(Bio)plastiche 

Cos'è la plastica ? Quando ha avuto origine? Che vantaggi e svantaggi offre? Che problemi comporta? E le bio-plastiche possono davvero rappresentare una soluzione eco-sostenibile per il nostro futuro?....

Nasce nel 1862 quello che può essere considerato il primo materiale plastico semisintetico (xylonite). Da lì in poi vennero brevettate nuovi tipi di plastiche sempre piu adatte alla lavorazione, passando dal nitrato di cellulosa all’acetato di cellulosa (1870)

 ...e successivamente, nel XX secolo, vengono sviluppate plastiche di origine completamente sintetica (tra cui la bakelite e il PVC). 

Negli anni ‘20 nasce il vero e proprio studio della plastica all'università di Friburgo, dove vengono studiate le proprietà dei polimeri.

Negli anni delle grandi guerre la plastica trova il suo massimo sviluppo, sia per la creazione di nuovi materiali - come nylon, PET, polietilene - sia per la nascita dell’industria moderna della plastica dove viene utilizzato il petrolio come “materia prima”.

Negli anni ‘60 la plastica si afferma definitivamente come un materiale insostituibile nella vita quotidiana e non, fino ad arrivare ai giorni nostri dove l’utilizzo incontrollato di questo materiale ha generato e sta generando danni ingovernabili...

Infatti...

Secondo i dati UNEP, di tutta la plastica utilizzata negli imballaggi, compresi i prodotti in plastica monouso per contenitori di alimenti e bevande, circa l'85% finisce in discarica o come rifiuto non regolamentato.  

Milioni di tonnellate di rifiuti di plastica sono persi nell'ambiente o spediti per migliaia di chilometri verso destinazioni dove vengono per lo più bruciati o scaricati, per la difficoltà nel riciclo e smaltimento. 

Uno dei maggiori problemi legati a questo mancato riciclo è la dispersione della plastica nell'ambiente, in particolare nell’acqua sotto forma di macro frammenti, oggetti e microplastiche (frammenti dannosi anche per l’uomo)

COSA IMPLICA LA PLASTICA IN AMBIENTE MARINO?

Ricordiamoci che la plastica non solo inquina ma aggrava anche la crisi climatica. Questo perchè se solo il 9% della plastica viene riciclata una porzione molto piu' grande viene bruciata.

Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) nel 2019 la plastica è stata responsabile di 1,8 miliardi di tonnellate di emissioni di gas serra, il 3,4% del totale globale, più della percentuale di CO2 del settore dell’aviazione. 

Questo considerando tutta la vita della plastica: dall'estrazione delle risorse , al trasporto e infine alla produzione (e eventualmente l'incenerizione)

Uno dei modi con cui potremmo ridurre l'utilizzo della plastica e' sostituendola con le bioplastiche...

Bottoni in galalite, prodotti ancora oggi. 

Storia delle bioplastiche

Lo sviluppo delle bioplastiche è iniziato nella seconda metà dell’Ottocento. Nel 1860 viene brevettato il linoleum, un tipo di pavimento prodotto a partire da materiale organico come oli e farine, mentre nel 1897 viene inventata la galalite, ancora oggi prodotta dalla caseina. Lo sviluppo delle bioplastiche è decisamente aumentato a partire dal Novecento, anche in risposta al crescente problema delle plastiche: molto utili ma altrettanto difficili da smaltire. 

Cosa sono le bioplastiche?

Le bioplastiche sono plastiche che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:

Tipologie di bioplastiche

Biobased ma non biodegradabili

Plastiche biobased ma non biodegradabili. Un esempio è il PET Biobased, scelto da molte aziende come materiale alla base di imballaggi per renderli più “Green”: un esempio è la Coca-Cola, come si può vedere dall'immagine. Il Pet Biobased è prodotto a partire da canne da zucchero. 

Biobased e biodegradabili

Plastiche biobased e biodegradabili. Un esempio sono i poliidrossialcaonati (PHA), polimeri sintetizzati da batteri. i PHA sono usati per fogli plastici ed elastici, ed il PHB, uno dei poliidrossialcaonati più usati, viene usato nello specifico per contenitori e bottiglie. Nell'immagine si può vedere il processo di decomposizione di una bottiglia in PHB.

Biodegradabili ma non biobased

Plastiche biodegradabili, che possono anche derivare da combustibili fossili. La decomposizione avviene grazie a microorganismi, ma può richiedere tempi molto lunghi. È per questo che anche la plastica biodegradabile ha i suoi effetti negativi: prima di essere decomposti, i polimeri possono causare eutrofizzazione (alto tasso di nitriti e fosfati in ambiente acquoso), acidificazione dei terreni o, se riversati in mare, come purtroppo succede oggigiorno, possono causare danni alla biosfera marina. 

