Fig. 1: Il Colosseo in un'incisione di Étienne Dupérac (XVI secolo)
Fig. 2: Lo sperone di Raffaele Stern, a sostegno del taglio operato sulla facciata del Colosseo verso il Laterano (1807)
Alla domanda: “Qual è il monumento più famoso del mondo?” la maggior parte di noi risponderebbe senza esitazione: “Il Colosseo”.
Questo celebre anfiteatro fu eretto a Roma nel 71 d.C. dall’imperatore Vespasiano e in tutto il mondo è considerato il simbolo della “città eterna”.
Considerati i quasi duemila anni trascorsi dalla sua costruzione, sarebbe facile pensare che le sue condizioni attuali siano dovute al passare del tempo, ma in realtà non è interamente questa la ragione. Forse non tutti sanno che mattoni e blocchi di pietra con cui fu costruito vennero utilizzati per secoli come materiale da costruzione per nuove fabbriche, soprattutto rinascimentali; tali menomazioni avevano pressoché dimezzato l’alta facciata a pianta ellittica dell’anfiteatro (fig. 1).
L’ impoverimento delle strutture ne ha reso necessarie importanti attività di consolidamento, per preservare l’integrità di ciò che restava e garantirne la trasmissione al futuro.
Promotore della prima campagna fu il papa Pio VII che, nel 1807, finanziò il consolidamento dell’estremo sinistro del cerchio esterno, dimezzato dalle spoliazioni. Quest’opera si limitò alla costruzione di uno sperone, tutt’ora esistente, che si mostra sinceramente quale opera di consolidamento e rinuncia ad imitare i caratteri del Colosseo (fig. 2).
Circa vent’anni dopo, Leone XII affidò a Giuseppe Valadier il restauro dell’estremità a destra, realizzato sempre con uno sperone, ma questa volta riprendendo il disegno dei tre ordini di fornici del Colosseo, realizzati però in mattoni, così da non confondersi con la struttura originale in travertino (fig. 3).
Un destino analogo a quello del Colosseo lo ha subito un altro grande monumento della stessa epoca (81 d.C.), l’Arco di Tito.
Anche la struttura di questo monumento fu oggetto, nello stesso periodo, di importanti opere di restauro affidate ancora a Raffaele Stern, che iniziò i lavori, e Giuseppe Valadier, che li portò a compimento. Gli interventi sull’Arco furono particolarmente complicati, poiché nel corso del Medioevo i suoi resti erano stati incorporati nelle mura dei Frangipane. L’intervento di restauro dell’Arco fu considerato all’avanguardia, in quanto è consistito non solo nella liberazione del monumento dalle mura (fig. 4), ma anche nella reintegrazione della sua forma perduta (fig. 5) utilizzando materiale diverso da quello originario (travertino invece che marmo) ed elementi architettonici semplificati. come già fatto dallo stesso Valadier nel restauro del Colosseo.
Solo grazie al restauro intelligente di questi architetti possiamo oggi apprezzare opere costruite duemila anni fa nel loro aspetto originario, poiché le necessarie aggiunte non hanno avuto la pretesa di rifare fedelmente le parti perdute, assolvendo semplicemente alla loro funzione di sostegno e conservazione. (Viola Valora)
23 marzo 2024