Materiali didattici
Il genocidio
di Francesco Mesiano, 3H - 22/05/2024
Ultimamente si è parlato tanto di genocidio, persino dal palco di Sanremo. Infatti l’11 febbraio di quest’anno Ghali, un cantante del festival, ha detto, a seguito di una sua esibizione: “Stop al genocidio” frase che ha provocato scalpore ed è diventata immediatamente di stampo politico.
Ma realmente cos’è un genocidio? La parola genocidio deriva dal greco genos ("stirpe", "razza") e latino caedo ("uccidere"), è un termine coniato durante la Seconda Guerra Mondiale dall’avvocato ebreo polacco Raphael Lemkin. Quest’ultimo lo usò nel suo libro “Axis Rule in Occupied Europe” per descrivere i crimini commessi dai nazisti. Il 9 dicembre 1948 il genocidio divenne un crimine punibile a livello internazionale. Ma sfortunatamente è difficile riconoscere un genocidio, questo perché si deve dimostrare l’intenzione volontaria di distruggere un popolo, un gruppo etnico o religioso, e quindi è facilmente negabile dagli stati.
Il primo genocidio a essere riconosciuto a livello internazionale fu proprio l’Olocausto, ma sfortunatamente nella storia ce ne sono stati altri.
Olocausto
L’Olocausto è il primo genocidio riconosciuto a livello internazionale e indica l’uccisione sistematica di sei milioni di ebrei da parte della Germania nazista. La Shoah ebbe inizio nel 1941 e finì nel 1945 e si sviluppò in Germania e nei territori da essa occupati. Gli ebrei deportati nei campi morivano con il gas, ma anche per la fame o per il troppo sforzo. Oltre agli ebrei furono perseguitati anche altri gruppi etnici come i rom e i sinti.
Ex Jugoslavia
Dal 1944 il primo tribunale internazionale che ha emesso una condanna per genocidio è stato il Tribunale Penale Internazionale creato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per l'ex-Jugoslavia nel 1993, creato per indagare il crimine di genocidio avvenuto in quei territori. Uno dei momenti peggiori fu il genocidio di Srebrenica, in cui le truppe serbe uccisero più di 8000 musulmani, uomini e ragazzi, gettandoli poi in fosse comuni.
Genocidio del Ruanda
Il genocidio in Ruanda, nel 1994, durò 100 giorni nei quali i Tutsi, una minoranza del paese, furono sterminati dagli Hutu che detenevano il potere. In 3 mesi morirono un milione di Tutsi, l’80% del totale, uccisi barbaramente.
Genocidio degli Armeni
Il genocidio degli armeni è considerato uno dei primi del 20esimo secolo. Esso ha avuto luogo nell’impero ottomano ai danni degli armeni ottomani, che furono uccisi, deportati e torturati. Tra il 1915 e il 1917 morirono 1.400.000 armeni, il 70%. Anche se per la maggior parte degli storici le deportazioni e i massacri commessi contro il popolo armeno corrispondono alla definizione di genocidio, la Turchia ha sempre negato questi crimini e ancora oggi sostiene che le deportazioni erano dovute a questioni di sicurezza nazionale e che gli Armeni erano un gruppo ribelle. Biden è stato il primo Presidente degli Stati Uniti a riconoscere ufficialmente il genocidio armeno. Tutti quelli prima di lui non volevano rovinare le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Turchia, che sono entrambi membri della Nato.
Film e libri per chi volesse approfondire l’argomento:
Genocidio armeno: “La masseria delle allodole" è un film di Paolo e Vittorio Taviani, mentre per chi volesse leggere è consigliato “I quaranta giorni del Mussa Dagh” di Franz Werfel.
Genocidio Ruanda: film "Hotel Ruanda"di Terry George, e come libro "Nonostante la paura" di Jean Paul Habimana
Genocidio ex Jugoslavia : film "Quo vadis Aida?" di Jasmila Žbanić, libro "Diario di Zlata: una bambina racconta Sarajevo sotto le bombe " di Zlata Filipović.