A che punto siamo?


A seguito dei dati allertanti della dispersione di oggetti in plastica tradizionale nell’ambiente (dopo un rapporto del World Economic Forum si contano 150 milioni di tonnellate di plastica negli oceani) e della presenza, sempre crescente, di microplastiche nei nostri mari, laghi e fiumi che danneggiano non solo il nostro pianeta ma anche degli stessi esseri umani (secondo una recente ricerca un singolo individuo ingerisce circa 5 grammi di microparticelle plastiche a settimana, per un totale di 250 grammi ogni anno), c’è stata una spinta nel settore delle bioplastiche, dalla ricerca alla produzione. 

Dopo gli anni di blocco dati dal Covid-19, la produzione globale di bioplastiche è tornata ad aumentare, con una domanda sempre maggiore:

Si prevede che la capacità produttiva globale di bioplastica aumenterà da circa 2,18 milioni di tonnellate nel 2023 a circa 7,43 milioni di tonnellate nel 2028; a studiarlo è la European Bioplastics, l'associazione europea che si occupa delle bioplastiche, e lo ha presentato durante l’EBC23, il più importante forum del settore delle bioplastiche in Europa, il quale si è svolto a Berlino il 12 e 13 dicembre. 

Le bioplastiche hanno varie applicazioni, gli imballaggi rimangono però la fetta più importante dell'utilizzo delle bioplastiche, occupando il 43% (circa 934.000 tonnellate) del mercato totale delle bioplastiche quest'anno. 

“Mentre l’adozione del regolamento sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio è ancora in discussione all’interno delle istituzioni dell’UE, i dati mostrano che le bioplastiche hanno un futuro nel settore degli imballaggi, sostituendo i materiali non riciclabili e aiutando a eliminare gradualmente le opzioni basate sui fossili”  (Von Pogrell, Direttore di European Bioplastics).

Il confronto tra le capacità produttive e la produzione effettiva nel 2023 mostra che l’industria delle bioplastiche sta producendo quasi a piena capacità. Sebbene vari da un polimero all’altro, dal 60% al 100%, il tasso di utilizzo medio nel 2023 è dell’82% (produzione di 1,79 tonnellate contro capacità di produzione di 2,18 tonnellate). 

Risolverebbe davvero il problema?


I problemi ambientali dati dall’inquinamento della plastica sono significativi, e lo sviluppo e l’adozione di plastiche biodegradabili offre una possibile e importante soluzione. 

Tuttavia le plastiche biodegradabili da sole non possono risolvere il problema dell’inquinamento da rifiuti plastici, ma si deve anche ridurre e riutilizzare la plastica e passare a un'economia circolare.

Non possiamo nemmeno essere certi che questi materiali non causeranno danni ambientali se finiscono come rifiuti. 

Tutta la plastica, compresi i tipi biodegradabili e compostabili, deve essere raccolta e abbinata ai giusti sistemi di recupero, in modo che il materiale rimanga nel ciclo e fuori dalla natura. 

Tralasciando che da sola non può essere la soluzione all'inquinamento, la plastica compostabile e biodegradabile svolge un ruolo fondamentale nella riduzione dei rifiuti, e ulteriormente questo tipo di plastica è prodotta in maggior parte con fonti di base biologica, come alghe, barbabietole da zucchero e altre piante, che se vengono acquistati in modo responsabile possono avere molteplici vantaggi ambientali. Però se questi materiali non vengono gestiti correttamente una volta diventati rifiuti, è probabile che non si decompongano come previsto. La plastica compostabile deve essere recuperata con il compost domestico e commerciale, dipendendo dall'utilizzo specifico per cui è stato progettato l'articolo. 

La plastica in natura non si decompone allo stesso modo che all'interno di un sistema di compostaggio, dove le condizioni ambientali sono generalmente diverse. La plastica biodegradabile viene testata in laboratorio per assicurarsi che si decomponga in particolari condizioni, quindi vengono decisi nello stesso laboratorio i livelli di ossigeno, l'esposizione ai raggi UV, le temperature e altri fattori che variano la decomposizione del materiale; ma la natura non ha condizioni controllate come invece ha il laboratorio, quindi non si può mai essere certi che la plastica biodegradabile si biodegradi effettivamente nel mondo naturale.  Quando questi materiali non si decompongono hanno le stesse conseguenze delle plastiche non biodegradabili: inquinano gli ecosistemi e gli habitat da cui dipendono sia la natura che le persone e contribuiscono alla crescente crisi dell'inquinamento da plastica. 

