La guerra del vino

(Arrapaho)

 

La guerra dei vini narra dell’approccio di uno schizofrenico viticoltore francese (di volta in volta a nome: Chateaubriand, Lombardoni, Pommery) ad un compiacente concorrente italiano, Eugenio Verdicchio. Alla fine degli anni’70 ci furono dei contrasti commerciali fra Italia e Francia sull’import/export del vino, e la nostra vicenda trae spunto da questo accadimento.

Il francese (Pace) mostra fin dall’inizio di voler affascinare Verdicchio (Cerruti), che si mostra più ingenuo; tanto è vero che la prima mossa del francese è dichiarare al suo concorrente che intende vendergli il suo vino, magnificandone le qualità: evidentemente considera la sua controparte così inferiore da non ritenere opportuno nessun sotterfugio, nessuna diplomazia o formalismo.

Verdicchio non è invece così sprovveduto: al di là di Mentone, ha "un box pieno di damigiane di vino frizzantino, buono, frescofresco", per cui ritiene che Pommery abbia preso "una strada sbagliata". E anzi passa al contrattacco, quando Lombardoni lo dileggia sostenendo che il suo "vin c’est pas bon" facendosi raccontare le "etichette precise di quello che vendi tu".

Lombardoni snocciola: "le Pommery di Quatre-vent six annes (chiavica eccezionale), la Rochelle de premieres annes (eh…anche peggio), la Bourguignone dell’annes passeés (questo non si mangia neanche coi crostini)", e ciò non impedisce a Verdicchio di replicare al tecnicismo snob di Chateubriand con una descrizione molto precisa di dove il vino francese "sa di tappo: mentre sta scorrendo in centro, sa di tappo a sinistra; a destra è meglio: dovresti venderne mezza bottiglia".

Verdicchio la sa lunga: aveva subito inquadrato il suo interlocutore, frenandone la sicumera quando all'inizio gli evita di pestare qualcosa di spiacevole in cui facilmente ci si può imbattere in campagna.

Le schermaglie a cui abbiamo assistito non sono una vera guerra: sono schermaglie amorose e Pommery se ne accorge, e rompe gli indugi. Si accorge che Verdicchio disprezza, ma per comprare (e non il vino: "innamorati un po’"), e va per le spicce.

Eugenio però vuole il corteggiamento e il francese gli propone lunghe passeggiate "sulla plage, al tramont, nous chamminaum…", ma subito dopo azzarda un bacio ottenendone uno "frizzantino, ma buono", e poi entrambi si lasciano prendere dalla passione ("che belle langue che tu ha, che corp, che corpett, mon Dieu, MON DIEU, vive la France").

L’atto si concretizza sulla carta, ovviamente dei vini, ed è sulla diecimila lire che Verdicchio nemmeno rimedia per tornare felice in Italia, visto che quando il francese ha finito (contemporaneamente alla base) lui "mo’ ha cominciato".

Ed è con stizza che liquida il deludente francese con le parole di Incubo "vattenne, nun me rompere ‘o cazzo a quest’ora… carta!".

Dei vini, ovviamente.


YouTube - La guerra del vino

Testo