Polizia contro il bullismo: Progetto Scuole Sicure

La Polizia di Stato ha organizzato un incontro nelle scuole per parlare del bullismo e su cosa possiamo fare per riconoscerlo e combatterlo

Alcune settimane fa, sono venuti nella nostra scuola dei poliziotti per il progetto “Scuole sicure” per parlarci del fenomeno del bullismo e di come affrontare il problema. In questo articolo si vuole approfondire la discussione avvenuta insieme a loro affinché il messaggio possa arrivare nella maniera più chiara possibile.

Prima di tutto, ci hanno spiegato la differenza tra cos’è uno scherzo e cosa non lo è. Lo scherzo è una specie di “gioco” dove si divertono sia chi lo fa sia chi lo riceve. Quando solo una persona si diverte, si è davanti a quello che potremmo chiamare un “dispetto”. Ciò, in alcuni casi, rischia di ripetersi giorno dopo giorno, finché non diventa qualcosa di costante nel tempo. A quel punto, non è più un semplice “dispetto”. Davanti a cosa ci troviamo, allora? BULLISMO. La lingua italiana ci offre tante parole per esprimere ogni concetto, perciò usiamo quelle giuste negli opportuni momenti.

Nel fenomeno del bullismo, come penso che chi legge sappia, sono presenti tre “ruoli”: il bullo (che chiamerò al maschile per convenzione), la vittima e il “pubblico”. Il bullo, infatti, monta una specie di “teatrino” (per riprendere l’esempio fatto dai poliziotti) dove può salire su un “palco” e mostrare a tutti la sua “forza” quando si accanisce sulla vittima, fisicamente o verbalmente. Ne ha bisogno. Dato che ha quasi sempre problemi nel relazionarsi con il prossimo, crede che l’unico modo per essere visto dalle altre persone sia mettersi in mostra, denigrare un’altra persona e ricevere gli “applausi del pubblico”.

In alcuni casi, questo teatrino, grazie alle tecnologie che oggi ci permettono di essere sempre connessi con il mondo, si espande al di fuori delle mura di un edificio: è il caso del Cyberbullismo. Questa forma di bullismo può essere molto peggiore, perché i potenziali visualizzatori sono milioni.

In alcuni casi, questo teatrino, grazie alle tecnologie che oggi ci permettono di essere sempre connessi con il mondo, si espande al di fuori delle mura di un edificio: è il caso del Cyberbullismo. Questa forma di bullismo può essere molto peggiore, perché i potenziali visualizzatori sono milioni. Inoltre, a volte, non si può nemmeno risalire all’identità effettiva del bullo, in quanto è nascosto dietro a uno schermo. In un incontro con la polizia postale al quale la mia classe aveva partecipato in precedenza, c'era stato raccontato di un ragazzo di nome Andrea che, nel 2012, andò a scuola con dei pantaloni rossi che in lavatrice erano diventati rosa. Una volta a scuola i suoi compagni gli scattarono una foto e la postarono, così per tutti diventò “il ragazzo dai pantaloni rosa”. Quel ragazzo arrivò al suicidio.

In poche parole, persone da tutto il mondo possono insultare altre persone dall’altra parte del mondo senza nemmeno saperne l’identità.

Si potrebbe pensare che il bullismo sia una “cosa da niente” che si verifica solo tra ragazzi e in luoghi di ragazzi (scuole, palestre, etc.). Ebbene, gli atti di bullismo sono dei veri e propri REATI. Un esempio? Se rubo una matita, sono colpevole di furto. Spezzo il righello a un’altra persona? Danneggiamento. Minaccio una persona di darmi i soldi per il pranzo e se non lo fa la picchio? Rapina.


Il bullismo, in tutte le sue forme, non è solo una cosa di ragazzi/e. Riguarda tutti. E tutti dobbiamo saper intervenire nella giusta maniera. Se assistiamo a qualcosa che ci sembra bullismo, a livello immediato bisogna difendere la vittima. Dopodiché dobbiamo comunicare l'accaduto a una persona adulta affinché provveda. NON SI TRATTA DI FARE LA SPIA, SE LO SI FA PER AIUTARE UNA PERSONA CHE SOFFRE. Denunciare significa aiutare la vittima, ma anche chi fa le violenze, perché se ha bisogno di mettere in scena degli atti del genere per avere le sue attenzioni, vuol dire che c’è un problema che va risolto.

Non devi rimanere a guardare, vuol dire solo essere complice della violenza. Vuol dire essere solo un’altra persona che fa parte di quel pubblico ad applaudire il bullo.



B.G. IIE