Sehajdeep Kaur, 2H - gennaio 2025
La tartaruga di Hawksbill proviene dalle regioni tropicali e vive negli oceani Atlantico, Indiano e Pacifico.
Questa splendida creatura è in pericolo per la pesca fantasma (dovuta a reti abbandonate in mare), per la cattura accessoria (quella che cattura in modo indiscriminato anche animali non utilizzabili a fini commerciali), per l’inquinamento da plastica e detriti marini secondo le stime dell'IUCN (Unione Mondiale della conservazione della natura).
Aspetto fisico
La tartaruga è caratterizzata da piccole chiazze nere, il suo guscio è uno scudo a forma di cuore di colore marrone-giallastro; la testa è piccola, con un collo abbastanza lungo e un becco simile a quello di un falco.
Le zampe anteriori sono larghe con unghie molto appuntite. Questa tartaruga è tra le più piccole delle sette specie di tartarughe marine; si stima che possa vivere tra i 30 e i 50 anni anche se, per mancanza di dati, non si conosce l'età esatta che possono raggiungere in natura.
Le tartarughe embricate marine, riconosciute come seriamente minacciate, aiutano il sostentamento delle barriere coralline e contribuiscono a mantenere l'ecosistema marino; restano nei pressi delle coste e preferiscono vivere in acque tropicali.
Depongono dalle 60 alle 200 uova nella stagione della covata, durante la quale scelgono un luogo, scavano una buca per deporre le uova e tornano in mare una volta che hanno coperto le uova di sabbia.
di Anna Casali, 1B - 29/04/2024
Il panda rosso è un mammifero carnivoro. Ѐ di dimensioni paragonabili a quelle di un grosso gatto, ha la pelliccia lunga e soffice, marrone-rossiccia nelle parti superiori e nera nelle parti inferiori; il muso è chiaro.
Il panda rosso vive maggiormente nelle foreste asiatiche, mangia soprattutto bamboo ma si nutre anche di frutta, foglie, radici o piccoli insetti.
Come tanti altri animali si sta estinguendo perché l’uomo distrugge sempre di più il suo habitat tra gli alberi; la deforestazione per costruire strade è una delle cause, ma anche il cambiamento del clima che, per il benessere del panda deve essere tra i 10 e i 35° C.
Sono rimasti 1900 panda rossi e la metà vive nei posti protetti.
di Sophia Magallanes, 2H
Che cos’è?
L’isola di plastica è un ammasso di rifiuti che si è accumulato dagli anni 80, si sposta lungo il Pacifico seguendo le correnti e la sua dimensione attuale è di circa 700000 km2 (grande quanto la penisola iberica); è composta per la maggior parte da rifiuti leggeri ma non tutti i rifiuti sono sufficientemente leggeri per rimanere in superficie, infatti, quelli più pesanti finiscono in fondo al mare. Nel 1988 è stato pubblicato un documento da parte della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) che prediceva la grande chiazza di rifiuti, purtroppo l’ammasso di immondizia si è ingrandito con il passare del tempo fino a raggiungere le sue attuali dimensioni.
Quali sono i rischi…
La plastica impiega centinaia di anni per decomporsi; la sua degradazione (e anche quella degli altri rifiuti che compongono l’isola di plastica) forma le microplastiche, cioè dei nuovi elementi inquinanti; queste particelle possono essere ingerite dagli animali marini causando la morte di questi ultimi e causare gravi problemi nella catena alimentare, quindi anche all’uomo.
Come rimediare…
Ormai la plastica si trova ovunque dispersa in natura, solo una piccola parte di tutta la plastica che utilizziamo viene riciclata correttamente, il resto finisce nelle discariche, ma soprattutto in mare e nei corsi d’acqua. Nel nostro piccolo possiamo evitare che altri rifiuti e plastica si aggiungano alla grande isola del Pacifico, ogni pezzetto di plastica conta! Un grande esempio è Boyan Slat, un ragazzo olandese con un grande sogno: ripulire l’oceano senza compromettere la salute degli animali marini. Lui ha fondato l’Ocean Cleanup e ha progettato una serie di tubi galleggianti che con l’aiuto delle maree è in grado di ripulire il mare dai rifiuti in maniera autonoma.
