Pittore, grafico e regista statunitense (Pittsburgh 1928 - New York 1987). Personalità ossessiva ed eccentrica, fu tra i più significativi esponenti della pop art imponendosi, anche come personaggio, nella scena artistica internazionale. Notissime le sue serie serigrafiche dedicate al concetto della riproducibilità e della commercializzazione dell'arte.
Figlio di immigrati slovacchi, dopo gli studi al Carnegie institute of technology nel 1949 si stabilì a New York, dove cominciò a lavorare come grafico pubblicitario ottenendo numerosi riconoscimenti. Nel 1961 eseguì le sue prime serigrafie ispirate ai fumetti, ai prodotti commerciali e alle immagini tratte dai mass media che elaborò in serie, portando alle estreme conseguenze il principio della riproducibilità dell'opera d'arte e dell'arte come prodotto commerciale (Campbell's soup, ritratti di Marilyn Monroe, ecc.). Nel suo studio, luogo d'incontro per artisti e intellettuali, promosse eventi multimediali registrati in filmati, preludio al suo vivo interesse per la fotografia e la cinematografia.
W. realizzò sia lungometraggi di monotona staticità (Sleep, 1963) sia filmati con una certa tendenza al racconto (Chelsea Girls, 1966, proiezione contemporanea di due pellicole su schermi differenti; Lonesome Cowboys, 1967; L'Amour, 1972; Andy Warhol's Bad, 1977). Dal 1970 si dedicò prevalentemente ai ritratti elaborati con tecnica fotoserigrafica e manipolati con pesanti segni, chiazze di colore e larghe pennellate. Tra i suoi scritti: Andy Warhol index book (1967); The philosophy of Andy Warhol (form A to B and back again) (1975; trad. it. 1983); Andy Warhol's party book (1988). Pittsburgh ospita un museo a lui dedicato (1994). Nel 2009 è stato pubblicato in lingua italiana America (1985), viaggio nella terra della cultura pop e lettura critica di vezzi e trasgressioni dell'America reaganiana.
Gli anni Sessanta sono stati un decennio di grande fermento per l’arte e non solo. Una delle tendenze artistiche che stavano avendo grande diffusione erano la performance e l’happening, pratiche dinamiche e presso imprevedibili che si sviluppavano a partire dall’estro creativo di artisti spesso “sopra le righe”.
Anche Andy Warhol suo malgrado si è trovato protagonista di un gesto performativo ad opera dell’artista Dorothy Podber.
Era una tranquilla giornata del 1964 quando l’artista irruppe nello studio newyorkese di Warhol con intenzioni non del tutto chiare a prima vista. Podber aveva la fama di essere una “ragazza selvaggia”, ma Warhol mai avrebbe pensato all’epilogo che si sarebbe verificato di lì a poco, causato da un “fraintendimento linguistico”. Quattro grandi tele raffiguranti Marylin Monroe erano appoggiate contro il muro, impilate, e attirarono subito l’attenzione dell’ospite del pittore Warhol. Tant’è che chiese se potesse “shoot them”, che in inglese significa sia “fotografare loro” che “sparare loro”. L’artista pop, ovviamente, interpretò questa richiesta pensando che Dorothy volesse semplicemente fotografare le sue opere. Ma così non fu. Infatti, la performer estrasse dalla sua borsetta una pistola e mirò prima a Andy Warhol e in seguito alle serigrafie. Poi fece fuoco, sparando all’altezza della fronte di Marilyn Monroe, proprio in mezzo agli occhi.
Dopo questo atto di “follia”, Dorothy se ne andò come se nulla fosse. A posteriori il suo gesto è stato considerato un “art happening”. L’arte d’altronde non è nuova ai rapporti con le armi da fuoco, basti pensare alla celebre performance “Shoot” di Chris Burden del 1971, durante la quale l’artista si fece sparare da un assistente.
Tornando alle opere di Andy Warhol, queste divennero note con il nome di “Shot Marilyns” e sicuramente questo aneddoto contribuì ad accrescere l’interesse e il fascino nei loro confronti.
Andy Warhol, comunque, rimase piuttosto scosso dall’avvenimento e decise di non far più frequentare il suo studio alla performer.