Nella nuova edizione del concorso indetto dal quotidiano "Il Resto del Carlino" la scuola Guinizelli è salita sul secondo gradino del podio. Qui sotto pubblichiamo i tre articoli che sono stati scritti dai nostri giovani giornalisti e pubblicati sul giornale.
Domenica 10 aprile Castelfranco Emilia si è tinta di colori sgargianti: i vestiti di centinaia di aderenti alla religione sikh ha sfilato tra le vie della città. Proprio qui, appena fuori dal centro, sorge uno dei pochi templi in Italia. Probabilmente non avete mai visitato un tempio; noi lo abbiamo fatto e possiamo garantirvi che non è come ve lo state immaginando. Nonostante sia aperto dal 2007 lo abbiamo visitato solo in questi giorni: non è un semplice tempio dedicato alla preghiera, ma molto di più. Infatti al suo interno è presente anche una stanza dei giochi per i bambini ed una cucina aperta h24 e accessibile a chiunque si voglia sfamare. La stanza del tempio adibita per la preghiera non è mai vuota: giorno e notte si alternano due sacerdoti che pregano le dieci divinità sikh leggendo il libro sacro, il Guru Grant sahib ji. All'interno di questa stanza sono esposti dei coltelli che incrociati formano il simbolo della religione. Uno dei sacerdoti che ci ha guidato, ha spiegato che per la prima volta dopo due anni di pandemia, il 10 Aprile si celebrerà il Kirt, la festa dedicata alla felicità degli dei; impossibile non accorgersene, dato che tutta la comunità (più di 100 famiglie) passeggerà per le strade di Castelfranco con musica di preghiera che risuona dalle casse. Durante l’anno altre festività importanti sono il Gurpurb, il Wasaki, e il Diwali. La domenica, dopo il rito, la comunità si ritrova per pranzare nella mensa. Una cosa che non passa inosservata è che non ci sono tavoli, ma lunghi tappeti posti in parallelo. La mensa è inoltre adornata con tantissime foto che rappresentano la storia e i personaggi più importanti della religione sikh. Dopo avervi dato un assaggio della bellezza del tempio, ci auguriamo che lo visitiate: vi accoglieranno a braccia aperte.
Filippo Bernardi, Jessica Di Sarno, Jaismeen Kaur, Francesca Pennacchi
Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile”: così scriveva il giurista Cesare Beccaria nel ‘700. Nella nostra costituzione l’articolo 27 riprende questo principio, sottolineando che lo scopo del carcere è la rieducazione. A Castelfranco Emilia questi concetti vengono pienamente rispettati attraverso attività utili per la reintegrazione nella società dei condannati. Nella cittadina emiliana si trova una delle tre “case di reclusione attenuata” presenti in Italia. Questo tipo di carcere è particolare perché, oltre ai detenuti, ospita gli “internati”, condannati al cosiddetto “ergastolo bianco”: sono coloro che hanno già scontato la pena, ma continuano la permanenza in prigione poiché ritenuti non ancora pronti per il reinserimento nella società. Nella grande struttura che oggi contiene il carcere e che un tempo segnava il confine tra lo Stato Pontificio e il Ducato di Modena, oltre lle celle e alle sale colloquio, c’è una mensa e una grande biblioteca dove si può leggere e studiare. Qui gli stranieri possono seguire corsi di lingua italiana.
È inoltre presente un teatro da 160 posti, in cui la compagnia “Teatro dei Venti” organizza un laboratorio permanente. Dalle esperienze legate alla recitazione nasce il cortometraggio Il sapore del riscatto, girato dalla regista Ginevra Barboni, che ha ottenuto il secondo posto a un concorso promosso dal Forum Italiano per la Sicurezza Urbana. Il corto parla di un carcerato che viene incoraggiato a svolgere attività rieducative. Il protagonista Salvatore Striano (ex carcerato, oggi attore di numerosi film) grazie all’aiuto delle maestre sfogline impara a preparare i tradizionali tortellini castelfranchesi. Il laboratorio promosso dall'associazione “San Nicola” è solo una delle opportunità che il carcere diretto da Maria Martone offre ai detenuti. Dal video si possono vedere molte delle possibilità che i carcerati hanno per imparare un lavoro e coltivare conoscenze e passioni. Tra le attività che coinvolgono i detenuti ci sono la produzione di ostie per la diocesi di Bologna e la lavanderia industriale. Nei ventidue ettari che circondano la casa di reclusione, invece, si curano le serre e si sviluppa una vera e propria azienda agricola che produce vino, miele, ortaggi. Inoltre, da un paio d’anni è presente in città un’officina in cui alcuni detenuti sistemano le biciclette.