Olocausto
Genocidio del Ruanda
Genocidio degli Armeni
Pillole di storia: cento anni fa moriva Lenin
di Francesco Mesiano, 3H - 21/01/2024
100 anni fa moriva Vladimir Il'ič Ul'janov, rivoluzionario russo e principale autore della rivoluzione d’ottobre, che portò i bolscevichi al potere. Egli nasce nel 1870 a Simbirsk, città, che all’epoca contava 30.000 abitanti, situata nel grande impero zarista, caratterizzato da estrema povertà della popolazione e dispotismo totale. Vladimir nasce da una famiglia borghese, progressista e in contrasto con il regime dello Zar. A seguito della condanna a morte del fratello, accusato di aver cospirato contro l’imperatore, Lenin si avvicina sempre di più al mondo della politica e utilizzerà lo pseudonimo di Lenin. Viene espulso dall’università di Kazan, poi si trasferisce a San Pietroburgo, dove otterrà una laurea in giurisprudenza. Nella capitale russa diventa il capo di un gruppo rivoluzionario marxista, che viene poi disgregato dalla polizia: il 25enne Lenin è mandato in esilio in Siberia, da cui uscirà soltanto 3 anni dopo. Il rivoluzionario, impossibilitato a vivere nelle grandi città dell’impero, decide di trascorrere i seguenti anni tra la Germania e la Svizzera, dove nel 1902 pubblicherà “Che fare?”, libro in cui per la prima volta viene espresso il pensiero leninista.
Nel 1914, a causa dell’assassinio del discendente al trono d’Austria da parte di un anarchico serbo, scoppia la prima guerra mondiale. Essa vede opporsi le potenze della Triplice alleanza e della Triplice intesa, di cui la Russia fa parte. Dopo una lunga fila di sconfitte l'impero russo e la sua popolazione sono stremati, i tedeschi lo sanno bene e inviano Lenin e altri rivoluzionari per dare il colpo di grazia al paese zarista. Nel viaggio sul treno che lo riporta in Russia scrive le famose “Tesi d’aprile” dove afferma la necessità di interrompere la guerra, di distribuire le terre ai contadini e di dare tutto il potere ai soviet (organismi di rappresentanza degli operai e dei contadini). In una Russia disperata i bolscevichi di Lenin prendono il potere e quest’ultimo diventa capo del governo a seguito della rivoluzione d’ottobre del 1917. Il rivoluzionario stipula un trattato di pace con la Triplice alleanza e mette fuori legge gli altri partiti per creare la dittatura del proletariato. I conflitti interni portarono però milioni di morti. Nel 1923 Lenin è colpito da un ictus, che lo uccide il 21 gennaio del 1924, facendo prendere il potere a Joseph Stalin. Il corpo di Lenin è stato imbalsamato ed è divenuto oggetto di culto. Così finisce la storia del rivoluzionario più influente del ‘900.
Le nuove parole della lingua italiana
di Francesco Mesiano, 3H - 15/01/24
Sapete “bro” che “dissing” è stato aggiunto da Zanichelli tra i neologismi del 2024? Ma cos’è un neologismo?
La parola neologismo deriva dal francese néologisme, che a sua volta proviene dal greco néos + logos, ossia “nuova parola”. Un neologismo è un nuovo vocabolo di una lingua la quale cambia anche attraverso di essi.
Di solito sono parole straniere, soprattutto inglesi (si parla in questo caso di “prestiti”), che vengono a far parte della lingua e del dizionario italiano. Alcuni esempi sono: chat, smartphone, selfie, lockdown. Altre volte la parola straniera viene italianizzata, come è successo con bistecca, nata dall’inglese beef steak, o con manichino, adattato dal francese mannequin.
