Grandiosa dimora tardo-quattrocentesca e splendida dimora in stile gotico-catalano di Francesco Patella o Abatellis, che fu maestro portolano del regno e pretore della città, il quale commissionò i lavori di costruzione all’architetto Matteo Carnalivari.
Alla sua morte, il palazzo divenne convento benedettino e sul lato nord-orientale venne costruita una piccola cappella rettangolare con volte a crociera; nei secoli successivi vi furono apportati diversi cambiamenti ed ampliamenti. Il palazzo si presenta disposto attorno ad un ampio atrio con un lato porticato.
Dal 1953 è sede della Galleria Regionale della Sicilia, dove sono esposte opere di artisti siciliani medievali, tardo-medievali, vasi e manufatti di epoca araba, pitture del sei e settecento.
Sicuramente, le opere d’arte di maggior rilievo sono: lo splendido affresco del “Trionfo della Morte” di ignoto, realizzato nel XV secolo, ritenuto un capolavoro dell’arte pittorica di quel periodo; il delicatissimo busto di Eleonora d’Aragona eseguito da Francesco Laurana; l’intensa “Annunziata” di Antonello da Messina dipinta nel 1473, considerata una autentica “icona” del rinascimento italiano.
Il Trionfo della Morte è un affresco staccato (600×642 cm) conservato nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo. Oltre ad essere uno dei migliori dipinti su questo tema, è l'opera più rappresentativa della stagione "internazionale" in Sicilia, culminata durante i regni di Ferdinando I (1412) e di Alfonso V d'Aragona (che nel 1416 fece di Palermo la sua base per la conquista del Regno di Napoli). Non si conosce il nome dell'autore (indicato come un generico Maestro del Trionfo della Morte) e viene datato al 1446 circa.[1], anche se lo storiografo Gioacchino Di Marzo attribuì ad Antonio Crescenzio un Trionfo della morte che potrebbe essere quello al momento di autore ignoto.
Una donna giovanissima, dai lineamenti raffinati, gli occhi neri, profondi, il viso di una purezza disarmante, affonda lo sguardo magnetico nel vuoto, davanti a sé, verso un punto indefinito. Con il capo coperto da un velo - che ricorda il colore del mare di Sicilia - sembra ascoltare una voce che le parla dentro, mentre una leggera brezza agita le pagine del libro appoggiato su un leggìo. E sembra davvero un capolavoro dipinto da “un pittore non umano" - come ebbe a definirlo suo figlio, Jacobello - L’Annunciata, sublime icona e sintesi dell’arte di Antonello da Messina, il "solennissimo depentore"che ebbe come grande merito quello di aver saputo cogliere in un sorriso l'uomo, trasferendolo nella sfera del sacro.