Grazie a persone come lui il sogno di un mare pulito è sempre più vicino.
Altre isole di plastica…
Oltre alla Great Pacific Garbage Patch (Grande chiazza di rifiuti del Pacifico) ci sono altre cinque grandi isole di plastica: la South Pacific Garbage Patch; la North Atlantic Garbage Patch; la South Atlantic Garbage Patch; la Indian Ocean Garbage Patch; la Artic Garbage Patch.
di Sophia Magallanes, 2H - 19/02/2024
Che cosa sono le centrali mareomotrici? Le centrali mareomotrici sono degli impianti dai quali si può ricavare energia rinnovabile. Dipendono, come si può dedurre dal nome, dalle maree, cioè le variazioni nel livello del mare e sono dei sistemi a barriera che sfruttano l’energia cinetica che è contenuta nelle correnti. Generalmente vengono costruite lungo i fiumi o in mare aperto.
Come funziona una centrale mareomotrice?
Le centrali mareomotrici riescono a spostare grandi masse d’acqua grazie a sistemi chiamati “sistemi a barriera”: quando la marea è alta, l’acqua si deposita in grandi bacini, quando invece la marea è bassa, l’acqua esce dai bacini tramite delle condotte. All’interno delle condotte si trovano delle turbine che sono collegate a generatori elettrici. Dal flusso che si trova in un condotto, si possono ricavare circa 3kW.
Che cos’è l’energia mareomotrice?
L’energia che si ricava dalle centrali mareomotrici è rinnovabile e nota fin dall’antichità, veniva utilizzata ad esempio nei “mulini a marea”, antichi mulini che venivano posizionati sulla riva di uno specchio d’acqua. Per produrre l’energia mareomotrice si sfrutta l’attrazione gravitazionale della luna che provoca appunto le maree, necessarie per ricavare questo tipo di energia.
Centrali mareomotrici nel mondo …
Le centrali mareomotrici più conosciute sono: la Rance in Francia, l’Annapolis in Canada, la Jianxia in Cina, la Kislaya Guba in Russia, l’Uldolmok in Sud Corea. La prima centrale fra queste a essere costruita è stata la Rance (1966).
Svantaggi di una centrale mareomotrice …
Tra gli svantaggi che comporta la costruzione di una centrale mareomotrice, possiamo elencare gli alti costi di realizzazione e la difficoltà di trovare una zona adatta per costruire questi tipi di impianti.
di Pierpaolo Aldini, 2H - 15/01/23
Le tartarughe di terra, animali che vengono dal nord Africa, stanno creando un problema in alcuni paesi europei a causa dell’alto tasso di abbandoni; l’allarme arriva da un gruppo di scienziati in Polonia.
Le tartarughe di terra sono quelle che creano problemi perché quelle d’acqua crescono al massimo 13 cm mentre quelle di terra crescono fino a 25 cm e sono più difficili da mantenere; inoltre vivono molto di più, circa 30 anni rispetto a quelle d’acqua che ne vivono al massimo 10.
Le persone comprano queste tartarughe nei pet shop per 15 euro senza farsi problemi visto che costano poco perché da cucciole sono lunghe 4\5 cm, poi quando crescono le abbandonano nei parchi o nei laghi. Un esempio è il parco Iris a Padova.
La specie di tartaruga più comunemente abbandonata è la tartaruga dalle orecchie rosse.
Il problema è che le tartarughe si riproducono molto in fretta e iniziano ad adattarsi distruggendo l’ecosistema intorno a loro; inoltre le tartarughe se non vaccinate possono portare malattie e, mano a mano, stanno diventando sempre più aggressive nei confronti degli animali del posto ma anche dell'uomo che corre il rischio di essere morso e infettato.
Per risolvere questo problema l’Europa ha imposto di vendere le tartarughe di terra a prezzi più alti, dai 70 agli 80 euro e in più si deve firmare un contratto che dimostra il possesso di questo animale.
