seunanot10

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Come scriverei bene se non ci fossi!

da Se una notte d'inverno un viaggiatore, di Italo Calvino (1979). Einaudi, Torino. Pag. 171-172.

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Come scriverei bene se non ci fossi! Se tra il foglio bianco e il ribollire delle parole e delle storie che prendono forma e svaniscono senza che nessuno le scriva non si mettesse di mezzo quello scomodo diaframma che è la mia persona! Lo stile, il gusto, la filosofia personale, la soggettività, la formazione culturale, l'esperienza vissuta, la psicologia, il talento, i trucchi del mestiere: tutti gli elementi che fanno sí che ciò che scrivo sia riconoscibile come mio, mi sembrano una gabbia che limita le mie possibilità. Se fossi solo una mano, una mano mozza che impugna una penna e scrive... Chi muoverebbe questa mano? La folla anonima? Lo spirito dei tempi? L'inconscio collettivo? Non so. Non è per poter essere il portavoce di qualcosa di definibile che vorrei annullare me stesso. Solo per trasmettere lo scrivibile che attende d'essere scritto, il narrabile che nessuno racconta.

Forse la donna che osservo col cannocchiale sa quello che dovrei scrivere; ossia non lo sa, perché appunto aspetta da me che io scriva quel che non sa; ma ciò che lei sa con certezza è la sua attesa, quel vuoto che le mie parole dovrebbero riempire.

Alle volte penso alla materia del libro da scrivere come qualcosa che già c'è: pensieri già pensati, dialoghi già pronunciati, storie già accadute, luoghi e ambienti visti; il libro non dovrebb'essere altro che l'equivalente del mondo non scritto tradotto in scrittura. Altre volte invece mi pare di comprendere che tra il libro da scrivere e le cose che già esistono ci può essere solo una specie di complementarità: il libro dovrebb'essere la controparte scritta del mondo non scritto; la sua materia dovrebbe essere ciò che non c'è né potrà esserci se non quando sarà scritto, ma di cui ciò che c'è sente oscuramente il vuoto nella propria incompletezza.

Vedo che in un modo o nell'altro continuo a girare intorno all'idea di un'interdipendenza tra il mondo non scritto e il libro che dovrei scrivere. È per questo che lo scrivere mi si presenta come un'operazione d'un tale peso che ne resto schiacciato. Metto l'occhio al cannocchiale e lo punto sulla lettrice. Tra i suoi occhi e la pagina vola una farfalla bianca. Qualsiasi cosa lei stesse leggendo ora certo è la farfalla che ha catturato la sua attenzione. Il mondo non scritto ha il suo culmine in quella farfalla. Il risultato cui devo tendere è qualcosa di preciso, di raccolto, di leggero.

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