Possono essere anche parole che hanno origine da altre che già esistono e a cui vengono aggiunti ad esempio dei prefissi o dei suffissi come abnormale e asimmetria. Sono invece neologismi semantici quelle parole precedentemente esistenti che assumono ad un certo punto un significato diverso come vocale.
Di solito i neologismi provengono dall’attualità, dalla politica, da nuove tendenze e dal linguaggio di noi giovani.
Nel dizionario Zingarelli di quest’anno sono stati aggiunti più di mille tra parole e modi di dire. Mentre il vocabolario Devoto Oli nella sua ultima edizione ne ha aggiunti 400.
Ecco alcuni esempi molto noti tra noi ragazzi:
-Bro: nel gergo giovanile, appellativo rivolto a un amico o a un compagno fraterni (ehi, bro!)
-Crush: cotta, nel gergo giovanile, infatuazione, sbandata, avere una crush per qualcuno; persona per la quale si prova tale infatuazione: il mio crush / la mia crush.
-Dissing: mancare di rispetto. Nella musica hip-hop e rap, insulto rivolto a un cantante rivale attraverso il testo di una canzone.
-Triggerare: provocare una reazione, in particolare mediante uno stimolo che induce una persona a rivivere una precedente esperienza traumatica.
Di seguito alcuni esempi tratti dall’attualità:
-Me too: movimento che si propone di denunciare le forme di violenza sessuale che si verificano ai danni delle donne in particolare in ambiente lavorativo, e di sensibilizzare l’opinione pubblica perché non si ripetano.
-Freevax: che (o chi) rivendica il diritto alla libertà di scelta opponendosi alla vaccinazione obbligatoria. No vax.
SCUSA, NON TI FOLLOWO! I NEOLOGISMI E LA LINGUA ITALIANA
di Claudia Tazza, 3H - 15/01/24
Il linguaggio non è una struttura rigida e immutabile, ma un sistema aperto che muta e si evolve: plasma il nostro modo di percepire la realtà e da questa è costantemente modificato. I cambiamenti che si verificano nella società, nella sensibilità generale riguardo a determinati temi, i progressi nel mondo scientifico, le nuove forme culturali e le ultime tecnologie creano la necessità di nuove parole per esprimere concetti che prima neanche esistevano: i neologismi. Le lingue, inoltre, si influenzano a vicenda ed è sempre più frequente l’utilizzo comune di alcuni termini mutuati da altre lingue (pensiamo alla parola “chef” usata ormai definitivamente in luogo di “capocuoco”, o “smart working” per indicare il lavoro da remoto) o create ibridando elementi già presenti in italiano (è il caso di “spoilerare”). Questi termini sono chiamati anche forestierismi. In altre occasioni, una parola nuova nasce come invenzione letteraria o come gioco linguistico, oppure anche con fine scherzoso o provocatorio.
Secondo i linguisti Valeria Della Valle e Giovanni Adamo, che hanno pubblicato “Neologismi. Parole nuove dai giornali 2008 – 2018”, edito da Treccani, negli ultimi 15 anni, tra neologismi e forestierismi, sono entrati a far parte del nostro dizionario oltre 3.500 nuovi termini, numero che sta crescendo notevolmente negli ultimi tempi, soprattutto con la grande diffusione dei social media.
Il successo con cui nuove parole entrano (e restano) stabilmente nel lessico dipende da diversi fattori: dalla funzionalità e dal bisogno del neologismo, dalla diffusione del loro uso nei mass media, da quanto siano di moda in determinati sottogruppi della società, ad esempio nelle fasce d’età più giovani.