Inoltre ci sono dei posti dove poter lasciare le tartarughe legalmente, come un lago a Rubano sotto la protezione di un gruppo di persone che le accudiscono; un altro luogo è un vero e proprio rifugio in Toscana.
Esistono anche della norme che proteggono le tartarughe di terra
la Convenzione di Washington (CITES), firmata nel 1973 da 77 paesi tra cui l’Italia, riguarda il commercio delle specie animali e vegetali a rischio di estinzione. Vi sono inserite tutte le specie la cui sopravvivenza in natura è gravemente minacciata, di cui è vietata la vendita
regole stabilite dalle singole nazioni per le specie residenti sul proprio territorio.
Infine sono stati ratificati dalla Comunità Europea quattro allegati che comprendono piccole modifiche, come per esempio la possibilità di acquistare esemplari gravemente minacciati se però nati in cattività.
Foto di Maria Isabella Bernotti da Pexels
maggio 2023 - n. 5
di Giulia Sbrenna, 3F
La plastica è uno dei materiali più comuni, perché è più economica rispetto agli altri materiali poi è anche leggera, flessibile e resistente ed infine ha delle ottime proprietà termiche, elettriche e chimiche. La plastica inquina sia durante la sua produzione sia quando viene smaltita in modo scorretto. La plastica si ottiene lavorando i “monomeri”, sostanze chimiche semplici ricavate dall’estrazione del petrolio e del metano, che vengono uniti tra di loro creando una lunga catena chiamata polimero (vedi schema 1).
La presenza di molte catene polimeriche che si intrecciano e si aggrovigliano tra loro crea un materiale plastico e molto resistente, a cui verranno aggiunte altre sostanze in base alle caratteristiche che si vorranno ottenere. La produzione di plastica richiede meno energia rispetto a quella della carta o del vetro, ma il problema è il comportamento dell'uomo, che abbandona bottiglie, sacchetti e rifiuti di plastica nell’ambiente, inquinandolo e devastandolo. La plastica rappresenta il pericolo più grande quando arriva in mare poiché le creature marine potrebbero ingerirla, e indirettamente, mangiando pesce, anche l’essere umano ingerisce plastica. Il consiglio è di gettare i rifiuti negli appositi contenitori della raccolta differenziata.
Con lo scopo di ridurre l’inquinamento da plastica è stato prodotto, presso il laboratorio De Filis, un materiale che imita le sue prestazioni e non inquina poiché fatto puramente di materiali biologici. Tale materiale si chiama bioplastica, non deriva dal petrolio ed è facilmente degradabile. La bioplastica è del tutto simile alla plastica tradizionale riguardo la leggerezza e la resistenza ma, a differenza di quest’ultima, si dissolve nell’ambiente in 4/5 anni. Di seguito è riportata la procedura. Gli ingredienti utilizzati sono:
foglio di gelatina (colla di pesce), miele, amido di mais, acqua, coloranti alimentari, olio essenziale, un pentolino da cucina, bilancia, cucchiaino, dosatore, riscaldatore o fornello da cucina e stampi.
Si ammorbidisce il foglio di gelatina nel pentolino aggiungendo acqua e mescolando con cura, si inseriscono l’amido di mais e il miele e si scalda il preparato sulla fiamma. Si mescola finché la soluzione non si addensa, si aggiunge olio essenziale e colorante e si versa il tutto nello stampo. Si lascia asciugare il preparato per 48h e poi si rimuove dallo stampo. Abbiamo provato anche con un'altra ricetta, i procedimenti sono gli stessi ma ciò che cambia sono gli ingredienti. Infatti al posto della colla di pesce c’è la glicerina e al posto del miele si utilizza l’aceto. Nella figura 1 si mostrano i risultati ottenuti con le due procedure. La bioplastica a base di aceto risulta più malleabile e ovviamente fragile (in figura bioplastica blu); invece la bioplastica a base di gelatina risulta più dura, compatta e resistente (in figura bioplastica viola).
Figura 1
di Giulia Sbrenna, 3F
Qualche giorno fa, a scuola, abbiamo fatto un esperimento creando sapone fatto a mano.
