mutevolezza e variabilità è ciò che fanno l’Open Building. Non siamo ancora arrivati a quel livello, ma pensiamo che l’IT ci porterà proprio li.

Si può osservare il progetto “Elemental” dell’Arch. Alejandro Aravena, in Cile. (progetto del 2010)

L’edificio è aperto perché questo progetto è inteso come un progetto da completare, “aperto” perché può ed è pensato per crescere nel tempo (a seconda delle disponibilità economiche degli abitanti, dal basso reddito e che possono gestire e permettersi più facilmente una casa piccola da fare evolvere nel tempo)

Esempio simile, anche se molto diverso è un progetto di LAN Architecture. Un edificio che lascia dei vuoti di cubatura per necessità (data la crisi del 2008) e che un domani potrebbero trovare uno sviluppo e un’evoluzione variegata.

È una ricerca questa che va avanti dagli anni 70… (si vedano le architetture utopiche dell’ungherese Yona Friedman)

DOMANDA: L’Architettura è definita anche dal tempo?

Esempio interessante è stato il padiglione della Gran Bretagna alla Biennale di Venezia del 2016 è un esempio provocatorio della casa aperta e fortemente mutevole a seconda del “Tempo di Utilizzo”. Un casa per poche ore ad esempio, non è altro che una bolla con una poltrona ed il WiFi. Articolo: https://www.domusweb.it/it/architettura/2016/06/20/padiglione_gran_bretagna_biennale_venezia_2016.html

Giungiamo dunque al Modello Diagrammatico

È il modello più intimamente legato all’arrivo del PC e dei concetti di database e spreadsheet. MA cos’è il processo decisionale diagrammatico?

È uno schizzo? No, caso mai è uno schema. Non è la prefigurazione di un modello finale, ma un processo generatore di un modello.

Potremmo pensare più che a Gehry, ad Eisenman. Lo swinging. Ma queste sono operazioni che sono fattibili anche a mano, ed infatti i modelli da seguire sono forse quegli architetti “nati col computer in mano”. Perché il modello diagrammatico non consiste nell’aver digitalizzato e velocizzato delle operazioni fattibili anche a meno, bensì in un vero e proprio cambio di mentalità e di fare architettura.

Introduciamo infatti la figura di UNStudio e di Ben Van Berckel

Ricordiamo lo Zingarelli per modello: ”Schema teorico elaborato in diverse scienze e discipline per rappresentare gli elementi fondamentali di uno o più fenomeni.” FONDAMENTALMENTE, la forma che prendono le informazioni.

UNStudio, fondato nel 1988 da Ben Van Berckel e Caroline Bos è il capostipite dell’architettura degli architetti “nati col computer tra le mani”. Van Berckel paragona l’introduzione dell’informatica in Architettura come, a cavallo tra XIX e XX secolo l’introduzione del calcestruzzo armato. Un vero e proprio salto di paradigma!

Alla base di tutto ci sono i dati. I dati costituiscono la base del processo creativo. I dati sono tantissimi e sta quindi all’architetto filtrarli, selezionare e mettere a sistema quelli che ritiene più idonei e interessati ai fini della progettazione architettonica.

Lo strumento principe per la rappresentazione e la gestione visiva dei dati è: il Diagramma

Il diagramma diviene digitale, interattivo e dinamico. Ma sono diagrammi non creati da processi logici razionali bensì quasi empirici, mutevoli.

(Tale mutevolezza è il motivo per cui non si può definire con un linguaggio classico l’architettura delle facciate di UNStudio – non sempre è tutto riconoscibile come finestra, portale, balcone, ecc…)

Casa Moebius - Olanda

Il concept generativo è esattamente uno schema basato sul nastro di Moebius. Si articola la conformazione degli spazi, ma la forma dell’edificio, non avrà nulla a che fare con i concept (serviti solo per ordinare le informazioni)

L’estetica, conseguentemente, è nuova e molto innovativa, al di la dei materiali. Molto semplici e noti.

Mercedes Museum – Stoccarda (DE)

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Il digramma prefigura delle relazioni. Ciò che non è ancora fatto ma è fattibile. Ci sono tre lobi che si compenetrano e un nucleo centrale.

Il centro rimane vuoto a tutt’altezza e il core dei trasporti verticali vengono spostati agli estremi dei 3 lati lunghi del “triangolo” centrale a tutt’altezza..

I percorsi invece, corrono tutti lungo i bordi esterni e ricurvi. Tutti questi percorsi sono molto diversi tra loro e soprattutto c’è una forte componente evocativa e drammatica.

Possiamo rivedere molto il Guggenheim museum di Ney York, ma qui abbiamo una rottura della regolarità wrightiana. In questo progetto abbiamo una spazialità che non è mai ripetuta. Financo la chiusura in superficie, la cupola interna del Guggenheim, quasi piatta, statica e dinamica, viene stravolta con un congiungimento dei 3 percorsi in uno strato quasi filtro della vera e propria copertura, che è una tensostruttura.

Rapporto tra strumento (i diagrammi in questo caso) e l’architettura realizzata.

Reificarsi: farsi cosa, realizzarsi di una concezione scientifica.

Come si reifica la prospettiva? Con San Lorenzo a Milano di Brunelleschi.

Come si reifica il mondo industriale, l’uniformità, l’igiene e gli altri valori moderni? Nel Bauhaus

Qui vediamo il reificarsi dei nuovi modelli intelligenti, interattivi. Questi aiutano a gestire la complessità, ma non è solo questo. I diagrammi sono semplicissimi ma contengono una potenziale variabilità infinita. Ciò li rende molto complessi.