Esaminiamo ora tre neologismi che sono entrati nel nostro linguaggio quotidiano:
1. PUTINIANO: che si richiama o aderisce all’ideologia e alle politiche di Putin. Presidente della Russia dal 2012, già primo ministro (1999-2000, 2008-2012), iniziò ad articolare un’ideologia di potere, promulgando leggi e utilizzando i suoi discorsi per trasmettere l’adesione a uno specifico sistema di valori, già a partire da 2011. Gli elementi cruciali del putinismo sono il nazionalismo, la religione, il conservatorismo sociale, il capitalismo di stato e il dominio dei media da parte del governo. Sono tutti, in un modo o nell’altro, diversi e ostili ai moderni valori occidentali di diritti individuali, tolleranza, cosmopolitismo e internazionalismo.
2. ME TOO: movimento di denuncia nato nel contesto delle discussioni in corso sulle molestie sessuali di cui sono vittime le donne sul posto di lavoro e non solo. L'hashtag #MeToo è diventato virale per la prima volta su Twitter nel 2017, quando l’attrice Alyssa Milano ha esortato le vittime di abusi sessuali a condividere le loro storie su Twitter in seguito alle accuse di cattiva condotta contro il dirigente di Hollywood Harvey Weinstein. Milano ha scritto: "Se tutte le donne che sono state molestate o aggredite sessualmente scrivessero 'Anch'io' come status, potremmo dare alle persone un’idea della portata del problema”. In pochi giorni, milioni di donne – e alcuni uomini – hanno utilizzato Twitter, Facebook e Instagram per denunciare le molestie e gli abusi che hanno dovuto affrontare nella propria vita. Tra loro c'erano celebrità e personaggi pubblici, così come persone comuni che si sentivano finalmente autorizzate a parlare apertamente. La storia è andata oltre lo specifico; è diventata una conversazione sul comportamento degli uomini nei confronti delle donne e sullo squilibrio di potere tra i generi.
3. TRANSIZIONE ENERGETICA: il passaggio del settore energetico globale dai sistemi di produzione e consumo di energia basati sui fossili – inclusi petrolio, gas naturale e carbone – a fonti di energia rinnovabili come l’eolico e il solare, nonché le batterie agli ioni di litio. Resa possibile dai progressi tecnologici e dalla spinta sociale verso la sostenibilità, la transizione energetica mira anche a ridurre le emissioni di gas serra legate all’energia attraverso varie forme di decarbonizzazione. Si è cominciato infatti a parlare di transizione energetica in seguito alla COP 21, la ventunesima riunione della Conferenza delle parti della Convenzione sui cambiamenti climatici, tenutasi a Parigi nel dicembre 2015, cui hanno partecipato 195 stati insieme a molte organizzazioni internazionali. L’accordo raggiunto il 12 dicembre 2015 (Accordo di Parigi) impegna a mantenere l’innalzamento della temperatura sotto i 2° e – se possibile – sotto 1,5° rispetto ai livelli pre-industriali.
maggio 2023 - n. 5
Giovanni Verga: ricordiamo il grande scrittore
di Agata Foschi, 2B
In ricordo del centenario della morte di Giovanni Verga avvenuta il 27 gennaio del 1922 si è pensato di ricordarlo con un articolo.
Scrittore e drammaturgo catanese, nasce il 2 settembre del 1840 in una famiglia nobile e liberale.
Nel 1854, durante un'epidemia di colera, la famiglia di Verga si rifugia nella campagna di Tebidi. Qui finisce di scrivere il suo primo romanzo Amore e patria che non pubblica mai perché viene considerato immaturo da don Mario Torrisi, il suo insegnante di latino. I ricordi di questo periodo sono di ispirazione per molte delle sue novelle, come Cavalleria rusticana, Jeli il pastore e il romanzo Mastro don-Gesualdo.
Nel 1858 il padre lo fa iscrivere alla Facoltà di Legge a Catania, che lui abbandona poco dopo perché vuole dedicarsi di più alla scrittura. Con i soldi che il padre gli dà per lo studio, pubblica I Carbonari della montagna.
Nel 1860, con lo sbarco di Garibaldi a Catania, si arruola nella Guardia Nazionale. Collabora alla rivista L’Italia contemporanea pubblicando una novella e il primo capitolo di un racconto realista.