Gli ingredienti che abbiamo utilizzato sono: olio di oliva, soda caustica, acqua, olio essenziale, essenze varie. Gli strumenti necessari sono: contenitori, frullatore minipimer, guanti e occhiali, bilancia, spatola, bacchetta di vetro e stampi in plastica.
Il primo step consiste nel pesare in un contenitore di plastica alto e stretto 250 grammi di olio di oliva. Usando una spatola, bisogna pesare 32 grammi di soda caustica in un becher di vetro e in un altro 75 grammi di acqua.
In seguito versare tutta la soda caustica nel becher contenente acqua (non versare mai l’acqua nella soda caustica!) e sciogliere bene mescolando con una bacchetta di vetro. Il becher inizierà a scaldarsi.
Versare la soluzione di soda caustica nel contenitore dove precedentemente era stato pesato l’olio e mescolare bene con il frullatore ad immersione finché la soluzione non diventerà una crema densa. Per arrivare a quest’ultimo risultato si impiegheranno circa 10 minuti. Quando la soluzione si inizia ad addensare, aggiungere l’olio essenziale e le varie componenti profumate. Mescolare con il frullatore per altri 2 minuti.
Versare la soluzione ottenuta in uno stampo, coprire con un panno e lasciar solidificare per almeno 24 ore in un luogo fresco e asciutto.
Dopo 24-48 ore rimuovere il sapone dallo stampo e lasciarlo stagionare per 30-40 giorni. In questo modo il processo di saponificazione si completa e si rilascia l’acqua residua, rendendo la saponetta più efficace all’utilizzo.
di Agata Foschi, 2B
La parola equinozio deriva dal latino aequinoctium, che significa “notte uguale”. Infatti, in tutti e due gli equinozi (primavera e autunno) la durata del giorno è uguale a quella della notte perché i raggi solari raggiungono la terra in modo perpendicolare rispetto all’asse di rotazione terrestre. Inoltre, solo durante gli equinozi il sole sorge precisamente a Est e tramonta precisamente a Ovest.
Quest’anno l’equinozio di primavera è stato il 20 marzo alle ore 21.24.
Durante gli ultimi anni, infatti, la data dell’equinozio di primavera è caduta spesso il 20 marzo anche se un tempo cadeva il 21. La data convenzionale dell’inizio della primavera è comunque il 21 marzo. L’equinozio di primavera è anche chiamato equinozio di Marzo, punto dell’Ariete o punto gamma. Dopo l’equinozio di primavera i giorni si allungano fino al solstizio d’estate e il sole tramonta sempre più a Nord-Ovest.
Dal 2044, però, l’equinozio di primavera potrebbe cadere addirittura il 19 marzo a causa dei giorni bisestili del calendario gregoriano che non coincidono con l’anno siderale. Il calendario gregoriano (o anno solare) dura 365, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi, mentre l’anno siderale è il tempo in cui la terra compie una rivoluzione completa intorno al Sole e dura 365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 9,5 secondi.
La differenza temporale tra i due calendari è pareggiata dall’anno bisestile.
L’equinozio d’autunno cade invece sei mesi più tardi di quello primaverile, cioè il 22 settembre alle ore 19.21, a causa di un rallentamento del moto di rivoluzione della Terra. L’equinozio d’autunno è chiamato anche equinozio di Settembre, punto della Bilancia o punto omega.
Oltre agli equinozi esistono i solstizi, che si verificano quando i raggi del Sole risultano perpendicolari a un parallelo terrestre e si raggiungono il massimo o il minimo delle ore di Sole.
Esistono due solstizi: quello d’estate e quello d’inverno.
Non esistono solo gli equinozi terrestri, ma anche quelli “alieni”: sono gli equinozi che avvengono su altri pianeti, in particolare Marte, Saturno e Urano.
Su Marte le stagioni sono più lunghe e fredde rispetto alla Terra.
