ALTRI AUTORI

La profetessa Cassandra è tra le figure più complicate e di conseguenza affascinanti della mitologia: la sua fortuna si riscontra però soprattutto nel mondo greco dal momento che compare nell'Iliade, nell'Odissea, nelle tragedie di Eschilo, di Euripide e infine in uno scritto di Pseudo Apollodoro. Nella latinità invece è estremamente difficile incontrare questa figura: la sua comparsa nel secondo canto dell'Eneide risulta dunque essere un evento quasi eccezionale infatti l'altra opera in cui figura Cassandra è Fabulae Aesopiae di Fedro.

Omero

Omero è il serbatoio di molti miti legati alla vicenda della guerra di Troia: stupisce tuttavia il fatto che sia nell'Iliade che nell'Odissea non vi siano riferimenti alle doti profetiche di Cassandra. Nei poemi omerici lei è soltanto una bella fanciulla destinata ad un matrimonio mai celebrato: ciò emerge nel canto ottavo dell'Iliade vv.361-393 in cui viene descritta come una bella ragazza (ειδοσ αιστην) promessa in sposa al guerriero Otrioneo il quale tuttavia morirà ucciso dal cretese Idomeneo.

Iliade XXIV 697-706


οὐδέ τις ἄλλος

ἔγνω πρόσθ' ἀνδρῶν καλλιζώνων τε γυναικῶν,

ἀλλ' ἄρα Κασσάνδρη ἰκέλη χρυσῇ Ἀφροδίτῃ

Πέργαμον εἰσαναβᾶσα φίλον πατέρ' εἰσενόησεν

ἑσταότ' ἐν δίφρῳ, κήρυκά τε ἀστυβοώτην·

τὸν δ' ἄρ' ἐφ' ἡμιόνων ἴδε κείμενον ἐν λεχέεσσι·

κώκυσέν τ' ἄρ' ἔπειτα γέγωνέ τε πᾶν κατὰ ἄστυ·

ὄψεσθε Τρῶες καὶ Τρῳάδες Ἕκτορ' ἰόντες,

εἴ ποτε καὶ ζώοντι μάχης ἐκνοστήσαντι

χαίρετ', ἐπεὶ μέγα χάρμα πόλει τ' ἦν παντί τε δήμῳ.




Né alcun altro li vide, né uomo né donna elegante;

ma solamente Cassandra, che bella era come Afrodite.

Pergamo ascesa, vide da lungi il suo padre diletto

venir sul cocchio, e seco l’araldo di voce possente,

e vide Ettore sopra la bara, tirato dai muli.

E un ululo levò, mandò grido per tutta la rocca:

«Venite tutti voi, Troiani e Troiane, e vedete

Ettore! Un di’ vi piaceva vederlo tornar dalla pugna,

ch’era della città l’amore, e del popolo tutto!

All'interno dell'Iliade Cassandra ha un ruolo marginale e non è mai coinvolta in maniera attiva ed evidente nell'azione: in questo caso vi è un piccolo accenno alla sua persona nei versi conclusivi dell'intero poema. Il passo riportato è infatti tratto dal canto XXIV dell'Iliade durante il quale, dopo aver assistito allo spettacolo dello strazio del corpo di Ettore, gli dei sono mossi a pietà e Apollo, in modo particolare, è indignato. Zeus incarica dunque Tetide di riferire al figlio lo sdegno divino inducendolo poi a più miti consigli: durante la notte il vecchio Prima si reca presso la tenda di Achille per implorare la restituzione della salma del figlio. Si assiste in questo caso ad una delle scene più ricche di pathos e coinvolgimento emotivo che si possano leggere nell'Iliade: l'eroe stesso si commuove alla vista di priamo, l'anziano sovrano, con un capo canuto che gli ricorda quello del padre Peleo e impietosi gli restituisce la salma ripulita e sistemata. Una volta riportato il corpo senza vita dell'eroe troiano nella sua città natale viene compianto dalla madre, dalla sposa e dalla cognata Elena oltre che tutto il popolo troiano, che privato del suo più valoroso difensore, sente imminente la propria fine. In tale situazione Cassandra è la prima ad avvistare il carro su cui giace il corpo esanime di suo fratello Ettore, riscattato da Priamo; in lacrime, Cassandra chiama i concittadini a vedere il triste spettacolo. I commentatori di questo celebre passo hanno sottolineato che il fatto di essere stata la prima ad avvistare il feretro non era dovuto alle sue abilità profetiche, a cui Omero non accenna mai, ma quanto più grazie all'affetto per il fratello che la manteneva in apprensione e vigile durante l'attesa del ritorno. In questo quadro si inserisce dunque il richiamo, per quanto marginale, a Cassandra poco prima che le parole della donna fatale la cui bellezza ha causato la guerra di Troia chiudano definitivamente il poema.

