2017: Dolomiti

Sabato: 440 km da Agrate a San Cassiano in 10 ore circa

Eccomi qui a quasi un anno di distanza dall’ultimo weekend in moto. La voglia di partire è tanta, così tanta da sfidare le previsioni meteo avverse, quasi catastrofiche, previste per la giornata di domenica.

Dopo un paio d’ore, filate lisce senza troppo traffico in autostrada, raggiungo Mauro a Folgaria, poi ci troviamo con Santino sul lago di Caldonazzo.

La prima tappa è il passo del Brocon, meta meno “commerciale” e per questo meno battuta, non vogliamo certo percorrere le magnifiche strade dolomitiche dietro ad autobus o camper lenti. La scelta si rivela azzeccata, strada praticamente sgombra e iniziamo a divertirci sulle curve.

Una volta in cima proseguiamo per il più rinomato passo Rolle, veramente bello da percorrere in moto. Sorprendentemente il traffico è pressoché nullo, ci fermiamo in cima a mangiare un ottimo panino con prosciutto e tosella, formaggio tipico della zona, baciati dal sole e accarezzati da una leggera brezza, temperatura perfetta.

Ripartiamo diretti verso il mitico passo Giau, passando prima dal passo Valles, che si rivela una sorpresa, buon asfalto, tante curve e soprattutto deserto.

Giungiamo ad Alleghe, cittadina veramente graziosa sulle sponde dell’omonimo lago, ci fermiamo giusto il tempo per fare un paio di foto e ripartiamo.

Percorriamo i 29 tornanti che ci dividono dalla vetta del Giau, minacciose nuvole nere ci accolgono in cima regalandoci uno scenario molto suggestivo. Ripartiamo dopo un selfie davanti al cartello del Colle di Santa Lucia, abbiamo altri 2 passi da percorrere e il tempo non è dei migliori.

Giunti in cima al passo Falzarego, dopo una serie di curve fantastiche, ci fermiamo come al solito per le foto di rito ed è qui che si consuma il dramma, Mauro fa cadere l’iPhone, rompendo così vetro e display, per fortuna però sia io che Santino siamo dotati di navigatore, non rischiamo di perderci, ma incredibile il livello di danni creati all’apparato con una banalissima caduta.

Ultima salita del giorno verso il passo Valparola, sempre strada favolosa, tanto quanto la discesa verso San Cassiano, ce la godiamo pennellando le ultime curve che ci separano dall’hotel e da una bella sauna rigenerante.

Ci immergiamo nel lusso della camera, 2 stanze, 2 bagni con addirittura 3 lavandini, tutto nuovissimo, l’antitesi della bettola da motociclisti, poi cena ricca di portate, stile matrimonio, e passeggiata in centro, dove veniamo sorpresi da un acquazzone. Ci rifugiamo in un locale e dopo 30 minuti, giusto il tempo di gustare una buona grappa, il temporale si esaurisce e riusciamo a tornare in hotel asciutti, un attimo prima dell'inizio del nubifragio.

Ci addormentiamo con in sottofondo il rumore dei tuoni, sperando che l’indomani il tempo migliori.

Domenica: 260 km da San Cassiano a Belluno in 11 ore circa

Sveglia alle 7 in punto, per fortuna non piove, dobbiamo sfruttare il momento e dopo una ricca colazione balziamo in sella per ripercorrere la strada fino a Cortina in direzione del lago di Misurina.

Sfortunatamente giunti in paese scopriamo che causa danni del nubifragio notturno la strada per il lago è chiusa, dobbiamo quindi percorrere la statale fino a Lozzo di Cadore.

Tentando di arrivare a Sauris però il navigatore ci porta fuori strada, infatti prova di farci passare da una via chiusa per lavori in corso, altro tempo perso mentre tentiamo di lasciarci dietro i minacciosi nuvoloni che ci inseguono.

Finalmente arriviamo al lago di Sauris, dopo aver percorso una strada stretta e a tratti rovinata. Pranziamo coi panini al sacco preparati a colazione e scambiamo due parole con una coppia di romani, che non perde occasione per ricordarci le infauste previsioni meteo.

Lasciamo la diga e ci infiliamo nelle gallerie della seconda guerra mondiale, dopo alcune belle curve arriviamo ad Ampezzo, qui proseguiamo verso il passo Rest. In salita tutto bene, strada stretta ma decente, mentre in discesa la nostra resistenza viene messa a dura prova dagli stretti tornanti e le frequenti variazioni d’asfalto. Arriviamo un po’ stanchi a Tramonti di Sopra, dove i prati sono presi d’assalto da centinaia di punkabbestia e dai loro improbabili veicoli, come furgoni e camper sgangherati. A Tramonti di Sotto invece tanta gente e bancarelle ovunque, qui ci saremmo fermati molto più volentieri, ma il temporale incombe, meglio proseguire.

Facciamo una pausa nei pressi del lago di Redona, purtroppo il cielo è sempre più nero e ci rassegniamo a prendere l’acqua, ma cerchiamo di percorrere quanta più strada asciutta possibile prima che questo accada.

Ripartiamo di fretta verso Barcis, passiamo per una stradina praticamente sconosciuta, ma ricca di curve, mentre su di noi cominciano a scendere le prime gocce. Ad un certo punto si alza il vento, Santino è davanti a noi, ma non lo vediamo, io e Mauro ci fermiamo per metterci gli antipioggia prima che sia troppo tardi. Fortunatamente siamo in un agglomerato di 4-5 casette, in una di queste 3 simpatiche signore ci ospitano sotto al pergolato, proprio mentre inizia ad infuriare la tempesta.

Acqua vento e grandine per una mezz’ora, poi per fortuna smette definitivamente di piovere, ringraziamo le 3 signore e ripartiamo alla volta del lago di Barcis, dove ci ricongiungiamo con Santino.