Nel 1869 muore l’amato padre e così si trasferisce a Firenze: qui conosce il suo futuro amico Luigi Capuana e scrive la commedia Nuovi tartufi che presenta al concorso drammatico governativo. Un anno dopo scrive Storia di una capinera, che narra di una giovane costretta a farsi monaca.
Nel 1872 si trasferisce a Milano dove resta per vent’anni, con brevi ritorni a Catania. Qui conosce gli scrittori della Scapigliatura, un movimento artistico dove scrittori, artisti, musicisti e scultori vogliono opporsi ai borghesi ed esaltare la libertà individuale rifiutando ogni norma sociale. Rincontra anche Capuana che lo introduce al Naturalismo francese. In questi anni scrive i romanzi Eva, Eros e Tigre reale. Nel 1874 scrive la sua prima novella verista Nedda, dove narra le vicende di una raccoglitrice di olive e delle sue sventure.
Nel 1878 scrive la novella Rosso Malpelo, dove racconta con oggettività la durezza del lavoro minorile nelle cave di sabbia in Sicilia. Rosso Malpelo viene inserito nella raccolta di novelle Vita dei campi insieme a Cavalleria rusticana, che narra la sfortunata storia sentimentale di un contadino siciliano. Poco tempo dopo conosce Giselda Fojanesi con la quale ha una relazione e da cui prende ispirazione per scrivere Di là del mare, novella epilogo delle Rusticane.
Nel 1881 scrive uno dei suoi romanzi più famosi I Malavoglia, che apre il Ciclo dei Vinti. Questo romanzo racconta di una famiglia di pescatori siciliani colpiti da una serie di disgrazie che distruggono il loro mondo e li separano.
Nel 1884, durante un viaggio a Parigi, incontra Emile Zola e Edmond de Goncourt, esponenti del Naturalismo francese. Dopo il ritorno in Italia, con la pubblicazione della redazione di Vagabondaggio e Mondo piccino, si conclude la prima fase di stesura di Mastro don-Gesualdo, un altro suo capolavoro, che qualche anno dopo viene pubblicato sulla rivista letteraria Nuova Antologia. Mastro don-Gesualdo, che fa parte anche del Ciclo dei Vinti, racconta l’ascesa sociale di un muratore che diventa ricco ma vede disgregarsi gli affetti familiari e muore solo. I successi di Mastro don-Gesualdo non alleviano la crisi dello scrittore che interrompe il suo programma letterario. Il romanzo La duchessa di Leyra, che fa sempre parte del Ciclo dei Vinti, viene solo abbozzato nel periodo del definitivo rientro a Catania dello scrittore nel 1890. In questi anni lo scrittore manifesta un significativo rallentamento e allontanamento dalla scrittura.
Nel Ciclo dei Vinti Verga vuole rappresentare la lotta per il riscatto sociale nei diversi ceti della società durante il cammino verso il progresso che trascina via con sé i vinti, cioè coloro che non riescono a stare al passo dei tempi. Questo ciclo dovrebbe comporsi di cinque romanzi ma lo scrittore ne scrive solo due completi, I Malavoglia e Mastro don-Gesualdo; La duchessa di Leyra resta abbozzata e gli altri due racconti non saranno nemmeno iniziati.
Nel 1920 viene nominato senatore a vita ma muore due anni dopo a Catania per trombosi cerebrale, il 27 gennaio 1922.
Prima che Giovanni Verga diventi un esponente della corrente verista, scrive romanzi più vicini alla letteratura di moda dell’epoca: per esempio quelli patriottici, che emergono nei suoi primi romanzi, come Amore e patria. Scrive anche romanzi mondani quando si reca a Firenze e Milano descrivendo l’ambiente che lo circonda e l’influsso distruttivo della mondanità per opera di una donna, come in Eva.