Odissea XI, 421-423


οἰκτροτάτην δ' ἤκουσα ὄπα Πριάμοιο θυγατρὸς

Κασσάνδρης, τὴν κτεῖνε Κλυταιμνήστρη δολόμητις

ἀμφ' ἐμοί·




E di Cassandra udii, della figlia di Priamo, il grido,

ch’era uno strazio: vicino a me la sgozzò Clitennestra,

la frodolenta;

I versi riportati sono tratti dall'undicesimo canto dell'Odissea durante il quale l'eroe su consiglio della maga circe si reca nel regno dei morti per ricavare profezie sul suo viaggio. Proprio in questa occasione incontrerà Agamennone il quale gli racconterà la sua triste morte, avvenuta per mano di Egisto, ed è proprio durante il racconto dell'uccisione che viene citata anche Cassandra la povera profetessa uccisa anche lei dalla moglie del condottiero greco, Clitemnestra. Tra l'altro nella descrizione della propria morte Agamennone afferma di essere stato sgozzato, come un bue: in questa similitudine si può riscontrare un parallelismo con la figura di Laooconte il quale, come viene detto da Virgilio, al momento della morte urla come un bue.

Lirica

Possono essere riconosciuti alcuni accenni alla figura della profetessa in due autori della lirica arcaica greca:

  • Stesicoro il quale ne trattò probabilmente nella sua Ilioupersis componimento che a noi è giunto tramite frammenti papiracei estremamente lacunosi: é possibile tuttavia leggere l'annuncio da parte di Cassandra della costruzione del cavallo di Troia nonchè l'invito rivolto ai Troiani a non cedere al tranello.

  • Pindaro il quale menziona Cassandra come μαντις nella Pittica XI e in un frammento dell'VIII Peana in cui ancora una volta viene profetizzata la fine della città di Troia, da lei presagita dal sogno di Ecuba.

Teatro attico

Eschilo, Orestea

Nell'Agamennone Cassandra ricopre un ruolo centrale: la giovane donna viene condotta ad Argo dal condottiero greco dopo la caduta di Troia. Viene trattata con rispetto da Agamennone e addirittura lei si sente accumunata a lui nella sventura della futura morte: in questa tragedia emerge dunque con estrema potenza ed efficacia la capacità profetica, ignorata da Omero, che le permette di preannunciare la morte di Agamennone, oltre che la propria, rispettivamente per mano di Egisto e di Clitemnestra. Tuttavia nessuno crede alle sue parole a causa della maledizione di Apollo, come lei stessa confessa al coro: non essendosi concessa al dio che era attratto da lei questa è la punizione a cui viene sottoposta, profetizzare cose vere senza che però nessuno le creda. Nella grecità nella maggior parte dei casi la noncuranza dei consigli degli oracoli deve essere imputata o allo υβρις che acceca uomini di valore, o dall'incapacità di interpretare correttamente le parole degli indovini (aspetto che emerge soprattutto in Sofocle); nel caso di Cassandra invece si tratta di una vera e propria maledizione che la isola dalla comunità sociale e civile. Il dolore causategli da questo emerge con grande evidenza nel dialogo con il coro in cui la profetessa si rivolge ad Apollo come al suo distruttore, colui che "una seconda volta completamente mi hai distrutto" (v.1081): tra l'altro qui Eschilo gioca dal punto di vista etimologico dal momento che il nome del dio viene connesso al verbo απολλυμι (distruggere). O ancora, al v.1215 la divinazione viene definita "terribile fatica" poiché è il risultato di un continuo tentativo di possesso da parte del dio non solo psicologico ma anche fisico.


Euripide

Tra tutti i tre grandi tragediografi Euripide è indubbiamente quello in cui la figura di Cassandra ritorna maggiormente nelle diverse tragedie: in Sofocle addirittura non vi è alcun riferimento alla profetessa ma si può supporre che il poeta l'avesse citata in Laocoonte e in Sinone, due tragedie incentrate sulla fine della guerra di Troia. Nel teatro euripideo Cassandra si impone invece come un personaggio complesso e centrale. Una delle caratteristiche proprie di Euripide è l'attenzione posta alla sfera emotiva, alle lacerazioni interiori che tormentano l'animo umano, ad una caratterizzazione psicologica senza eguali che gli consentono così di donare nuova forza a questo personaggio: di conseguenza assumono rilevanza e vengono esaltate da un lato la sacra verginità violata da Agamennone, dall'altro la gelosia di Clitemnestra. Per di più significativo è lo spazio concesso ai personaggi femminili in cui le fratture interiori generate dalle passioni sono molto più evidenti rispetto a quanto non siano negli uomini: l'attenzione posta alle donne, pur comunque in una società patriarcale, emerge anche dai titoli delle tragedie.


