Il circo Loffion

(Uccelli d'Italia)

 

"Signore e signori buonasera, vi parliamo da Capozza, un paese al limite del…guaio".

Insieme a Vacca, La ricreazione, Marcialonga, Damm’e denare, Arrapaho, ed altre ancora, Il circo Loffion appartiene al filone della "radiocronaca", riconoscibile dall’inconfondibile incipit "Signore e signori buonasera" pronunciato con un’unica emissione di fiato da Cerruti, a volte (come nel caso de La ricreazione) a due voci con Pace, a volte addirittura sdoppiato sui due canali stereofonici in due racconti paralleli.

Nonostante il tema la base è un tipico paso doble da corrida, che comunque rende bene l’atmosfera festosa di un circo dove non c’è da stare molto allegri essendo "’na loffia".

Il cronista è onesto latore dei numeri che di volta in volta ci illustrerà vividamente sebbene con distacco. Fa intendere bene sin dall’inizio che i numeri, sebbene sui generis, sono disgustosi o nel migliore dei casi "orrendi".

Il primo è "un numero schifoso basato sulla chiavata della mosca"; la descrizione di questo numero è incomprensibile, ed è probabilmente frutto di un’improvvisazione estemporanea di Cerruti, dal momento che "il numero viene molte volte sopraffatto".

L’impostazione improvvisatoria di questo brano, o quantomeno delle descrizioni dei numeri, traspare da alcune libertà di interpretazione di Cerruti (ad es. chiamare in causa la parodia di Totò Savio, nei panni del maestro Savions, autore della musica che accompagna i numeri "normali", anzi a suo dire sono i giochi che fanno da sottofondo a "questa musica orrenda").

Il secondo numero (il prestigiatore senza carte che fa i segni con le mani) è meglio descritto e presta l’occasione per dire che la troupe del circo incamera "melanzane e poparuoli" che il pubblico tributa al prestigiatore Loffion, titolare dell’omonimo circo, perché "nun tengono manco ‘na lira pe’ magnà" (più avanti vedrete qual è stato l’incasso medio degli ultimi quarant’anni).

I Loffion, come gli Orfei e i Togni, sono una famiglia circense: prova ne siano le famose "Loffion", le "ballerine monogamba" che "zompetteano e strimpelleano al suono della musica del maestro Villoresi", verosimilmente presente nella "sceneggiatura" del brano a differenza del già citato Savions, dal momento che ne fornisce una descrizione più particolareggiata, organica al discorso e assonante con la "clinica Ancaresi" della quale si parlerà successivamente.

Si nota un misterioso calo di volume in corrispondenza di una incomprensibile frase di Cerruti: "ma il…l’attrazione dello spettacolo, nei [o dei] minimi dettagli, è il cavallo Pascalone", frase che appare troppo inconcludente anche per gli Squallor.

Sembra impossibile che gli autori di Berta, quei senza vergogna, debbano cancellare qualcosa. Che cosa copre quel "dello spettacolo" che sembra sovrainciso?

Ma dedichiamoci a questa meraviglia della natura, che è il cavallo che "va a gettoni: infilando una moneta di venti lire [e qui il cronista si fa imbonitore] il cavallo caaackh… caaackh… cackh" (impossibile rendere per iscritto l’esilarante pronuncia di Cerruti). Questa ripetizione ossessiva (che richiama lo "scarpe alle moglie" di Manzo) sembra sottolineare l’inevitabilità dell’effetto della moneta. Invitiamo ad un attento ascolto delle variazioni nella pronuncia: il primo cac dimostra il subitaneo ed inevitabile effetto ("Cac!"), il secondo sottolinea la prolungata azione delle moneta ("Caaaaac…"), il terzo stabilisce che quello e solo è l’effetto e la sostanza del numero ("Cac.").

Il disgusto del pubblico è vieppiù aumentato dalla redistribuzione, "al ritmo di trentamila battiti al minuto", del prodotto di Pascalone, e dall’ingordigia di "Maria Slinguatutto" che invece di offrire i cornetti, cocacole e aranciate al pubblico "li mangia tutti" proprio tra il pubblico. In una seconda stesura le aranciate si trasformano misteriosamente in pop-corn, ma questa è un’incongruenza minima che potrebbe spiegarsi anch’essa con una successiva sovraincisione per chiarire che Maria non mangia il pubblico bensì i gelati.

L’acme del disgusto è affidato al giovane rampollo dei Loffion, Loffion Jr., "domatore di chiattilli" che altro non sono che le già famose piattole (cfr. Manzo). Per la cronaca di questo momento Cerruti torna imbonitore "si mette un uomo disteso… con i peli in primo piano [apprezziamo la delicatezza della descrizione] e lui con una mini-frustina: ZING [leziosetto] e salta la piattola, e ZING e salta la seconda piattola, finchè gli spettatori disgustati [e qui torna cronista enumerando] dalla cacata del cavallo…e dalle piattole" abbandonano al suo destino di fallimento questo circo che negli ultimi quarant’anni ha incassato in media "due pesetas per un dollaro" prima di essere svenduto "alle attività croniche dell’ospedale Ancaresi".

Insolitamente in questo brano la base è sufficiente a contenere l’estro di Cerruti che ha il tempo di salutare, a nome di Lollo, e di avvisare in chiusura (con la classica voce da megafono usata anche per la coppia idrofuba di A chi lo do stasera):

"Attenzione: il leone targato ROMA 4644543 se sta magnanno ‘a coscia ‘e nu’ guaglione: si prega il proprietario di ritirarlo"


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