Proseguiamo fino ad Erto e Casso, il fondo bagnato non ci fa gustare appieno le curve, ma per lo meno noi rimaniamo asciutti. Io e Mauro ci regaliamo una visita al paese che fu distrutto nel disastro del Vajont, mentre Santino preferisce aspettarci direttamente alla diga.

Striscioni commemorativi recanti i numeri delle persone che hanno perso la vita nell’immane tragedia ci fanno stringere il cuore, soprattutto pensando che nessuno ha mai pagato per queste morti. Il mondo non ha imparato nulla da quella vicenda, il profitto e il potere hanno sempre la meglio sulla vita della gente comune.

Ripartiamo e scendiamo a Longarone alla ricerca della rete dati per poter cercare un hotel su internet, io e Santino ovviamente perché l’iPhone di Mauro è fuori uso. Prenotiamo a Belluno e partiamo alla svelta, le nuvole sopra le nostre teste non promettono nulla di buono, infatti a 7 km dalla meta cominciano i primi goccioloni. Memori dell’esperienza pomeridiana ci infiliamo subito gli antipioggia e arriviamo in hotel abbastanza asciutti.

Albergo 4 stelle, pulito e comodo. La finestra affaccia verso un campo da calcio, ma soprattutto dopo l’acquazzone è visibile un arcobaleno completo proprio a pochi metri da noi.

Per cena dobbiamo spostarci in centro, che dista poco più di un km. Troviamo una pizzeria dietro la piazza principale, dove mangiamo un’ottima pizza, accompagnata però da birra sgasata. Dopo dolce e immancabile grappino, in Veneto non si può proprio rinunciare, ci incamminiamo verso l’hotel, dove arriviamo stanchissimi. Ennesimo sguardo alle previsioni di lunedì e crolliamo, l’indomani ci avrebbe aspettato una splendida giornata di sole.

Lunedì: 470 km da Belluno ad Agrate in 12 ore circa

Non sono ancora le otto di mattina che Santino ci butta giù dal letto, lui è già pronto per la colazione, mentre io e Mauro siamo ancora in pigiama, il soprannome di “Capitan Lento” per questa volta non gli si addice per nulla.

Dopo la solita abbondante colazione si parte alla volta del lago del Mis. In breve tempo siamo ad ammirare l’acqua verde e i Cadini del Brenton, una serie di 15 vasche naturali unite tra di loro da cascatelle, una breve camminata che vale la pena fare se si capita in zona.

Proseguiamo il nostro itinerario passando in gole strettissime e molto pittoresche fino ad arrivare sulla strada per il passo Cereda. Qui la strada si allarga e anche il manto stradale migliora, una vera goduria guidare tra gli ampi tornanti sia in salita che in discesa dal passo.

Puntiamo di nuovo verso il Brocon, tanto apprezzato all’andata, per poi salire al passo Manghen. Qui la strada è stretta, ma il traffico praticamente assente ci fa godere le innumerevoli curve per arrivare in cima e una volta in vetta il panorama è magnifico. Ci fermiamo a pranzare al rifugio, piatti economici e buonissimi, dalla luganega alla polenta con funghi e tosella, una nota doverosa per lo strudel di mele, da leccarsi i baffi, mai mangiato così buono.

La discesa dal passo Manghen è un po’ un calvario per me, la strada sempre stretta ricca di tornanti, il caldo che aumenta al diminuire dell’altitudine e soprattutto le curve con la pancia piena, però facendo un rutto ogni 500 metri riesco ad arrivare a valle con un colorito accettabile.

Attendendo Santino imposto il navigatore su Lavis, dove arriviamo dopo aver percorso un itinerario più simile ad una pista che ad una strada. Qui salutiamo Capitan Lento, sarebbe andato verso nord a prendere fresco, mentre io e Mauro ci dirigiamo verso Trento per salire sul monte Bondone.

La strada che sale in vetta è pazzesca, ci sono segni di gomme nei pressi di tutti i tornanti e alcuni marciapiedi sono anche pitturati di bianco e rosso come i cordoli di una pista, non aggiungo altro.

Percorriamo i km che ci separano da Riva del Garda con un ritmo allegro, le condizioni della strada lo permettono e le poche auto non ci rallentano quasi. Il caldo si fa opprimente mentre saluto Mauro, che si dirige verso Tremosine, io consigliato da lui mi dirigo verso la Val di Ledro per evitare la Gardesana.

Qui il traffico è decisamente più intenso, riesco a sorpassare una lunga coda di auto poco prima che inizino le curve, fila creata da un trattore in fase di sorpasso ai danni di un’Ape, velocità stimata dei 2 mezzi circa 10-15 km/h.

Ammiro il lago di Ledro strapieno di bagnanti, proseguo fino al lago di Idro e decido di evitare la strada zeppa di camper e autobus, quindi seguo per il passo Maniva, nonostante l’orario non sia proprio consono ad ulteriori allungamenti di itinerario.

Il primo tratto di strada fino a Bagolino è una goduria, poi nei 13 km che mi separano dal Maniva più volte son tentato di invertire la marcia e tornare indietro. La strada è stretta e asfaltata approssimativamente, come un giocatore di poker continuo a puntare senza avere in mano carte vincenti, ma una volta in cima vengo ripagato da tutte le fatiche.

Un vento gelido imperversa in vetta, la luce del crepuscolo regala uno scenario da favola, ma soprattutto la strada per scendere e la successiva statale, curve di tutti i raggi, traffico assente e asfalto liscio come la pelle del culo di un bebè, sono una meraviglia per la guida.

Prendo l’autostrada ad Ospitaletto e arrivo a casa alle 21, una sfacchinata, ma ne è veramente valsa la pena.