Su Urano l’asse di rotazione giace sul piano dell’orbita con un’alternanza dei poli ogni 40 anni. Per finire, su Saturno gli equinozi si verificano ogni 15 anni terrestri.
marzo - aprile 2023 - n. 4
di Alessandro Scardaoni, 3G
Negli ultimi tempi il nome di Andrew Tate è stato al centro dell’attenzione mediatica. Questi, 3 volte campione mondiale di kickboxing, terminata la sua carriera sul ring, ha poi deciso di intraprendere quella di influencer grazie ai suoi corsi online. Tuttavia, per i suoi contenuti anticonformisti, discriminatori e violenti nei confronti delle donne, presenti in molti dei suoi video postati, è stato bandito dai social media. Infine, grazie anche ad una discussione online con la giovane attivista Greta Thunberg, che si è sempre opposta al cambiamento climatico causato dall’inquinamento dell’uomo, Tate è stato anche arrestato.
Andrew aveva provocato la giovane ragazza su twitter sbandierando l’inquinamento ambientale delle proprie 33 auto. La risposta della Thunberg non si è fatta attendere e tra i due ci sono stati diversi scambi di post in cui si sono attaccati a vicenda, fino ad arrivare all’ultimo post di Tate nel quale lui avrebbe punzecchiato la Thunberg evidenziando la produzione di anidride carbonica del suo sigaro. Mentre ne parlava è arrivata la pizza poco prima ordinata e, senza interrompere la conversazione, ha poggiato il cartone davanti allo schermo, una scelta che ha finito per cambiare la sua vita: lì sopra c’era, infatti, scritto il suo indirizzo di casa e, avendo già a suo carico accuse per aver rapito e sfruttato delle donne per creare contenuti pornografici, è stato arrestato. Al momento, benché le accuse non siano state provate, è ancora in stato di arresto.
Il cartone della pizza è stato un elemento molto importante perché fino a quel momento nessuno sapeva dove l’ex kickboxer vivesse.
La Thunberg, a seguito del suo arresto non ha risparmiato il suo ultimo commento social scrivendo: “Questo è quello che succede quando non ricicli le scatole della pizza”.
Potremmo concludere dicendo: “chi di social ferisce, di social perisce”.
febbraio 2023 - n. 3
di Pierpaolo Aldini, 1H
L’inquinamento è un’alterazione o la contaminazione dell’ambiente a causa delle attività dell’uomo. L’inquinamento può agire in vari biomi: nell’aria dipende da vari fattori tra cui gli scarichi degli aerei o lo smog delle macchine.
Nella terra, è dovuto anche alle sostanze chimiche rilasciate dalle industrie e dall’ agricoltura.
Nell’acqua, dipende da vari fattori: è pericoloso per noi ma anche per gli animali marini tipo le tartarughe che mangiano le buste di plastica scambiandole per meduse. I pezzi di plastica possono restare nella gola degli animali, ostruire il tratto digerente, e di conseguenza bloccare le vie respiratorie e impedire l'assunzione di cibo. Ad esempio le foche, vedendo le reti di plastica, ci si intrufolano dentro e rimangono incastrate, ma anche i pesci di qualsiasi tipo o specie mangiano i rifiuti; noi ingeriamo gli stessi rifiuti quando mangiamo quei pesci.