"Andromaca" viene qui ricordata la profezia fatta da Cassandra alla nascita di Paride. Nel I stasimo il coro ricorda la sventurata sorte troiana risalendo fino al parto di Ecuba circostanza durante la quale la madre avrebbe dovuto liberarsi del figlio "quando Cassandra, presso l'alloro profetico, gridò di ucciderlo" (vv. 296-297). Grazie alle doti profetiche ella sapeva già le sciagure che il bambino avrebbe causato e proprio per quanto, pur non essendo stata interpellata, implorò l'uccisione immediata di Paride: non solo non verrà ascoltata e dunque il bambino venne risparmiata ma pur essendo stato esposto, riuscirà a giungere alla maturità.


"Ecuba" la moglie di Priamo richiede l'intervento di Cassandra insieme al fratello Eleno come oniromanti: il legame amoroso che lega Cassandra e Agamennone è ormai pubblico tant'è che il coro racconta come alla richiesta di Achille di immolare Polissena, Agamennone si opponga per fedeltà verso Cassandra (vv. 121-122). In un ulteriore episodio viene cercato l'appoggio di Agamennone in questo caso da parte di Ecuba stessa: la donna vuole vendicarsi infatti di Polimestore, re di Tracia, che ha ucciso Polidoro e dunque in questa circostanza l'anziana regina esorta Agamennone facendo leva sul sentimento che lo lega a Cassandra. Anche qui pur non negando il suo amore per la bella profetessa, il condottiero greco è costretto ad uccidere Polimestore in nome degli dei e del giusto, ma anche perché non vuole dare l'impressione di agire soltanto a favore di Cassandra.


"Troiane" nel prologo, Poseidone fa riferimento all'oltraggio subito da Cassandra da parte di Aiace quando la profetessa si rifugia nel tempio di Atena cercando rifugio nella statua della dea, ma l'eroe greco la afferra e la trascina via. Nonostante la vicenda sia comune e simile sia nel teatro di Eschilo sia nel teatro di Euripide è possibile riscontrare alcune significative differenze: in primo luogo Eschilo, come riportato precedentemente, insiste sul rapporto di odio che vi è tra Cassandra e Apollo. Ciò è assente nella tragedia euripidea nella quale Cassandra non solo non dimostra ostilità nei confronti del dio ma anzi quest'ultimo è il garante della sua verginità che verrà oltraggiata poi da Agamennone. Ed è proprio in relazione al generale acheo che emerge un'altra sostanziale differenza: egli sceglie consapevolmente Cassandra sottraendola al sorteggio del bottino e se questo in Eschilo è solo un dettaglio insignificante qui serve a caratterizzare Agamennone come vittima di Eros. Il valoroso eroe è costretto a piegarsi all'amore per una schiava e ciò permette a Cassandra di acquisire un nuovo status: non solo è prigioniera di guerra, come in Eschilo, e non segue Agamennone semplicemente per servirlo ma giunge a condividere il talamo come concubina. Per di più numerosi e ricorrenti sono i temi che fanno riferimento al mondo nuziale accentuati da toni che sfociano poi in una macabra ironia: si fa riferimento ad un unione nell'Ade e alla condivisione di una ignobile sepoltura facendo venir meno dunque anche la συμπαθεια eschilea rispetto alla tragica sorte dei due amanti e facendo prevalere l'ironia.

Un altro cambiamento profondo riguarda la figura di Cassandra in relazione alle sua capacità divinatorie: pur non essendo creduta in Eschilo la donna veniva definita μαντις, in Euripide ella diventa invece μαινας. Questa modifica lessicale, che allude dunque alla sfera della pazzia, dell'invasamento è ulteriormente rafforzato dall'uso insistito di termini bacchici e dai riferimenti a elementi tipici di un rituale bacchico come per esempio tutte le parole connesse alla danza. Occorre però precisare che Cassandra viene definita baccante da coloro che la vedono e la ascoltano paradossalmente anche quando è visibilmente sotto il controllo della razionalità. Alla luce di ciò si può dire dunque che in Eschilo emergeva una Cassandra come μαντις caratterizzata da una femminilità apollinea; in Euripide invece si assiste alle profezie di una μαινας delirante dalla femminilità dionisiaca. Suggerire la duplice immagine di una menade e di una pazza è funzionale a rendere l'idea di uno stato di eccezionalità e emarginazione al tempo stesso.


