Europa

MIGRANTI:
L'ennesima STRAGE nel MEDITERRANEO 

26 febbraio: un barcone di 584 migranti proveniente dalla Turchia affonda a un centinaio di metri da Cutro, cittadina calabrese in provincia di Crotone. Sono 91 i morti accertati di cui 35 bambini. L'ennesima storia di morte che arriva dal Mediterraneo.

Come queste vittime, altri 159.400 migranti tentano, ogni anno, la traversata nel Mediterraneo per arrivare in Italia o in altri Paesi dell'Europa, nella speranza di trovare condizioni di vita migliori.

I flussi migratori verso l’Europa si sviluppano essenzialmente lungo due rotte:

• quella che passa per il Mediterraneo centrale: con arrivi in Italia e a Malta di migranti provenienti maggiormente dall’Africa subsahariana e dall’Africa settentrionale, e che partono dalla Tunisia e dalla Libia.

• quella che passa per il Mediterraneo orientale con arrivi in Grecia, a Cipro e in Bulgaria. I migranti che utilizzano questa rotta provengono in gran parte dalla Siria e dai Paesi del Medio Oriente. Tra i naufraghi del 26 febbraio la maggior parte proveniva da Iran, Pakistan e Afghanistan.

Spesso leggiamo sui giornali di barche di migranti affondate e ancora più di frequente vediamo in tv le immagini dei viaggi "della speranza" che molte persone intraprendono. Quest'ultima tragedia ci ha spinto a fare chiarezza su alcune cose, a partire dal dato che più sorprende: l'enorme quantità di persone che sale su una minuscola scialuppa “buttata in mare aperto”.


MA CHI È CHE FA PARTIRE QUESTI BARCONI METTENDO IN PERICOLO LA VITA DEI MIGRANTI? 

La risposta si sa: gli scafisti. Ma chi sono questi uomini? Gli scafisti fanno parte di organizzazioni criminali che sfruttano la disperazione di molte persone. I migranti scappano da guerre, fame, siccità o da condizioni di povertà estrema e sognano un futuro felice nel continente europeo, dove la qualità della vita è decisamente migliore. Per questo sono disposti ad affidarsi a chiunque dia loro la possibilità di raggiungere le coste europee. Le organizzazioni criminali approfittano di questa situazione per arricchirsi: infatti mettono a disposizione, in cambio di molti soldi, piccole imbarcazioni, sulle quali salgono molte più persone del dovuto. Gli scafisti sono coloro che guidano queste imbarcazioni e che, spesso, dopo poche miglia di navigazione, dopodiché abbandonano i migranti al mare aperto. 

A volte accade che i migranti diano agli scafisti tutto ciò che hanno pur di intraprendere il viaggio. Proprio per questo, i criminali interessati solo ai guadagni, fanno partire centinaia di persone, in barche piccole e inadatte, senza rispettare le norme di sicurezza.

L'ultimo naufragio ha spinto molti esponenti della politica ad affrontare il problema dei barconi nel Mediterraneo. A parlarne dopo la tragedia di Cutro è stata la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che rivolgendosi all’Europa ha detto: “l'unico modo per affrontare seriamente, con umanità questa materia è fermare le partenze”, facendo capire che la sua opinione è quella di interrompere l'attività degli scafisti. 

Anche il segretario dell’ONU, Antonio Guterres, è intervenuto sulla questione affermando che “finché bande criminali controlleranno le rotte migratorie le persone continueranno a morire. Abbiamo bisogno di percorsi sicuri, ordinati e legali per migranti e rifugiati”.

La speranza di tutti è che i politici trovino presto una soluzione. 


VOCI DALLA CATASTROFE                                                                                           

Sono tanti i motivi per cui i barconi affondano: le forti e potenti correnti del Mediterraneo; il numero di persone a bordo, superiore al consentito; l'avaria dei motori di barche vecchie e decadenti. Una volta che le imbarcazioni affondano, il destino dei naufraghi rischia di essere tragico: se i soccorsi non sono tempestivi, il freddo, la stanchezza e le alte onde hanno la meglio. 

Sulla barca la tensione aumentava e il mare diventava sempre più agitato", racconta uno dei sopravvissuti di Cutro, "i migranti chiedevano spiegazioni sul perché non arrivavano in Italia. Non potevamo nemmeno telefonare ai soccorsi perché non c'era la possibilità".

Un giovane siriano rivive il dramma successivo al naufragio del barcone: "sono rimasto in acqua almeno tre ore aggrappato ad un pezzo della barca e sono stato recuperato quando era già giorno da una motovedetta della Guardia costiera".

"Ero nella stiva quando c’è stato l’urto", spiega piangendo un altro testimone, "sono subito salito insieme ai miei due nipoti e ci siamo gettati in acqua. La bambina però è morta mentre l’altro nipote si è salvato".

Questi racconti di chi si è salvato al largo delle coste di Cutro ci fanno capire le emozioni, la tensione e il panico che i migranti provano nel mezzo di un naufragio. Paure che vivono ogni giorno coloro che provano ad attraversare il Mediterraneo con la speranza di una vita migliore. 

Allora è bene riflettere su questo: se i migranti che cercano di arrivare in Europa sono disposti a pagare costi altissimi, mettendo a rischio la propria vita, da quale vita scappano? Sicuramente molto diversa dalla nostra: un'esistenza di povertà estrema, di paura, di sogni e speranze per un miglioramento. Per questo possiamo affermare che la gente che intraprende questi viaggi è quasi “costretta” a scappare dal proprio Paese. Ormai annualmente sono 85 i naufragi che coinvolgono persone innocenti e che cercano solo di vivere una vita normale, protetti e al sicuro.

Arianna Bozzoli e Cesare Bertini