Se non smaltiamo i rifiuti a regola d’arte, inoltre, più di un camion di immondizia arriva in mare tra scarpe e bottiglie. Ogni anno si stima che finiscano in mare dai 4,8 ai 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici; una regione critica in tal senso è il Sud-est asiatico. Sempre secondo le stime, nei mari sono finiti già complessivamente almeno 86 milioni di tonnellate di plastica di cui una buona parte si è depositata sui fondali. Nelle acque e negli oceani si trovano anche le microplastiche, che derivano dall'abrasione degli pneumatici, dal lavaggio di tessuti sintetici o dalla disintegrazione di rifiuti plastici
Le isole di plastica
Ogni anno, nel mondo, milioni di tonnellate di rifiuti per lo più plastici, finiscono in mare. Spinti dalle correnti, vanno a concentrarsi in determinate zone dove rimangono intrappolati in vortici acquatici, andando a creare dei veri e propri accumuli, conosciuti anche come isole di plastica. Non si tratta certo di vere terre emerse o di superfici calpestabili, ma di un concentrato di rifiuti e detriti così denso ed esteso da sembrare un’isola. Negli oceani di tutto il mondo esistono svariate di queste isole, di varia dimensione e la loro estensione non fa che aumentare. Una delle tante “isole” si trova nell’ oceano Pacifico ed è tra le più grandi: misura 10 milioni di km² più o meno come il Canada .L’inquinamento e la concentrazione di rifiuti non si fermano alla superficie marina, ma sono diffusi per tutta la profondità sottostante, spesso fino ai fondali. Gli oceanografi e gli ecologisti stimano che, in realtà, il 70% dei rifiuti in mare affondi e vada verso i fondali, il che rende la problematica molto più estesa di quanto già non si pensasse. Vista la gravità del problema per la salute dell’uomo e di tutto il pianeta, è importante che ognuno di noi debba impegnarsi a ridurre il consumo di plastica e riciclare bene, per far sì che le plastiche in mare non aumentino. Inoltre i governi, insieme alle associazioni ambientaliste, dovrebbero migliorare l’impegno per la sensibilizzazione dei cittadini e nella bonifica delle isole di plastica.
gennaio 2023 - n. 2
di Somaya Boudaas, 1A
La deforestazione è la distruzione definitiva delle foreste al fine di utilizzare il terreno o il legno degli alberi. Molti pensano che gli incendi boschivi e le infestazioni da parte degli insetti siano una deforestazione ma si sbagliano poiché gli alberi ricresceranno. Le principali cause di deforestazione sono:
i circa 640 milioni di alberi che corrispondono alla carta che viene buttata ogni anno
la sovrappopolazione che costringe all'utilizzo di più terreno principalmente per costruire le abitazioni
l'espansione agricola e l'allevamento di bestiame. Una domanda crescente di prodotti come olio di palma e semi di soia sta spingendo i produttori a sfruttare le foreste a un ritmo snervante. Gli agricoltori spesso liberano la terra per il bestiame usando tecniche di taglio e bruciatura.
Ovviamente ci sono anche delle conseguenze tra cui l'aumento dell’anidride carbonica poichè gli alberi trattengono la CO2 e liberano l'ossigeno ma ovviamente venendo tagliati questo processo non è più possibile. L’aumento di anidride carbonica non solo è pericoloso per la salute umana ma anche per quella dei mari e delle loro specie perchè i mari stanno diventando sempre più acidi. Un altro rischio è quello delle frane visto che gli alberi con le proprie radici trattengono il terreno.
Ovviamente esistono anche dei rimedi a questi problemi:
Ridurre l'utilizzo di carta. Si consiglia soprattutto di diminuire l'uso della carta igienica e di fare le stampe su entrambi i lati di un foglio ma specialmente di usare carta riciclata.
Educare gli altri. Molti sono inconsapevoli di questo problema globale che stiamo affrontando. Educando i tuoi amici e la famiglia, e tutte le persone che conosci su questi fatti, aumenterai la consapevolezza e molto probabilmente farai ottenere un impatto minore sull'ambiente.
dicembre 2022 - n. 1
Giorgio Parisi
di Somaya Boudaas, 1A
L’energia ha un costo sia economico che ambientale quindi dovremmo diminuirne l’uso. Il consumo di energia obbliga l'utilizzo di combustibili fossili ed il loro uso provoca il rilascio di inquinanti atmosferici pericolosi per la nostra salute e quella dell’ambiente.
Il premio Nobel per la fisica 2021, Giorgio Parisi, ha recentemente scritto un post su Facebook, consigliando di spegnere il fuoco dopo aver buttato la pasta. Per poter adottare questo metodo occorre far bollire la pasta per 2 minuti a fuoco vivo per poi spegnerlo e lasciar cuocere la pasta nell’acqua calda avendo cura di coprire la pentola con un coperchio per il tempo consigliato.