Conoscere la realtà di questa casa di reclusione attraverso le parole della vicesindaco Nadia Casalgrande ha mostrato come, grazie alla collaborazione tra Maria Martone, il Comune e le associazioni cittadine, tutte le iniziative promosse aiutano a formare i carcerati. Usando le parole di Beccaria, qui a Castelfranco è chiaro che “il più sicuro ma più difficile mezzo di prevenire i delitti è perfezionare l’educazione”.
La classe 2E (a.s.2021-2022)
Medaglia d’oro al valor militare: tra le 19 donne premiate con questa onorificenza c’è Gabriella Degli Esposti, la partigiana castelfranchese brutalmente uccisa dai fascisti durante la seconda guerra mondiale.
Dopo aver letto la storia della nostra concittadina, in un caldo pomeriggio di maggio ci siamo recati a Gaggio Modenese, dove Savina Reverberi Castellani, figlia di Gabriella, assieme a Iames Cavallieri (presidente ANPI di Castelfranco), ci ha accolto per una chiacchierata. Savina, 90 anni, è piena di vitalità ed entusiasmo: l’incontro con lei è stato davvero emozionante. Cominciamo subito chiedendole della sua opera di testimonianza:
Che effetto fa parlare di sua madre?
Sono fiera di parlare con voi della mia adorata mammina, perché noi che abbiamo vissuto quella tragedia dobbiamo essere i primi a parlarne e a mantenere viva la fiamma del ricordo.
A 70 anni dalla fine della guerra cos’è rimasto indelebile nella mente?
Tutto è rimasto indelebile. Ricordo le gioie che mi hanno dato la forza di affrontare le sventure, ricordo la mamma che anche nel bel mezzo del terrore mi tranquillizza, ricordo il dolore, i danni del fascismo e le tragedie che i miei occhi hanno potuto vedere in quell’atroce periodo.
Da poco si è celebrato il 25 aprile: un pensiero che le viene in mente pensando a questo giorno?
È il giorno della vera libertà: una finestra che si è aperta per tutti. Fu una grande gioia la libertà dal nazifascismo. Io però – racconta con la voce rotta dai singhiozzi- quel giorno non fui felice: né il papà, né la mamma erano con me. Quando mio zio entrò nel nostro rifugio e a gran voce disse che eravamo liberi, raggiunsi un gruppo di gente cercando i miei genitori. Fu il cugino Walter a dirmi che la mamma era morta. Corsi a casa mia perché avevo paura che il papà, tornando dalle montagne, non trovasse nessuno. Lungo la strada incontrai il corpo morto di un soldato tedesco e provai compassione. Con grande dolore ritornai a casa dello zio.
Quante cicatrici lasciano le guerre…
Le mie cicatrici sono sempre dentro di me. Oltre a perdere un genitore, è stato complicato da adolescente fare da mamma a una sorella. A guerra finita le ferite non guariscono.
Oggi, davanti alla guerra in Europa, che messaggio dare ai giovani?
Voglio che voi lottiate per la giustizia, senza mai e poi mai pensare che la guerra sia una soluzione, perché c’è qualcosa di malato dentro al cervello di chi pensa che la guerra sia giusta.
Le storie di cui ci ha parlato Savina ci hanno commossi e ci hanno fatto capire l’importanza della libertà. Un pomeriggio che ricorderemo per sempre che si è concluso con un dono: il libro che Savina ha scritto su sua madre, Gabriella Degli Esposti, mia madre.
Cesare Bertini, Greta Fini, Sofia Izzo
Come abbiamo conosciuto la storia di Gabriella e Sabina? Grazie a una graphic novel: un fumetto scritto e illustrato da Gianni Carino. Il libro è stato regalato dall'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) e dal Comune di Castelfranco Emilia a tutte le classi della scuola, per avvicinare i ragazzi alle storie della Resistenza, proprio in questo periodo in cui testimoni diretti son sempre di meno. Il fumetto non solo è un buono strumento per raccontare a tutti chi sia stata questa donna, ma è anche un modo per immergersi totalmente, grazie alle immagini, nella Storia di quegli anni. La vita di Gabriella è raccontata con immagini semplici ma chiare, che ritraggono perfettamente la donna forte che è stata, una donna che non si abbatteva davanti ai problemi e che ha lottato e resistito con tutte le sue forze, portando avanti il suo pensiero. Se all'epoca lei ha dovuto lavorare nell'ombra, di notte, oggi la sua storia può essere raccontata con tutti i colori dei disegni, in poco più di cento pagine. Possiamo attraversa tutte le tappe della sua storia: dall'incontro col marito fino al 17 dicembre in cui fu uccisa quando ancora portava in grembo la terza figlia, che a noi piace immaginare femmina e forte proprio come Savina!