Il contatto di Verga con le realtà delle città provoca in lui un ritorno alle sue radici. La conversione al mondo siciliano e al Verismo nasce da vari fattori: la nostalgia della Sicilia, la scoperta del naturalismo francese, la diffidenza verso il romanticismo e l’insoddisfazione per la frivolezza degli ambienti mondani. Nedda è la prima novella in cui Verga ritorna al mondo siciliano.
Per questi suoi racconti sceglie di usare una scrittura oggettiva, priva di opinioni e sentimenti. Usa la poetica dell’impersonalità, guardando il mondo da una certa distanza per restituirne la verità nuda e cruda. Ma questo non impedisce allo scrittore di calarsi nell’animo e nelle vicende dei personaggi.
Alla base del Verismo di Verga c’è il Naturalismo francese: quest'ultimo mette al centro della storia la realtà popolare. Emile Zola è uno dei principali esponenti del Naturalismo francese; per descrivere i fatti riproduce il punto di vista dell’autore ed esprime i suoi giudizi. Emile Zola giudica e commenta i fatti, perciò crede che la letteratura possa cambiare la realtà, mentre Giovanni Verga è pessimista e crede che la realtà sia immodificabile.
Per concludere cito una delle frasi più famose di Verga: “Siamo degli umili fiorellini avvezzi alla dolce tutela della stufa, che l’aria libera uccide.”
L'emancipazione femminile
Classe 2E
Ricerche: Martina Laoreti, Greta Pezzot, Rebecca Minischetti, Benedetta Sabatini
Digitale: Federica Biscari, Benedetta Sabatini, Martina Laoreti, Greta Pezzot
Collaboratori: Riccardo Cenviti, Leonard Sebastian, Corbu
Emmeline Pankhurst
Emilie Gourd
marzo - aprile 2023 - n. 4
La giornata mondiale della poesia
di Mheg Gillian Masagcay, 2H
Il 21 marzo di ogni anno si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale della Poesia, è una data istituita dall’Unesco nel 1999 per celebrare una delle “forme di espressione e identità culturale e linguistica più preziose dell’umanità”.
Questa ricorrenza ha lo scopo di valorizzare la produzione poetica e non dimenticare l’importanza della poesia.
Poesia nel dizionario viene definita come l’arte e la tecnica di esprimersi in versi, idee, emozioni, fantasie e tutti i sentimenti possibili. Certamente la poesia è anche questo, ma per ciascuno di noi uno stesso verso può assumere significati diversi: può esprimere un’emozione che ha provocato un’estasi, un’angoscia che ci ha sopraffatto, catturare le sensazioni e conoscerle più a fondo, diluire un dolore o prolungare un piacere. La poesia, insomma, è la massima capacità di dialogo ed è nata prima della scrittura: prima i versi erano tramandati oralmente, solo molto tempo più tardi, a seguito dell’invenzione della scrittura, parola è stata messa su carta.
Per celebrare la giornata della poesia, la De Filis propone alcuni componimenti degli studenti.
La frescura del mattino
di Nermine Kabbouri, 2B
Il freddo che mi attraversa ,
lasciandomi dispersa,
gente chiusa nelle proprie case serrate,
e io che apro le serrande
il freddo che mi congela ,
il sole che mi scongela,
un misto che mi fa brillare ,
non lasciandomi mollare,
la frescura del mattino che mi lascia sconvolta,
come quella dell’amore e della felicità a sua volta.
Pioggia
di Agata Foschi, 2B
Pioggia, che sei lì che cadi,
fuori dalle finestre con la tua leggerezza,
ogni goccia è un pensiero che entra nella mia testa.
Pioggia, così malinconica e bella,
con quel tuo sospiro così leggero,
con quel tuo odore così morbido,
Ogni goccia è un brutto pensiero
che se ne va dalla mia mente.
