12 - Consumo e produzione responsabili

Cristallo 2D

Per ridurre lo spreco di plastica bisognerebbe cambiare molti oggetti che usiamo giornalmente in alternative, ad esempio è stato risolto il problema delle buste in plastica. Tutti i negozi hanno ormai adottato i sacchetti ecologici biodegradabili e compostabili in linea con la normativa, le resistenti buste in plastica riutilizzabili per la spesa. Un grande passo in avanti sarebbe che tutti quanti usassimo borracce al posto delle solite bottigliette di plastica.

Sini 2D

la plastica è un problema non indifferente. Tutti dobbiamo cambiare le nostre abitudini. la plastica dovrebbe aumentare di prezzo così che la gente sia "costretta" a comprare cose di carta; come ad' esempio bicchieri di carta al posto di quelle di plastica.

bisogna smettere di comprare cose inutili come le cannucce, che si potrebbero evitare.

poi adesso moti comuni dove abito io stanno facendo la raccolta indifferenziata. ovvero che il comune paga i bidoni personali di umido, plastica, carta, ... e se una persona sbaglia l' indifferenziata viene fatta una multa.

Privitera 2D

Cercare di limitare l’uso di questi apparecchi poiché nel tempo possono provocare danni tramite le radiazioni che emanano sia al cervello che alla vista , consumare enormi quantità di energia.

Bisgonierà limitare tutto questo spreco.

Wang xinpeng 2D

meno uso di prodotti plastici e cercando di usare più prodotti riciclabili

Quanto Ha girato il tuo cibo?
(spoiler: più di te!)

Alle Hawaii, c'è un bellissimo museo sulla Canna da Zucchero, testimone delle fiorente economia del prodotto che caratterizza la zona. Ma nei bar lì vicino, lo stesso zucchero prodotto a pochi metri, ha viaggiato per quasi 30.000 km (quasi un giro del mondo!) prima di arrivare imbustato vicino alla tazzina di caffè!

Distanza simile per il latte in Gran Bretagna, che esporta tanto latte quanto ne importa (?!).

Vai te a capire... 😩

C'è un articolo e un sito che spiegano e calcolano semplicemente il Giro inutile che fanno i prodotti che abbiamo in tavola.

Ah, e trovate anche suggerimenti utili!

La produzione dello zucchero
Una questione dolceamara
(fonte: Splendida newsletter "
Non Scaldiamoci" di Wired)

Dello zucchero, lentamente, stiamo imparando a diffidare. Ma è ancora lontano il giorno in cui lo abbandoneremo definitivamente. Il primo motivo, il più ovvio, è che lo zucchero ha un effetto sul nostro corpo che non è soltanto alimentare, ma anche psicologico. Ed è per questo, per alcune sue caratteristiche chimiche specifiche, che continuiamo a consumarlo anche se, a parole, diciamo di non volerlo fare.

Peraltro le alternative più salutari esistono, e la ricerca scientifica sta facendo grandi passi avanti per trovarne di nuove. Un esempio: l’aspartame e la saccarina possono sostituire lo zucchero nel dolcificare alimenti e bevande (e sono meno calorici), ma tendiamo a non preferirli perché hanno un sapore leggermente diverso. Inoltre, lo zucchero ci piace anche perché il suo sapore rimane in bocca per un certo lasso di tempo, facendoci abituare alla sensazione che prova il nostro palato.

Consumare meno zucchero non sarebbe ideale solo per la nostra salute, ma anche per la salvaguardia dell’ambiente. In alcuni paesi occidentali, come gli Stati Uniti, in media ogni anno si assumono 3,7 chilogrammi di zucchero. Se ipotizziamo che questa media, un giorno, potrebbe essere diffusa tra tutti i 7,9 miliardi di umani, ci rendiamo conto che il problema alimentare, in realtà, ha anche un risvolto ecologico. Al momento, se consideriamo l’intero ammontare annuo dello zucchero consumato nel mondo si arriva a 174 milioni di tonnellate. Quello prodotto, invece, supera i 180 milioni. Il trend, peraltro, è in aumento.

Ancora qualche dato per farsi un’idea dell’impatto ambientale dello zucchero: i chilometri quadrati occupati dalla sola coltivazione di canna da zucchero sono oltre 263mila (quasi quanto l'Italia, senza Sardegna), e oltre dieci paesi dedicano a questa coltura almeno il 25% delle proprie terre agricole. Nel solo 2019 la produzione di canna da zucchero ammontava a due miliardi di tonnellate, di cui una larga percentuale (oltre 750 milioni di tonnellate) è stata coltivata in Brasile, con oltre 10 milioni di ettari dedicati (10 milioni di ettari son 100.000kmq). Non è un dato da poco. La provenienza di un prodotto, dal punto di vista ambientale, è molto importante: il Brasile è il paese che ospita il 60% della foresta amazzonica e allo stesso tempo, però, è uno di quelli in cui la salvaguardia degli ecosistemi è più a rischio. Questo succede sia a causa del riscaldamento globale che per via delle defaillance delle istituzioni e il ruolo attivo della criminalità organizzata. Quest’ultima, come raccontavamo in una delle scorse puntate di questa newsletter, si serve delle grandi industrie agricole del Paese per riciclare denaro e per sfuggire al controllo delle autorità. Per questo nel solo 2019 in Brasile sono stati uccisi 24 attivisti per l’ambiente. Fanno due al mese, di media.