Mariem Fall, Abelzarifka Nurcja, Sara Gaia Olivetta
L’istituto Guinizelli si aggiudica il terzo posto al concorso di giornalismo “Cronisti in classe” promosso dal quotidiano “Il Resto del Carlino”. I tre articoli pubblicati per il concorso hanno convinto i giudici che hanno premiato gli alunni della secondaria con la seguente motivazione: “per essersi messi in gioco creando sondaggi e intervistando gli alunni stranieri”. All’istituto spettano due targhe e un buono Comet da 100 euro.
Il 19 giugno acquistando il quotidiano sarà possibile ricevere un inserto con gli articoli delle scuole che hanno partecipato al concorso.
Ecco alcuni dei testi scritti dagli alunni del nostro istituto...
Quest'anno il nostro istituto ha aderito all'iniziativa "Cronisti in classe", promossa dal quotidiano Il Resto del Carlino. Il concorso prevede la possibilità per le scuole aderenti di avere tre pubblicazioni sul noto quotidiano. Tre articoli tutti per noi!
I giovani giornalisti del GGnews hanno, ovviamente, approfittato di questa ghiotta occasione per mettere alla prova le abilità nella scrittura. Il primo articolo è stato scritto dagli alunni delle terze Beatrice Bertoncelli, Enrico Rubbiani, Alexandra Littler e Davide Gibertini ed è stato pubblicato il 23 febbraio 2021. I nostri compagni di terza hanno scelto la tematica della Comunicazione e si sono cimentati in un confronto tra la comunicazione di ieri e quella di oggi, intervistando anche i nonni!
Per il secondo articolo si sono sfidati gli alunni di tre seconde: D, E ed F. Le tre classi hanno lavorato alla scrittura di un articolo a tema "Come la pandemia ha cambiato le nostre vite". I vincitori sono stati gli alunni della seconda F che hanno visto il loro articolo sulla carta stampata il 24 marzo 2021 (vedi foto).
Tutti gli alunni che si sono sfidati hanno fatto un attimo lavoro e a testimonianza del loro impegno troverete qui sotto i loro testi.
Buona lettura!
Vi starete chiedendo "E il terzo articolo?". La risposta è: uscirà soltanto a maggio, quindi continuate a seguire il GGnews.
La redazione
Rosso, arancione, giallo e bianco, ormai alla domanda da dove vieni? non si risponde più con il nome della regione ma bensì con il colore. Ma come è cambiata la vita della popolazione mondiale nel lungo periodo della pandemia? Proprio in questi giorni il Covid19 ha festeggiato il suo primo compleanno (e speriamo anche l’ultimo) ma la situazione non sembra certo migliorata. Sicuramente molte della abitudini delle persone di tutto il mondo sono cambiate. Addio ai pranzi di famiglia, come il giorno di Natale, dove ci si metteva a tavola all’una del pomeriggio per alzarsi quando era già buio, addio alle zie impiccione che non perdevano tempo per chiedere l’hai trovata la fidanzatina? e ai cugini viziati che si vantavano dei costosi regali che avevano ricevuto mentre tu ti rigiravi tra le mani le paia di calzini che ti aveva fatto trovare tua madre sotto l’albero di Natale con attaccato il biglietto,con tanto amore! certo questa pandemia ha messo a dura prova i legami che si erano creati tra le persone, molte non si sono potute vedere per molto tempo, niente più viaggi e niente assembramenti, niente uscite con gli amici né abbracci e baci. Addio alle feste di compleanno con gli amici (dove l’unica cosa importante erano i regali). L’intera popolazione sembrava freezata, le giornate passavano piatte. Alzarsi, fare colazione, lavarsi e accendere il computer. E ancora aprire meet e aspettare le 8:00 per entrare a lezione, dove tanti pallini colorati apparivano al posto dei volti familiari dei compagni di classe. Mentre nel pomeriggio si facevano i compiti da mandare poi su classroom, ormai sembravano tutti robot. Le giornate al posto di uscire con gli amici andando in bicicletta o passeggiando, si passavano a casa, a leggere qualche libro abbandonato nella libreria in camera, ad ascoltare musica o a recuperare su Netflix tutte le puntate delle serie tv lasciate indietro. Quando le palestre furono chiuse, tutti sembravano impazziti, niente tapis roulant né pesi, ma anche in questo caso le persone si sono adattate e hanno iniziato a fare ginnastica a casa e a mangiare più sano, uno degli sport più famosi è il salto sul divano o lo scatto al frigo. La mascherina è diventata parte fondamentale dell’outfit di tutti (quante corse per tornare a casa quando la dimenticavamo), basta andare su Youtube e digitare nella barra di ricerca outfit&mascherina e mille video si caricano, persino la vostra vicina ha pubblicato il suo. Le eroine di questi tempi sono le nostre orecchie che oltre a sorreggere l’elastico fastidioso delle mascherine anche gli occhiali, le cuffie e gli orecchini e non stupitevi quando cadranno a terra. Scherzo, i veri eroi di quest’anno sono tutti i dottori, gli infermieri e l’intero equipe medico che da inizio pandemia si dà da fare per aiutare quante più persone possibili, un applauso a tutti gli infermieri che ogni giorno fanno milioni di tamponi che poi nei laboratori vengono analizzati.