"Elettra" Sofocle scrisse una tragedia omonima ma ancora una volta tra il suo teatro e il dramma euripedo si interpone una distanza significativa: nella rappresentazione sofoclea Clitemnestra, giustificando alla figlia l'uccisione del padre, ricorda ciò che il marito aveva fatto precedentemente vale a dire il sacrificio della figlia Ifigenia senza fare alcun accenno alla figura di Cassandra. In Euripide invece l'intero scontro tra madre e figlia ruota intorno a vicende di amanti e adulteri: l'assassina infatti non viene caratterizzata tanto come una madre ferita che vendica la figlia quando più come una donna tradita e per di più oltraggiata nel suo stesso οικος. Tant'è vero che Clitemnestra pronuncia queste parole: "Tornando da Troia, mi condusse una menade in casa, un'invasata e giunse a introdurla nel suo talamo, cosicché al riparo d'uno stesso tetto vivevano con lui due spose" (vv. 1030-1034). Anche in questo caso vi è poi l'utilizzo dei termini μαινας ενθεος κορη che alludono al carattere di menade e all'invasamento connesso anche alla sua femminilità, entrambi aspetti che già emergevano nelle "Troiane".


"Ifigenia in Aulide" questa riconferma tutte le caratteristiche della vicenda tra Cassandra, Agamennone e Clitemnestra spiegate precedentemente. Il coro fa riferimento alla terra di Troia "dove ho sentito dire che Cassandra / agita i biondi capelli, / ornata di una verde corona d'alloro, / quando spirano i profetici destini del dio": ancora una volta dunque la figura della μαντις in un atteggiamento tipicamente bacchico. Ancora una volta il movente per l'uccisione di Agamennone non risulta essere la vendetta per Ifigenia ma l'adulterio: Cassandra si può dire diventa il motore che in ultima istanza aziona l'assassinio.



Licofrone

Del poeta drammatico Licofrone ci è giunta una singolare opera, l'Alessandra (nome alternativo di Cassandra) costituita da una lunga serie di profezie di Cassandra in forma di racconto fatto al re Priamo da un araldo. La profetessa con un linguaggio allusivo di difficile decifrazione parla della distruzione di Troia, del ritorno dei Greci in patria, di vari episodi del mito e della storia che di nuovo vedranno contrapposte Europa e Asia, nonché della nascente potenza di Roma.

Emergono anche in questo scritto tutti gli elementi che ormai fanno parte della tradizionale caratterizzazione del personaggio: la forza erotica e sensuale del rapporto con Agamennone, la predizione del proprio assassinio e quello dell'amante e infine lo stupro di Aiace Oileo che qui però si presenta con una variazione. La verginità di cassandra è frutto della scelta di emulare Atena, dea vergine per eccellenza, e non è dunque più una conseguenza del sacerdozio di Apollo.

Virgilio

La figura di Cassandra ritorna varie volte nell'Eneide in particolare però la sua figura è centrale soprattutto nel secondo libro: tra i passi più problematici e affascinanti al tempo stesso vi sono i versi Eneide II 341-346:

...iuvenisque Coroebus

Mygdonides: illis ad Troiam forte diebus

venerat insano Cassandrae incensus amore

et gener auxilium Priamo Phrygibusque ferebat,

infelix qui non sponsae praecepta furentis

audierit!

...e Corbero, il Migdonide,

giovane: era venuto a Troia proprio in quei giorni,

da un travolgente amore per Cassandra incendiato,

e, come genero, aiuto portava a Priamo ed ai Frigi,

ah sventurato, lui che della sposa promessa, invasata,

non aveva ascoltato i moniti

Il passo risulta essere particolarmente interessante e significativo per le incongruenze che possono essere riscontrate: innanzitutto in Omero l'innamorato di Cassandra non è Corebo ma bensì Orioneo, inoltre Corebo non può essere definito genero dal momento che Cassandra essendo profetessa consacrata ad Apollo era vergine dunque probabilmente si allude al fatto che il giovane aspirava ad essere genero di Priamo. Con l'espressione praecepta sponsae furentis si deve intendere probabilmente la profezia fatta da Cassandra riguardo alla morte di Corebo se quest'ultimo si fosse recato a Troia: ancora una volta non viene prestata fede alle sue parole che risultaranno però essere malauguratamente vere.