Concludendo, non possiamo fare affidamento solo su questi materiali per risolvere il problema dell'inquinamento di plastica, e bisogna testare questi materiali e la loro biodegradazione in natura, dove sono presenti fattori non controllabili.   

Prospettive per il futuro


Le prospettive per le bioplastiche sono molto buone, infatti la sua capacità produttiva mondiale, che nel 2023 sono circa 2,4 milioni di tonnellate, si prospetta che triplichi fino a 7,5 milioni di tonnellate nel 2026. 

A livello globale, la maggiore capacità produttiva è in Asia, che raggiunge il 50% e dovrebbe arrivare al 70% entro il 2026;

L’Europa detiene, nel 2023, un quarto della produzione complessiva di biopolimeri, ma questa quota decrescerà nel tempo, insieme a quelle di altri parti del mondo.

Si conferma la continua crescita dell’industria globale delle bioplastiche: 

“La nostra industria ha superato con successo le sfide poste dalla pandemia Covid-19, e anche le prospettive per le bioplastiche sono promettenti poiché si prevede che il mercato globale crescerà del 36% nei prossimi 5 anni ” Queste sono le parole di François de Bie, Presidente di European Bioplastics.

 Insomma il nostro futuro e la nostra quotidianità saranno sempre più caratterizzati dalle bioplastiche che, man mano, andranno a sostituire le plastiche tradizionali, iniziando dal settore degli imballaggi.  

Idee, pensieri e commenti personali

Dopo un secolo in cui c'è stato un forte abuso di plastica tradizionale, tanto da renderla un problema e pericolo per la stessa umanità (come detto precedentemente, un singolo umano ingerisce in un anno 250 grammi di plastica, tralasciando i danni provocati all'ambiente) l'introduzione e l'utilizzo, seri, delle bioplastiche potrebbe davvero essere uno dei modi per eliminare i problemi ambientali con cui l'umanità si sta confrontando.

Bisogna però anche tener conto che le bioplastiche hanno le loro caratteristiche negative se non vengono utilizzate, smaltite e comprate adeguatamente.

Anche queste infatti, come tutto il resto delle cose, se vengono abusate diventano un ulteriore problema per l'uomo, comportandosi come plastica tradizionale e non biodegradandosi se smaltite in modo errato.

Il principale traguardo dell'uomo deve essere quello di limitare al minimo l'utilizzo di tutti i tipi di plastiche, perfettamente sostituibile con materiali cartacei, o altri, dove necessario, ma in altri casi, come appunto l'imballaggio di articoli nel supermercato, si potrebbe eliminare quel futile imballaggio.

Sono certamente consapevole che non sia una cosa facile tagliare l'utilizzo di un materiale talmente versatile come la plastica, ma è una cosa a dir poco fondamentale se l'uomo vuole continuare a vivere sulla terra (la vita e il trasferimento degli uomini su altri pianeti sono ancora molto lontani dall'accadere).

Quindi, anche velocemente, cerchiamo di limitare, preferibilmente eliminare, l'utilizzo di tutte le plastiche e togliere quelle che già si trovano nell'ambiente, smaltirle e riciclarle in modo adeguato.

Catalina Alvarez, VB

Il nostro mondo è stato ampiamente condizionato dall'avvento della plastica: da un lato, con la sua versatilità; dall'altro, con il suo pessimo impatto sull'ambiente. 

Quella delle bioplastiche è in questo senso una prospettiva che ci può dare conforto, data la caratteristica di essere più "green".

Tuttavia credo che, al di là di pochi prodotti sul commercio (come le bottigliette per i liquidi), ancora troppi pochi oggetti siano prodotti a base di bioplastiche, che rimangono ancora piuttosto sconosciute. In secondo luogo, oggigiorno la plastica è davvero dovunque, anche laddove se ne potrebbe fare a meno: basta andare in un supermercato, dove si trovano sempre frutta e verdura rigorosamente impacchettati in confezioni di plastica che sappiamo che impiegheranno tempi lunghi per essere decomposte.

A mio avviso, le bioplastiche rappresentano una valida alternativa alle classiche plastiche, e sarebbe dunque interessante vedere dove possano portare ulteriori ricerche in questo ambito. Solo però un generale e deciso calo di utilizzo di tutti i tipi di plastiche può aiutarci a salvare il pianeta da un progressivo decadimento.

Beatrice La Motta, VB