FAS Al v. 402 compare il termine fas, sostantivo indeclinabile (in realtà, benché sia l’ipotesi che va per la maggiore, su questa assenza di declinazione hanno espresso i loro dubbi vari studiosi, anche moderni) che indica la norma, il comando, il diritto divini, in opposizione allo ius, il diritto umano, che si colloca evidentemente in posizione di inferiorità rispetto a quello divino. Con fas dunque ci si riferisce alla volontà divina, alla valenza permissiva che si estende a tutti i comportamenti umani suscettibili dell’interesse della divinità; può dunque significare lo stesso favore del dio. Qui il termine si trova in una desolata esclamazione, e indica in tutta la sua pienezza l’impossibilità per il mortale di compiere, o anche solo sperare (fidere) in qualcosa senza avere un consenso divino. Circa la sua origine etimologica esistono due possibilità: la prima è che derivi dal greco θέμις e, passando attraverso la fonetica etrusca, sia divenuto fas; la seconda è che derivi da φημί/fari, con significato, dunque, di cosa detta, e da lì di volontà (divina). Compare 21 volte nell’Eneide.
ADYTISQUE Il secondo termine che prendo in esame è adytisque (v. 404). Il termine indica etimologicamente - dal greco α privativo più il verbo δύω, entro – un luogo dove non è possibile accedere; nella maggior parte dei casi ha però un significato preciso, “tecnico”, indicando quelli che in italiano sono i cosiddetti penetrali: la parte più interna, sacra e dunque inaccessibile di un tempio. L’utilizzo del termine in questo verso è importante perché sottolinea l’entità dei sacrilegi commessi: sono state profanate le parti più sacre della città, assolutamente interdette ai profani.
FURIATA Un altro termine degno di menzione e analisi è furiata (v. 407), aggettivo che indica il furor. Esso è il furore, la pazzia, il delirio, inteso, in base al contesto, in vari modi. In questo caso, ad esserne affetto è il troiano Corèbo; il personaggio, creato dall’epica post-omerica, è innamorato di Cassandra, e questa passione amorosa lo porta al suddetto furor, una condizione delirante che precede il sacrificio del guerriero: morirà infatti colpito da Penèleo (v. 424-426). Un delirio, dunque, apportatore di morte certa; il termine in questo caso contiene un netto riferimento alla morte che coglierà Corèbo, ormai privo di ragione e slanciatosi nella mischia.
STRIDUNT Infine, da notare è stridunt (v. 418). Il vocabolo, onomatopeico come il greco τρίζω, indica in questo caso il vento che fischia e sibila abbattendosi sugli alberi.