"Scoprite ciò che non siete. Corpo, sentimenti, pensieri, idee, tempo, spazio, essere e non essere, questo o quello. Ossèrvati, vediti, accèttati come sei, e scendi ancora più a fondo in ciò che sei. Non siete niente di concreto o astratto che potete indicare. Dovete osservare voi stessi e la vostra mente, attimo per attimo, senza lasciarvi sfuggire nulla".
La parola stessa è il ponte. Ricordala, esplorala, percorrila intorno, guardala da tutte le parti, immergitici con la massima serietà; sopporta ogni ritardo e disappunto finché all'improvviso la mente ruoterà, fuori della parola, verso la realtà che è oltre. È come cercare di rintracciare una persona conoscendone solo il nome. Viene un giorno in cui le tue ricerche ti portano ad essa, e la parola diventa realtà. Le parole valgono. C'è un legame che le unisce ai significati, e se s'indaga attentamente sulla parola, si oltrepassa il concetto, e si tocca l'esperienza che sta al fondo. In realtà, questi reiterati tentativi di oltrepassare le parole, è ciò che si chiama meditazione. Il sadhana, la disciplina meditativa, non è che lo sforzo costante di doppiare il piano verbale verso l'ineffabile. Pare un progetto senza speranza, finché, all'improvviso, tutto diventa chiaro e così meravigliosamente facile. Ma finché ti appaga il modo in cui vivi, ti asterrai dal balzo finale nell'ignoto.
Posso solo dirti ciò che so per esperienza personale. Quando incontrai il mio maestro, mi disse: "Tu non sei quello che credi di essere. Scopri ciò che sei. Osserva l' "io sono", scopri il vero te stesso". Gli obbedii perché mi fidavo di lui, e feci come mi aveva detto. Tutto il tempo libero lo passavo osservandomi in silenzio. Che rapido cambiamento! Mi occorsero solo tre anni per realizzare la mia natura. Il maestro morì poco dopo, ma non fece alcuna differenza. Tenni a mente ciò che mi aveva detto e perseverai. E il frutto è ora qui, con me.