"Canaris a Scio" di Benedetto Civiletti 

Al Giardino Inglese, è collocato un gruppo marmoreo opera di Benedetto Civiletti che rappresenta due marinai su una barca.

ll cosiddetto gruppo Canaris, erroneamente definito da alcuni  “I fratelli Canaris”. 

In realtà non si tratta di due fratelli, ma di Costantino Canaris e del suo compagno Giorgio Pepinis, due eroi dell’ottocentesca guerra di indipendenza greca.

Sono raffigurati mentre compiono una spettacolare e ardita azione di guerra che risale al 1822, nel tentativo di appiccare il fuoco alla flotta ottomana, a Scio. Il gruppo in marmo bianco di Carrara, poggia su di un basamento in billiemi, realizzato per l’attuale collocazione all’interno del padiglione moresco del Basile. 

L’attimo è fotografato con estremo realismo, i particolari, ben definiti, esprimono tutta la tensione del momento. Le vele sono ammainate e formano il drappeggio sotto le figure appollaiate sulla prua del piccolo natante. Pepinis, collocato dietro Canaris lo tocca con la mano la spalla di Canaris quasi a fargli coraggio mentre con l’indice indica il bersaglio. Un amicizia suggellata da questa vicinanza che è una libera interpretazione del Civiletti dal momento che in realtà, secondo le cronache, Pepinis era a capo di un secondo brulotto. Ma d’altronde lo storico Brofferio raccontando l’episodio, specifica che i due si presentarono tenendosi per mano ad indicare una profonda amicizia ed unità di intenti.

Quello originale in bronzo fu esposto nel 1875 in occasione del congresso degli scienziati, dove venne acquistato dal principe Umberto di Savoia e donata al Comune di Palermo.

Nel 1878 l’opera fu presentata all’esposizione Internazionale di Parigi e premiata con la medaglia d’oro, rendendo il giovane autore palermitano noto in tutto il mondo.

La sua copia in marmo fu collocata inizialmente a Villa Giulia, e successivamente al Giardino Inglese in una vasca e poi spostato nel padiglione dove attualmente si trova. Il prototipo in gesso fu realizzato nel 1873 ed è esposto nella Gipsoteca di Palazzo Ziino.

L'incuria e la rovina caratterizzano questa scultura ormai abbandonata a se stessa, rovinata da disegni e frasi scritte su essa e sui muri del tempietto che dovrebbe custodirla,  mostrando il poco interesse del comune e dei cittadini alla pulizia e la manutenzione dei propri beni culturali.