Marco Sesa
CAMBIAMENTI NELLE NOSTRE VITE
La nostra vita è cambiata a causa del coronavirus
Sono cambiate le nostre vite per la pandemia?
Si, quelle di tutti dai più grandi ai più piccini. Lo vedevamo lontano. Dicevamo che era in Cina e che non ci avrebbe raggiunti. Pensavamo di essere immuni a lui solo perché era lontano.
Ma a marzo, del 2020 abbiamo avuto il nostro primo lockdown. Le scuole hanno dovuto apportare un metodo per continuare gli studi anche da casa, la DAD. Alcuni avevano la fortuna di poter seguire da un PC, altri dovevano connettersi con il cellulare per non perdere lezioni. La connessione non reggeva e spesso dovevamo uscire e rientrare per problemi tecnici. Abbiamo dovuto imparare ad orientarci online, su piattaforme che prima d'ora non avevamo nemmeno mai sentito.
Quando è settembre siamo tornati a scuola abbiamo trovato tutto diverso da come l'avevamo lasciato. I banchi ora posizionati su dei bollini a un metro di distanza, a circondare la cattedra c'è una riga di scotch a terra. Il regolamento scolastico era cambiato. Abbiamo orari stabiliti per le uscite per il bagno. Gli intervalli verranno fatti uno all'interno della classe uno all'esterno in base alla posizione dell'aula. L'accesso ai distributori è consentito solo nella ricreazione che si fa fuori dalla classe. Tutto diverso che ad un certo punto abbiamo perso il senso dell'orientamento all'interno della nostra stessa scuola.
Le abitudini sono cambiate. Durante il lockdown per andare a fare la spesa potevo uscire solo un membro di ogni famiglia.
Fuori dai supermercati c'erano lunghe code perché all'interno potevano entrare numeri di persone limitate. Prima di entrare devi misurarsi la febbre per controllare che le tue condizioni sanitarie siano a posto.
I gesti più banali, come ad esempio la stretta di mano, sono diventati da evitare per difendere la salute propria e quella degli altri. Adesso il saluto più comune è il batter di gomito.
Non abbiamo potuto vedere i nostri cari per mesi.
Prima incontrarsi con gli amici anche solo per un caffè, era una cosa normale e forse anche scontata. Abbiamo rimpianto tutti i momenti sprecati nel dire di no ad un amico che chiedeva di uscire solo perché "non avevamo voglia".
Gli studenti hanno iniziato a pensare che effettivamente gli mancava andare a scuola. Nessuno studente si sarebbe mai aspettato di dire una cosa del genere. Non vedevamo l'ora di tornare in classe, di metterci in fondo e ritornare alle vecchie abitudini. Lo scambio di bigliettini, il casino, il parlare… sono mancati. In mezzo ai banchi di scuola è diverso non ascoltare e fare altro che farlo dietro uno schermo e la prima differenza è che dietro allo schermo sei da solo e i tuoi compagni fastidiosi iniziano a mancarti proprio in quei momenti.
Forse dovremmo ringraziarlo per averci insegnato il valore delle piccole cose, perché non poter vedere le persone che si amano per così tanto tempo ci ha fatto riflettere su quanto siamo stati fortunati prima ad aver passato dei momenti importanti con loro.
Chiara Miloro
Un anno fa il Presidente del consiglio Giuseppe Conte ha comunicato alla tv che un virus molto contagioso, proveniente dalla Cina, stava colpendo la nostra nazione.
Pochi giorni dopo ci siamo ritrovati tutti in casa chiusi.
Lockdown generale.
Scuole chiuse, fabbriche chiuse, negozi chiusi.
Il Covid ha provocato molte vittime e ancor più contagiati.
La pandemia ha invaso tutto il mondo, ha coinvolto tutti e tutto. Salute, economia e vita sociale hanno cambiato volto.