Ogni goccia che sento sulla mia mano
è un pensiero bello che entra dentro di me.
maggio 2022 - n. 5
Questo è un progetto che la classe 1E ha voluto realizzare dopo aver riflettuto sugli sbagli dell’umanità esprimendo i nostri pensieri e condividendoli con gli altri.
Vogliamo far capire a tutti che anche noi abbiamo qualcosa da dire e che vogliamo cambiare questo mondo che tutti pensano perfetto perché non riescono a vedere le sofferenze degli altri ma solo le proprie.
Il mondo che vorrei
classe 1E
Vorrei che le persone di colore non venissero discriminate,
vorrei che la diversità fosse considerata una cosa bella,
vorrei essere accettato per quello che sono,
vorrei non dover cambiare per piacere agli altri.
Vorrei che ognuno avesse la possibilità di dire la propria parola,
vorrei la libertà di scegliere quello che fare,
vorrei che il bullismo non esistesse,
vorrei che il razzismo finisse.
Vorrei che non ci fosse la guerra,
vorrei che i dinosauri ripopolassero la Terra,
vorrei che il covid sparisse,
vorrei non esistessero più le malattie,
vorrei la pace nel mondo.
Vorrei essere il ragazzo più intelligente, forte e bello del Pianeta,
vorrei che i miei compagni di classe mi amassero di più,
vorrei avere i superpoteri.
Vorrei mangiare tutto senza che niente mi faccia male,
vorrei essere un veterinario,
vorrei sembrare una ragazza e non una bambina,
vorrei essere alta.
Vorrei che i diritti delle persone fossero rispettati,
vorrei che tutti avessero le stesse opportunità senza preferenze di sesso, di età, di religione, di provenienza,
vorrei poter ospitare famiglie che scappano dalla guerra,
vorrei far capire a tante persone l’importanza della libertà.
Vorrei giustizia in questo mondo,
vorrei il rispetto reciproco,
vorrei che la gente capisse quanta poca importanza ha il colore della pelle.
Vorrei che la scuola finisse,
vorrei che nessuno giudicasse,
vorrei che la mafia sparisse,
vorrei che tutti avessero la possibilità di ribellarsi,
vorrei un mondo migliore.
23 maggio 2021 - n. 4
Testimonianze dalla WebRadio della scuola
di Giulia Pennacchioli e Valentina Fiorelli, 3E
La nostra esperienza alla radio è iniziata l'anno scorso, mentre frequentavamo la seconda media. La proposta di partecipare alla redazione è avvenuta dalla nostra Professoressa di inglese, Susanna Vianello.
Lei ci ha selezionati perché in noi ha visto delle potenzialità, oltre alla voglia e alla necessità di confrontarci con altre persone.
Questa necessità di fare radio è aumentata soprattutto quando nelle nostre vite è arrivato il virus del Covid-19 tanto da voler trasmettere una sezione dedicata alla “Scuola al tempo del Covid”.
Noi giornalisti della redazione abbiamo scritto un copione proprio su questo argomento e sul periodo difficile che stavamo affrontando. Confrontandoci, abbiamo fatto domande, condiviso pensieri e anche paure con persone più grandi di noi ed esperti. In quel momento è stato di fondamentale importanza riuscire a condividere in radio quel terribile momento, in quanto la radio ha dato a tutti noi la possibilità di esprimersi e capire meglio il COVID-19.
Perché la web radio a scuola.
di Paolo Temperoni e Martina Vespasiani, 3E
La “De Filis Web Radio” è la radio scolastica del nostro Istituto. Una domanda ci sorge spontanea: “Perché la radio viene ritenuta necessaria all’interno del circuito scolastico-educativo?”
Potremmo accennare alla sua tecnologia quella che, essendo un apparecchio, trasmette onde elettromagnetiche attraverso campi di elettricità. Ma di sicuro a voi non potrà interessare questa spiegazione.
