2018: Francia

Venerdì: 240 km da Milano a Briancon in 3 ore circa

Non avendo potuto mettere le ruote su suolo francese nel 2017 c’era bisogno di un itinerario memorabile nel 2018. Fomentato dall’amico Mauro abbiamo deciso di spingerci molto più ad ovest per visitare le gole dell’Ardeche e il Mont Ventoux, oltre che passare nuovamente per Vercors e Verdon.

Venerdì, non essendo riuscito a prendere ferie, raggiungo i miei compagni praticamente al confine, quasi in cima al Monginevro, dopo aver percorso l’autostrada con una temperatura di 34 gradi costanti.

Faccio le prime curve, che saranno anche le ultime, della giornata scendendo dal Monginevro e il gruppo arriva in hotel alle 18.30 circa. Dopo aver fatto il gioco delle coppie per la composizione delle stanze, decidiamo di cenare al ristorante dell’albergo.

Affamati esageriamo nell’ordinare sia il cibo che la birra, fortunatamente ci siamo portati Gian che pianin pianino finisce il suo triplo hamburger con foie gras e si spazzola anche l’avanzo di Teo. Marcello invece non mangia nulla e ogni tanto si eclissa come un ninja, forse l’omelette al formaggio di mezzogiorno non si stava rivelando una scelta felice.

Dopo cena ci avventuriamo alla ricerca del centro storico. Desistiamo subito appena vista la salita per raggiungerlo. Dopo aver girovagato senza meta per Briancon ed essere miracolosamente tornati in hotel senza navigatori, cartine o bussole andiamo a dormire.

Sabato: 370 km da Briancon a Vallon Pont d'Arc in 10 ore circa

Mi sveglio dopo una nottata tranquilla, spalanco le finestre e respiro l’aria fresca del mattino.

Colazione veloce, quasi tutti non vediamo l’ora di metterci in sella, ma c’è anche chi se la prende con molta calma e nell’attesa provo a salire sul GSX-R di Tommy, a cui va tutta la mia stima per la resistenza in sella a quello strumento di tortura.

A gruppo completo partiamo e ci dirigiamo verso il Lautaret. Ci arriviamo in un attimo e nessuno si ferma in cima, cominciamo bene, chi si ferma a fotografare è perduto…

Arriviamo a Grenoble e il caldo è insopportabile, per fortuna inizia una bella salita verso il Vercors. Qui ci si diverte parecchio, la strada è puro velluto, il traffico inesistente e cosa più importante iniziano le vere curve.

Dopo Lans en Vercors percorriamo delle gole molto anguste, strada che nel 2014 era chiusa, con dei passaggi scavati nella roccia, talmente bassi che viene quasi da chinare la testa in alcuni punti.

Pranziamo a Pont en Royans e Marcello ricade in tentazione, omelette, formaggio e perfino gelato, l’avrebbe nuovamente pagata. Visto il caldo vorremmo fermarci per fare il bagno nel fiume sottostante, attirati anche dalla fauna locale, ma manca ancora parecchia strada e il richiamo delle 2 ruote la vince.

Cerchiamo l’ennesimo distributore nel nulla per rifornire la moto di Tommy, che oltre ad essere guidabile solo da fachiri ha pure un’autonomia imbarazzante, ma come urla quando gira la manetta del gas…

Arriviamo finalmente alla Combe Laval, qui il gruppo si sgrana, perché è una di quelle strade che non ti capita tutti i giorni di percorrere e va vissuta ognuno coi propri tempi.

Ci ricongiungiamo a valle nei pressi di un cimitero “partigiano” e ci dirigiamo al col de Rousset. Per tutto il tragitto prego che l’abbiano riasfaltato dall’ultima volta che l’ho percorso e così è!

Mi lancio in discesa per questa strada che sembra disegnata da una persona ubriaca e sotto l’effetto di stupefacenti. Non c’è un rettilineo nemmeno dove potrebbe esserci, ma solo curve, controcurve, chicane e tornanti, una vera goduria.

Dopo esserci rinfrescati ad una fontana ripartiamo in gruppo, la strada ora è dritta e passa in alcuni paesi, meglio procedere in carovana.

Su uno stradone in mezzo al nulla però perdiamo Teo e Tommy, perché tanto per cambiare aveva bisogno di carburante. Ci fermiamo ad aspettarli, ma nel tentativo di ripartire la moto di Mauro non si accende, la batteria non ha la forza di avviarla, che sfiga!

Sabato pomeriggio, statale francese nel nulla e moto che a spinta non parte, il dramma si sta per consumare, ma con tutta tranquillità tiro fuori dal bauletto l’oggetto miracoloso: lo starter da viaggio (best buy Natale 2017). Lo colleghiamo alla batteria e basta sfiorare il tasto di accensione per resuscitare la S1000XR di Mauro. Il giro è salvo, si può ripartire.

Percorriamo gli ultimi km che ci separano dall’hotel, strada in salita più simile ad una pista che ad una statale, veramente un ottimo modo di terminare l’itinerario della giornata.