Per ritrovare un evento globale di così grande effetto sulla vita dell’uomo dobbiamo pensare agli anni delle grandi pestilenze o alle guerre mondiali del secolo scorso.
Per noi ragazzi questa nuova realtà è stata molto difficile da sopportare, i motivi sono tanti ma il più importante è l’amicizia. Nessun decreto per autorizzare i ragazzi ad uscire e vedere gli amici, per andare a scuola naturalmente nel pieno rispetto delle distanze di sicurezza, con mascherina e disinfettanti a bordo.
E’ stato molto più semplice avviare le lezioni in DAD.
Senza tener conto degli svantaggi perché la DAD non è scuola.
La DAD soffoca il diritto allo studio dei ragazzi, annulla l’interazione sociale e aumenta il senso di emarginazione e isolamento e non permette contatti fisici.
Molti alunni non hanno il computer e altri hanno problemi di connessione.
La DAD ha anche i pro: ci ha insegnato ad usare il computer, ci ha permesso di consegnare i compiti in via telematica e di mantenere vivo l’interesse per la scuola e per le nostre amicizie.
Noi ragazzi ci siamo adeguati, ci siamo ritrovati in casa a trascorrere buona parte del nostro tempo davanti alla tv e ai videogiochi.
Nel momento in cui era proibito mangiare una pizza con gli amici, correre sui prati, festeggiare un compleanno,ci siamo chiesti come sarà il nostro futuro.
Riusciremo ad uscire di nuovo in gruppo senza mascherina? Riusciremo ad abbracciarci senza paura di contagiarci?
Torneremo a fare gesti di gentilezza come aspettare il nostro vicino di casa per salire con lui in ascensore?
Verso l’estate tutto sembrava andare per il meglio,ma non è stato così.
A settembre i contagi sono risaliti e ci siamo ritrovati nel bel mezzo di una seconda ondata di questa pandemia che non ci vuole proprio abbandonare. Le scuole superiori in DAD, le scuole medie ed elementari in presenza …
Zone rosse, zone arancioni e zone gialle, tutta Italia colorata come un puzzle deve affrontare una nuova ondata.
Dalla settimana scorsa tutto è da rifare:una terza ondata, ancora più contagiosa, ci costringe di nuovo tutti in casa.
Nuovo lockdown generale alle porte.
Dopo 365 giorni è logico pensare: ma ne usciremo?
Ma chi ci potrà mai restituire questo anno perso?
Ludovica dice:”Questa sera voglio pensare che andrà tutto bene, finalmente potremo rivedere l’arcobaleno perchè il vaccino risolverà tutti i problemi”.
Di questo Covid rimarrà solo il ricordo da raccontare ai nostri figli.
Qualcosa di buono questo lockdown ci ha insegnato: abbiamo imparato a sfornare meravigliose pizze e ottime torte!!!!
Nella prima pandemia i veri eroi sono state le persone che hanno curato gli ammalati: medici e infermieri.
Persone che ogni giorno prima di entrare sul luogo di lavoro hanno dovuto procedere con una “vestizione” davvero impressionante.
Camici, pantaloni, calzari, guanti, cuffie, mascherine, occhiali, tutti dispositivi indispensabili per la loro protezione e la protezione dei malati.
Abbigliamento che è stato indossato per tutto il turno di lavoro che a volte, per mancanza di personale, è stato raddoppiato.
Ore e ore senza poter togliere questa “corazza”.
Tutti gli italiani si inchinano e ringraziano questi supereroi!
I balconi si coprono di lenzuoli bianchi dipinti con arcobaleni e con la famosa frase “andrà tutto bene”.
Su tutti gli apparecchi elettronici la frase più scritta è stata:
“io resto a casa”.
Poi tutto cambia “dagli arcobaleni alla rabbia” questa è la frase che descrive la situazione in Italia oggi.
Il comportamento delle persone è cambiato rispetto alla prima ondata.
La rabbia è esplosa, molti cittadini accusano medici e infermieri di esagerare sui numeri, sulla pericolosità e sulla contagiosità di questo virus.
E’ vero che questa situazione ci sta danneggiando sia psicologicamente che economicamente, ma il virus circola di nuovo,
forte, prepotente e più contagioso che mai.
Dobbiamo “tenere duro” rispettare le regole e farci vaccinare!
Solo così c’è speranza di normalità.
Questa volta però l’arcobaleno è rimasto un fenomeno atmosferico, sui balconi è rimasto il buio
Testi di: Azibi Aymen-Bombace Roberto-Iannucci Aurora-Milanesi Sara-Toselli Ludovica-Tranchese Sofia