L’acqua è un bene prezioso ma troppo spesso capita di capire il suo valore solo quando ve n’è carenza. Non è sorprendente aver accumulato alcune abitudini che portano a consumi elevati quando basterebbe fare solo un po' più di attenzione per ridurre gli sprechi. Durante una doccia ogni minuto scendono dal miscelatore 16 litri d'acqua. Facendo un calcolo in 30 minuti di doccia avremmo sprecato 480 litri. Potremo evitare tutto questo inutile spreco facendo docce più brevi. Questo consiglio potrebbe risultare banale ma crea la differenza. Rimanere sotto al getto d'acqua potrebbe risultare rilassante ma il consumo è notevole. Meglio docce veloci solo per lavarsi bene. Un ultimo consiglio è quello di usare soffioni a basso consumo perché possono ridurre il getto d’acqua fino a soli 7 litri al minuto. Seguendo questi consigli le vostre docce potrebbero finalmente consumare una quantità minima di acqua.
Ricordarsi di spegnere sempre la luce quando si è l’ultima persona ad uscire da una stanza, le lampadine per accendersi hanno bisogno di molta energia elettrica (che viene prodotta sfruttando fonti di energia non rinnovabili). Non ci sono scuse se nella stanza non c’è più nessuna persona. Basta schiacciare l'interruttore con un semplice gesto. Quando c’è una bella giornata basteranno i raggi del sole ad illuminare la stanza e non ci sarà bisogno di accendere neanche una lampadina.
Gli impianti di riscaldamento sono uno dei maggiori inquinanti. Il 56% della bolletta dei mesi invernali di una famiglia media in Europa composta riguarda il riscaldamento domestico. Molte persone non sono a conoscenza del fatto che mantenere i termosifoni a una temperatura troppo elevata provoca l’accumulo di muffa in casa. Di conseguenza per evitare questo problema bisognerebbe tenere una temperatura in casa non superiore ai 20 gradi e spegnere i termosifoni se sale. Soprattutto, se non è ancora inverno, raccomando di tenere una temperatura non superiore ai 19 gradi che a mio avviso sono sufficienti per riscaldare una casa e stare bene. Ricordatevi di non seguire la massa e imitare le persone che anche senza alcun bisogno tengono la temperatura del termostato a 22-23 gradi poiché è uno spreco davvero inutile, a meno che non si sia anziani: in quel caso è comprensibile regolare una temperatura del genere dato che a quell’età il corpo sente molto freddo e di conseguenza ha bisogno di molto più calore per riscaldarsi.
di Anna Rubini, 2B
L'acronimo COP significa Conference of the Parties, ovvero Conferenza delle parti. Quest’anno si è svolta dal 6 al 18 novembre in Egitto. I delegati che hanno partecipato alla conferenza per discutere del cambiamento climatico e di come combatterlo, sono stati circa 25.000. Quest’anno erano assenti Cina, India e Russia.
L'obiettivo dell’evento COP 27 è di riunire gli stati affinché portino avanti un’azione coordinata per il clima, mentre la terra si trova ad affrontare un periodo difficile con frequenti ondate di calore, inondazioni, incendi senza precedenti; questi fattori, uniti alla pandemia e al conflitto in Ucraina, innescano il caos nel settore energetico e rendono la crisi alimentare sempre più minacciosa. Nonostante l'impegno, i risultati non sono dei migliori: le emissioni continuano a crescere e c'è una grande distanza tra quello che sarebbe necessario fare e quello che viene fatto.
Ci sono però anche lati positivi: le fonti di energia rinnovabile sono in aumento e soprattutto la popolazione mondiale non è mai stata così sensibile al problema “clima”. L’incontro è stato molto criticato anche per la sede scelta, l'Egitto, perchè lì non sono garantiti molti diritti umani basilari. Grande assente Greta Thunberg, simbolo internazionale dell’impegno per il clima, che non crede nell’efficacia delle Cop. Forse le Cop non sono efficaci per raggiungere lo scopo, dal momento che in 27 edizioni non si sono visti grandi progressi; tuttavia gli va riconosciuto il merito di attirare l’attenzione sul problema clima e di aiutare a sensibilizzare le persone.