Veniamo all’altra fonte di zucchero, cioè la barbabietola. La provenienza in questo caso cambia: tra i maggiori produttori ci sono paesi dell’Unione europea, come la Francia e la Germania. Ma anche la Russia e gli Stati Uniti. Verrebbe da essere ottimisti, visto che parliamo di luoghi, a eccezione della Russia, in cui l’ambiente gode di una certa salvaguardia. Purtroppo però cambiano anche le quantità prodotte. Rimaniamo al 2019: le tonnellate di barbabietola da zucchero coltivate globalmente erano 278,5 milioni. Poche, rispetto ai due miliardi di tonnellate della canna da zucchero.

Ciò che ci interessa per capire, davvero, l’impatto ambientale dello zucchero si potrebbe riassumere in due dati. Uno è la quantità di acqua necessaria a produrre zucchero raffinato, quindi pronto all’uso. L’altro è quante emissioni derivano dall'intero processo che porta lo zucchero sulle nostre tavole. Cominciamo dal primo: per produrre 500 grammi di zucchero (la quantità contenuta nel classico pacco che troviamo al supermercato) servono oltre 800 litri d’acqua. Certo, non è tanta quanta ne serve per produrre la carne, ma è comunque tantissima. Per avere un termine di paragone: ce ne vogliono 1.200, di litri, per la stessa quantità di riso. Per la carne di maiale ne servono 3.000 litri e addirittura 7.500 litri se invece vogliamo produrre 500 grammi di carne di manzo. In ogni caso 800 litri rimangono una quantità notevole e soprattutto il valore nutritivo dello zucchero, è, evidentemente, molto inferiore rispetto a quello di riso o carne.


E le emissioni? A ogni chilo di zucchero prodotto corrispondono circa 0,5 chili di Co2 emessi in atmosfera. Ma il dato più importante che emerge guardando all’impronta ecologica dell’industria dello zucchero è che la trasformazione del prodotto è di gran lunga la fase più inquinante, con il 70% delle emissioni totali. La coltivazione occupa il secondo posto con il 23% delle emissioni dell’intera filiera. Questo dato emerge, tra l’altro, anche dalle indagini condotte dalle stesse aziende che lo zucchero lo mettono sul mercato, a riprova che il crescente interesse per la salvaguardia ambientale sta portando a più trasparenza e sforzi per rivedere al ribasso le proprie emissioni sia tra gli stati che tra le aziende. Peraltro, se una percentuale così ampia delle emissioni viene dalla trasformazione in industria, è lecito presupporre che grazie alla ricerca sarà possibile anche intervenire per ridurle in modo consistente.

Può sembrare strano, ma una parte dell’impatto ambientale dello zucchero ha a che fare con un combustibile: il bioetanolo. Cioè un particolare tipo di etanolo, usato sia puro che miscelato in benzine e altri preparati, che si ottiene facendo fermentare alcuni composti vegetali. Lo zucchero, in questo processo, ha un ruolo non da poco: perché i materiali vegetali usati per produrre il bioetanolo sono spesso zuccherini. É da qui che, secondo una ricerca pubblicata su Science Direct, viene la recente espansione delle coltivazioni di canna da zucchero. Il rapido aumento della domanda di bioetanolo esiste perché il combustibile è “promosso come una fonte di energia sostenibile in quanto offre un alto bilancio energetico e un’elevata riduzione dei gas serra”, si legge nello studio. Non solo, il bioetanolo “riduce l'incertezza associata alla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili fornendo una fonte sicura di reddito per gli agricoltori, stimolando così lo sviluppo rurale; e non ha dimostrato di avere un impatto significativo sui prezzi alimentari globali”.

I punti, evidentemente, sono due: che questa espansione della produzione ha anch’essa delle ricadute sull’ambiente è il primo. Che ridurre la produzione dello zucchero non dipende solo dall’industria alimentare, e a maggior ragione sarà molto difficile, il secondo.

a cura di: Enrico Pitzianti scrive di politica estera, attualità e ambiente. È caporedattore de L'indiscreto, collabora con Esquire, Wired e Il Foglio ed è docente esterno all'Università di Ferrara.