Giunti in hotel tentiamo inutilmente di rianimare la batteria, Tommy ci illumina sul fatto che con il caldo la batteria non si carica, sarà vero? I fatti gli danno ragione, meno male che lo starter non sbaglia un colpo, decidiamo che l’indomani e il giorno seguente ce ne saremmo serviti ad ogni avvio, nella speranza che avrebbe tenuto botta.

Una volta asciutti e puliti usciamo a cena, prima però birretta offerta da Mauro presso un mini market, mi sembra il minimo. Il paese di Vallon Pont d’Arc è molto carino e scegliamo un ottimo ristorante, dove, incredibilmente per gli standard francesi, mangiamo benissimo, tutti tranne Marcello che come la sera precedente ha la nausea e consuma solamente un tozzo di pane. Creme brûlé al formaggio e noci, filetto di tonno, tartare e dolci vari, ci rimpinziamo per bene, ma senza esagerare, le porzioni non sono esagerate e Gian deve accontentarsi solamente della propria razione.

Solita passeggiata e poi a nanna, ci aspetta il terribile letto matrimoniale alla francese questa notte.

Domenica: 320 km da Vallon Pont d'Arc a Castellane in 9 ore circa

Ci svegliamo di buon’ora, fuori dalla finestra sole e cielo terso preannunciano un’altra giornata perfetta.

Ci ritroviamo tutti pronti per partire intorno alla moto di Mauro, attacchiamo lo starter, rullo di tamburi, fiato sospeso, la moto per fortuna si avvia.

Le gole dell’Ardeche ci cullano, ammiriamo il famoso ponte naturale e il tortuoso canyon da ogni punto di vista, siamo combattuti se guidare in modo sportivo, visto la strada fantastica per asfalto e varietà di curve, o soffermarci sul panorama che si apriva davanti ai nostri occhi all’uscita di ogni curva. Per Mauro però la scelta è obbligata, visto che non può spegnere la moto, ogni volta ci aspetta in sella a motore acceso, tutte le volte tranne una, in cui prende il cellulare per fare una foto pure lui, peccato che la sindrome delle “mani di merda” si manifesti nei momenti meno adatti; morale iPhone a terra e vetro rotto (di nuovo), che sfiga!

Dopo l’abbuffata di curve dell’Ardeche puntiamo verso il Mont Ventoux, ma la strada per arrivarci è a tratti lenta e noiosa. Finalmente arriviamo alle pendici e imbocchiamo la salita. Subito perdo il gruppo che si lancia invasato su per il monte, in certi casi una manciata di cavalli in più mi farebbe comodo, quasi di più del secondo disco anteriore, mannaggia.

La strada è una pista, arrivo al bivio per la cima e incontro Teo che ringrazia il Dio dei motociclisti per cotanta bellezza. Ci sinceriamo delle condizioni di Marcello, che nonostante le vertigini guida la moto in scioltezza come nulla fosse e una volta arrivato Mauro, con la sua moto “unstoppable”, imbocchiamo la via per arrivare in vetta.

Qui il panorama cambia ad ogni curva, la vegetazione lascia il posto ad una distesa di sassi bianchi e il contrasto con il cielo azzurro è molto suggestivo, ma soprattutto il non avere altri monti attorno regala una visuale a 360 gradi fino all’orizzonte, paesaggio molto diverso da quello alpino a cui siamo abituati. Pranziamo quasi in cima, chi con panozzi prosciutto e formaggio e chi (Marcello) con la sola mollica di pane.

Finito di mangiare torno in vetta a comprare la vignetta del Mont Ventoux da attaccare al bauletto, raggiungo il gruppo al parcheggio del ristorante e la moto di Mauro magicamente si accende senza l’ausilio dello starter, che culo!

Anche la discesa è paesaggisticamente molto bella. Passiamo da Sault, grazioso paesino nelle cui vie la fa da padrone il forte profumo di lavanda, poi pian piano ci dirigiamo verso il Verdon. La strada si rivela divertente da guidare, a ogni svolta il copione è sempre lo stesso, ma mai noioso, ovvero curve su curve, asfalto perfetto e traffico inesistente.

Superiamo Manosque e arriviamo nei pressi di Valensole, qui passiamo in mezzo ai campi di lavanda in fiore che si estendono a perdita d’occhio. Ci fermiamo sia per riposarci che per fare le foto, anche Mauro spegne la moto, il caldo si fa sentire e aumenta la sensazione di stanchezza.

Ripartiamo alla ricerca di un benzinaio e un bar dove rinfrescarci, anche Mauro tenta di partire, ma la sua moto continua a fare i capricci. Dopo essere tornato ad utilizzare lo starter ingrana la prima con il cavalletto abbassato, risultato la moto si spegne e deve rifare tutta la procedura per avviarla, che sfiga!

Per un’incomprensione dopo il benzinaio ci perdiamo Teo, che punta dritto verso Castellane, mentre noi prendiamo il bivio per il lago. Poco male, dopo una bibita veloce e l’ennesima messa in moto con lo starter ripartiamo a cannone, dopo circa un’ora di curve ubriacanti arriviamo in hotel.