di Carla Brizzi, Emma Capitanucci, Kareena Swan, 3H
Nel grattacielo Metronome di New York a Union Square si sta svolgendo un countdown, opera di Gan Golan e Andrew Boyd, detto Climate Clock inaugurato il 19 settembre. Il countdown è rimasto visibile fino al 27 settembre quando si è conclusa la Climate Week, ma continua a circolare in rete. Si tratta di un conto alla rovescia di giorni, ore, minuti e secondi che si concluderà il primo gennaio 2028, data che secondo gli esperti è il momento di non ritorno causato dal livello di biossido di carbonio troppo alto nell’aria. Quindi la data segna il tempo entro cui l’uomo può intervenire per migliorare l’imminente problema. Questo lasso di tempo è stato calcolato dall’ONU. L’attuale orologio ha sostituito quello che fino al 1999 contava ore, minuti e secondi mancanti alla mezzanotte. Siccità, fenomeni atmosferici anomali, incendi e scarsità di acqua saranno i problemi che la terra dovrà affrontare se non si troverà una soluzione riguardo il riscaldamento globale. Il countdown presenta due numeri, uno rosso e uno verde, quello rosso indica il tempo che ci vorrà per bruciare la quantità di carbonio e quello verde indica la percentuale di energia pulita utilizzata attualmente. Moltissime persone hanno fotografato e successivamente postato la foto dell’orologio a New York city con la speranza di convincere le persone a migliorare. Il sito del Climate Clock, dice che l’umanità può far aumentare il tempo della scadenza del count down ma solo se si lavora collettivamente alla diminuzione riduzione di emissioni di CO2.
di Giorgia Grasselli, 3H
Nell’ultimo periodo avrete sicuramente sentito parlare degli attivisti che vanno a rovinare le opere d’arte nei musei.
Ma chi sono questi attivisti? Perché rovinano le opere? Con cosa le rovinano? Rovinano solamente le opere o anche altro?
Gli attivisti sono dei rivoluzionari che si introducono travestiti nei musei come persone comuni che osservano delle opere d’arte e di punto in bianco danneggiano i quadri con il cibo.
Loro li rovinano per protesta contro il cambiamento climatico e hanno capito che l’arte è un punto debole facile da colpire.
Fortunatamente nessuna delle opere si è rovinata perché sono tutte protette da un vetro.
Le opere più colpite sono state:
I mucchi di fieno di Monet colpita con il purè di patate
I girasoli di Van Gogh colpita dalla passata di pomodoro
La Gioconda di Da Vinci colpita da una torta
La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer colpita con del purè di patate
Il seminatore al tramonto di Van Gogh colpita dalla zuppa di verdure.
Purtroppo gli attivisti non si sono fermati solo all’arte, infatti al Salone di Parigi un gruppo di loro è andato a rovinare alcune Ferrari; poi si sono incollati ad esse per manifestare contro l’industria automotive. Alcune persone si sedevano per terra incollati alle Ferrari, mentre altre mostravano uno striscione con scritto: “MONDIAL DE L'AUTO- DESTRUCTION”. Questo gruppo di attivisti chiedeva un divieto di pubblicità per i veicoli.
La rivolta con le mostre di auto non finisce qui; una dozzina di attivisti si sono recati al Paris Motor Show e hanno bloccato lo stand della Volkswagen. Hanno passato 41 ore incollati alle Porsche, senza rovinarle.
Spostiamoci ora a Roma dove sul grande raccordo anulare GRA, un gruppo di attivisti ha bloccato il traffico per un'ora circa.
Gli attivisti si sono seduti a terra bloccando le corsie e generando infinite code, con conseguente rabbia di tutti coloro che dovevano andare al lavoro, in ospedale o in aeroporto.
Per poter far passare le auto e per far andare via gli attivisti è stato necessario l’intervento della Polizia che li ha fatti spostare sul ciglio della strada, identificandoli e mandandoli al commissariato.
I motivi di questa rivolta sono due:
la chiusura delle centrali a carbone
la cancellazione di un progetto per trivellare ed estrarre gas naturale.