Alya
Anima, elevazione celeste e purezza invisibile
Alya
Anima, elevazione celeste e purezza invisibile
Non è una vampira. Non lo è mai stata. Eppure Salem — la città dei non-morti, delle cripte illuminate da candele, delle chiese sconsacrate — l’ha accolta come una figlia. Nessuno sa spiegare fino in fondo perché. Forse perché Alya porta nel sangue una verità che i vampiri riconoscono al primo sguardo: è Anima. È presenza. È risonanza pura. È estremamente magra, quasi evanescente. Cammina come un’ombra che ha imparato a sopravvivere. I capelli — neri, lunghi, lisci come vetro di notte — scendono come una promessa di silenzio. La pelle è lattiginosa, fragile, ma mai debole: sembra porcellana, ma resiste come la pietra che ha visto troppi inverni.
Cresciuta ai margini del Mondo Cardine, attrice nel teatro crepuscolare, perseguitata dai governanti perché il suo messaggio era troppo libero… Alya ha conosciuto la fame, la prigionia, la fuga. È arrivata a Salem distrutta, e lì i vampiri — invece di divorarla — l’hanno scelta. Le hanno concesso casa, palco, identità. E lei, in cambio, ha donato ciò che possedeva di più sacro: la sua arte.
Nelle notti della Sagra del Sangue danza come se la vita dipendesse da ogni gesto. Sembra volare, e forse vola davvero. Quando la musica tace, il pubblico vede ciò che gli Arconti temono da sempre: la manifestazione dell’Anima.
Alya è umanissima… ma respira come una scintilla oscura. Non si piega, non si spezza, non obbedisce. Il legame con Aisha, sua sorella, è assoluto: un filo che nessuno potrà mai spezzare.
Alya non è una guida, né una guerriera. È la voce fragile e potente di un mondo ferito. È l’unica umana che i vampiri chiamano “una di noi”. E quando la luna si alza dietro la chiesa sconsacrata e il vento le muove i capelli, Salem tace. Perché in quel momento non vedono una ragazza. Vedono l’Anima.