Qui finalmente c’è la piscina, a tempo di record parcheggio la moto, prendo la camera e mi infilo il costume, sono in acqua prima ancora che tutti i miei compagni di viaggio siano arrivati in hotel. A breve vengo raggiunto anche dagli altri, tutti tranne Marcello che continua il suo calvario cercando di riposarsi a letto.

Per cena scegliamo un ristorantino niente male, anche stavolta facciamo centro, Teo e Gian ordinano una zuppa di pesce che potrebbe sfamare tutto il tavolo, io entrecôte al pepe, gli altri quella ai funghi, Marcello invece pane e coperto.

Finiamo la serata in un baretto davanti ad un buon liquore e a ridere come degli imbecilli, come tutte le sere precedenti, era un sacco di tempo che non ridevo così, merito dei compagni d’avventura o dell’alcol?

Tornati in hotel do un rapido sguardo al meteo, non danno pioggia, itinerario confermato.

Lunedì: 480 km da Castellane a Milano in 8 ore e mezza circa

Una leggera nebbia avvolge Castellane la mattina di lunedì, faccio 2 passi per rimediare un croissant in panetteria, la temperatura esterna è circa 20 gradi, si sta proprio da Dio.

Ci benziniamo al solito distributore del centro commerciale e poi via su verso il lac de Castillon. La strada è sempre spettacolare, per fortuna l’asfalto è asciutto e le gomme tengono bene, ci possiamo divertire.

Passato il lago ritorniamo a valle verso la Route Napoleon. La percorriamo fino a Digne les Bains e una volta fermi anche Teo deve ammettere che la salita verso il lac de Castillon è meglio della Route Napoleon, che detto da lui sarebbe un po’ come se un’interista urlasse “Forza Juve”.

Ci dirigiamo verso il lac de Serre Poncon, qui la strada diventa interessante, si guida che è un piacere e in cima si può anche godere di un panorama eccezionale sull’invaso artificiale, anche per l’incredibile colore dell’acqua.

Dopo le foto di gruppo si riparte di slancio verso l’Izoard. Un Mauro particolarmente ispirato guida il gruppo, per fortuna mi ricordo che ha rotto lo schermo dello smartphone e non ha il navigatore, riesco a superarlo giusto un attimo prima del bivio per l’Izoard, stava puntando deciso al colle dell’Agnello.

Salita come al solito magnifica, guido da favola, riesco a tenermi dietro perfino Tommy, ma quando Gian e Teo mi superano a cannone allora capisco che il GSX-R ha come al solito problemi di autonomia con la benzina e sta procedendo lentamente.

Filmo gli ultimi km prima della vetta, lo spettacolo visto e rivisto è sempre suggestivo, il paesaggio lunare ha sempre il suo fascino, me lo gusto con passo super turistico.

Visto il ritmo abbastanza diverso tra le moto il gruppo si sgrana, soprattutto perché alcuni dei miei amici sboroni invertono la marcia e risalgono per farsi fotografare più volte dal fotografo professionista appollaiato su una curva (Gian poi ci avrebbe dato i link dove trovarle), poco male, la strada e unica, la faccio tutta d’un fiato fino a Briancon grattando anche le pedaline in qualche tornante, la adoro.

Arrivati in paese ci fermiamo ad un distributore vicino ad un centro commerciale, ultimo pieno prima di tornare in Italia. Mauro decide di non riavviare la moto, perché ci saremmo fermati a 50 metri, mai scelta fu più sbagliata, infatti il cavalletto si impunta su un dosso e la sbilancia facendola cadere dalla parte opposta, che sfiga! Attirati dalle Madonne dello sventurato compagno gli diamo una mano a rialzarla, per fortuna solo pochi danni estetici.

Pranziamo al centro commerciale, Marcello incredibilmente si abbuffa, giustamente a vacanza terminata si sente meglio, incredibile come l’idea di tornare al lavoro possa giovare ad alcune persone. Allunghiamo la pausa il più possibile, nessuno ha voglia di tornare alla vita di tutti i giorni, a parte Tommy che dopo 4 giorni e più di 1000 km sulla sua moto ha un disperato bisogno di una strada dritta e in piano, magari anche di un antidolorifico, eroe.

La salita al Monginevro è l’ultima strada divertente, poi solo pallostrada. Ci salutiamo in autogrill a Torino, ormai la vacanza è terminata.

Un ringraziamento doveroso ai miei compagni di viaggio.

Mauro (Mr. Bean) per il preziosissimo aiuto nell’organizzazione e per i suoi siparietti tragicomici

Teo (Mr. Rusty) per il fiume di cavolate sparate ogni sera e per i filmati di anatomia umana

Gian (Mr. Bollino) per i racconti delle sue conquiste e per le sue pose sexy

Marcello (Higlander) per aver tenuto botta nonostante il malessere e per non aver russato

Tommy (il fachiro) per aver dato buoni consigli di guida che nessuno di noi somari ha messo in pratica

Infine a me (Mr. Brake) per aver portato dietro l’avviatore d’emergenza (vero eroe della vacanza)