Le A.D.R.

Ad oggi, ormai da qualche anno, uno stuolo di enti e personaggi economicamente interessati si è messo a scrivere periodicamente a proposito di ADR.

Con questa sigla (Alternative dispute resolution) altro non intendono se non la possibilità di comporre i conflitti evitando che finiscano per sfociare in una causa.

Queste procedure di conciliazione nascono da esperimenti condotti a partire da oltre 20 anni fa in USA e Gran Bretagna con il nobile intento di superare il processo penale, e contrapponendosi ad esso. Il concetto di fondo è che se la vittima del reato è posta in diretta comunicazione con l'autore del reato (alla presenza ovviamente di un mediatore), è possibile che in molti casi ciascuno capisca le ragioni dell'altro, e che si venga a sanare il conflitto sorto con la commissione del reato. In pratica l'autore del reato deve affrontare la vittima a viso aperto, al fine di rendersi conto di cosa le ha fatto passare, sia dal punto di vista della sofferenza psicologica, sia dal punto di vista economico (cui magari dovrà cercare di riparare).

L'effetto potrà essere duplice (può anche non avere successo, ovviamente): la vittima avrà la sensazione di avere ottenuto qualcosa, e quindi avrà maggiore soddisfazione (si intende rispetto ad un processo che, come l'Italia ci insegna, potrà avvenire molti anni dopo o non avvenire del tutto, e nel quale la vittima spesso è maltrattata peggio del responsabile, se non addirittura completamente dimenticata); il colpevole invece – qualora abbia una coscienza – sarà reso più consapevole delle conseguenze delle proprie azioni, e sarà indotto ad evitarle per il futuro.

Si tratta di superare il concetto – ad oggi qualificabile "primitivo" – di punizione del colpevole finalizzata un po' a se stessa e un po' alla prevenzione di nuovi reati.