Piuttosto, sarete curiosi di sapere che la radio esiste già dagli anni Trenta. Inizialmente era stata creata per scopi bellici, ma alla fine della Prima e poi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si iniziò a trasmettere anche musica. Ma questo come può aiutarci nell’ambito scolastico? Le risposte possono essere ancora molte, ma tutte racchiudono un unico e fondamentale concetto; ovvero quello legato alla sua capacità di comunicazione di massa in tempo reale.
La Radio rappresenta un potente strumento didattico ed espressivo, sia per insegnanti, sia per noi alunni; la redazione scolastica è sempre pronta ad accogliere i ragazzi che vogliono intraprendere un viaggio in questo mondo.
L’elemento fondamentale è che “in radio” non ci sono preferenze, più domande si pongono, più si rendono felici i nostri giovani giornalisti. Oramai noi siamo in terza media, il nostro viaggio in questa scuola è terminato, ma in noi resterà sempre viva questa importante esperienza nella Radio all’interno della De Filis.
Inoltre siamo certi che lasceremo un segno che darà la voglia alle classi che verranno di formare la prossima troupe di redattori.
Di cosa si parla alla radio?
di Eva Marceddu e Chiara Giordano, 3E
Le trasmissioni affrontano ogni volta argomenti specifici o avvenimenti particolari. Ciò che viene raccontato dalla redazione della radio, talvolta, sono curiosità descritte accuratamente, al solo scopo di divertire gli ascoltatori. Un esempio è senz’altro la trasmissione organizzata nel periodo natalizio, andata in onda grazie alla partecipazione di professori ed alunni appartenenti ad altre classi.
Nell’ultimo anno, purtroppo, siamo stati costretti a fare i nostri incontri online a causa del Covid-19 ma nonostante questo, la radio ci ha dato la possibilità di invitare ospiti e ritrovare in ogni nostra trasmissione diversi docenti e soprattutto la Dirigente scolastica. Anche i nuovi studenti entrati da poco nell’istituto hanno offerto il loro contributo dimostrando grande impegno e voglia di confrontarsi con gli altri. Noi siamo orgogliosi di aver fatto parte di questo importante progetto che ha visto partecipare anche BARBARA MARCHAND.
Barbara Marchand
la Redazione della WebRadio
Barbara Marchand nasce il 22 giugno 1946 nel Principato di Monaco, è stata una conduttrice radiofonica italiana. Dopo gli studi classici e una laurea in Lettere, inizia la sua carriera radiofonica dalle antenne di Radio Monte Carlo come conduttrice dei programmi in lingua italo-francese nel 1966. La sua esperienza radiofonica si estende alle trasmissioni esclusivamente in lingua francese, sua lingua madre, sulle Onde Lunghe della stessa Radio Monte Carlo. Nel 1977 e '78 conduce sulle reti Rai “Giochi sotto l'albero” e “Questa pazza pazza neve” al fianco di Ettore Andenna.
Barbara Marchand è stata un Mentore per noi giovani giornalisti alle prime armi, e lo è stato in particolar modo nella prima media. I suoi suggerimenti, le sue parole e le sue critiche costruttive ci hanno reso i conduttori radiofonici di oggi. Sempre Barbara, ha assistito ad ogni nostra trasmissione, in particolare le prime, dove eravamo in presenza.
Ringrazieremo sempre l’Istituto De Filis per questa esperienza che ci auguriamo possano vivere altri studenti e soprattutto, ringraziamo la Prof.ssa Vianello, che ci ha dato l’ opportunità, di conoscere lo stimolante mondo della Radio.
febbraio 2021 - n. 2
Il femminismo
di Giulia Francesca Breban, 3H
Guarda il videosaggio per capire meglio cos'è il femminismo e scoprire una piccola parte della sua storia.
gennaio 2021 - n. 1
Tesla: lo scienziato pazzo del '900.
di Gian Marco Falilò, 3B
La Belle époque
di Denise Kaibigan, 3B