Confucio

(Cappelle)

 

Tanto per cominciare: perché questo titolo? È vero, più in là i nostri hanno più volte disturbato il pensatore orientale, immortalandone alcune perle di saggezza (una per tutte: "m’e sfrantecat’o cazzo.") a lui chiaramente attribuite ("ce simmo rutt’o cazzo").

Ma nel contesto di questo brano non sembra esservi relazione con il cinese di quel tempo antico.

Azzardiamo l’ipotesi suggestiva: Confucio sta per confusione ed è un attestato di modestia perché il brano in questione tutto è tranne che confuso: abbiamo l’impressione che si tratti di una vera e propria sinfonia squalloresca dove ogni voce è un personaggio delineato, a differenza di Guatemala che è vera confusione (sebbene irresistibile e giustificata dal tema della cavalcata eterogenea).

A conferma di questa lettura l’avvicendarsi dell’orchestra e del solista che, a volte, s’inseguono in spernacchianti contrappunti fino al crescendo ("Vuoi...Prr…Vuooi…Prrr") all’ultimo sdegnosamente negato dal onorevole-tenore ("volete ma ve mann'affanculo!").

Il tema di quella che abbiamo deciso essere una sinfonia è un comizio molto partecipato.

L’onorevole esordisce in un introibo di politichese arrogante e incurante delle voci della piazza nella quale si consuma una serie di drammi familiari; si perdono nell’ordine (nel disordine, per la verità): un bambino, un padre, Mario, dopodiché vengono ritrovati: un bambino (sotto un giornale), che si rivela essere il figlio dell’onorevole, un pingone conteso. Del padre nessuna nuova.

Nella concitazione dello smarrimento1 si compone una graduatoria di importanza della disgrazia dalla quale si può evincere che perdere il padre è più grave che perdere il figlio. Infatti la folla si dimostra sensibile al grido di "ho perso mio figlio", ne richiede una descrizione – sommariamente il genitore lo tratteggia come un "capo di bomba" – si fa in quattro per ritrovarlo. Ma dal momento che ‘o cane mozzeca sempe ‘o stracciato, chi si ritrova? Il figlio dell’onorevole, snaturato padre che neanche si era accorto di averlo smarrito.

Poniamo attenzione alle parole dell’onorevole - della strepitosa base mezzo discomiusic e mezzo discosamba parleremo poi: parliamone adesso: è troppo bella: e non se ne parli più - politichese arrogante e incomprensibile ("la riflessione dev'essere immersale (?)" ) cui si contrappone una genuina concretezza dell’uditorio ("cappelle facciamo mortadelle") tutta slogan comprensibilissimi a parte un "sèstrumbiataMarètà" 2.

L’onorevole sciorina un monologo affatto rivolto ai propri interessi, nel quale gli elettori hanno più doveri e responsabilità del lecito; egli infatti imputa all’uditorio alcune veniali "ingiustizie sociali" che magnanimamente condona, dal momento che il paese (lui e la classe politica), ben altro si aspetta: cose più "congrue, più vitali, più sindrome, più incapocchiate". È così poco attento alla piazza che ritiene le sonorissime e prolungate pernacchie e i copiosi epiteti di "mariuolo, ladro, latrina, fetent'e mmerda" al suo indirizzo come significazione di stima ("Tutte queste espressioni di amore e di affetto").

A propria maggior gloria l’onorevole ricorda il misterioso episodio del cinema Capitol , che pure deve aver condotto non impeccabilmente visto che "E' vero, è vero, alcuni errori sono stati fatti" ma, e qui l’improntitudine del politico si dimostra nella sua gragrande discordia, "ma possono essere rimediati…" purchè la fiducia venga rinnovata e sostenuta congruamente ("Basta che arrivano a noi li… i congrui…").

Una volta assodato questo inizia l’autocompiacimento e si mostra la vera faccia del comiziante che dichiara ciò che gli interessa veramente: "In sintesi, l'unica cosa che a noi ci interessa sono i voti". E non gli interessa nei modi ma esclusivamente nella prassi (i voti "o li portate a me o li portate a lei."), né è disposto a concedere niente in cambio ("non se ne parla neanche di riforme o di cose perché noi siamo qui e non ci muoviamo più").

Succede ora un fatto curioso: per tutto il comizio bordate di pernacchie e improperi sono state ben accolte e addirittura scambiate per complimenti, ma quando la folla prende ad acclamarlo con il suo nome ("Carlo Carlo"), l’onorevole s’incazza, mandaffanculo e minaccia di gas in bocca (sic) l’uditorio, non prima di aver vituperato la memoria dei defunti del suo elettorato.

Di quello che accade nella folla abbiamo già accennato: smarrimenti, insulti, virtuosistiche pernacchie. Contestatori sciolti fra i quali si riconoscono molte voci che si accordano in modo sublime con il cambio di ritmo discosamba-discomusic:

Cerruti liscio: ha perso un bambino (e non se ne cale), ha perso il padre (e se ne duole), non trova più Mario, guida il coro

Cerruti gassato: detrattore sfegatato e astioso lanciatore di contumelie alcune incomprensibili

Un misterioso foggiano: trova un bambino dove nessuno lo vede, invita l’onorevole a tornarsene al sud, gli da’ del ladro, del disgraziato ma soprattutto del mariuolo, reclama un pingone

Uno spernacchiatore ritmico (come in Guatemala)

Il coro: intona slogan quali La-dro! La-dro! La-dro! La-dro! Ma-ri-uo-lo! Ma-ri-uo-lo! Ca-rlo! Ca-rlo! Ca-rlo! Ca-rlo! Ca-rlo! Ga-llo! Ga-llo! Ga-llo! Ga-llo! Cappelle, cappelle, fagioli e mortadelle!

Un argomento irrisolto: di che tratta il saggio di Sossi?

Per i nostri lettori più affezionati proponiamo come cubista sulle note di apertura Nadia Cassini vestita di veli sculettante fra luci psichedeliche (Voce fuori campo: secondo me è meglio Annamaria Rizzoli vestita come in "l’insegnante va al mare con tutta la classe").

È inutile insistere. Se diciamo Florinda Bolkan è Florinda Bolkan, se diciamo Nadia Cassini è Nadia Cassini.

Se po’ vi piace Annamaria Rizzoli, buon pro vi faccia. Ma sappiate che, come altrove affermato: è Nadia Cassini e non ci sono cazzi.

"Attenzione: il proprietario dell'autobus quarantasettecentocinqueuno s'hanno arrubbato tutt'a maronna…" la chiusa fa sospettare che gli onorevoli e i ladri siano contigui e numerosi.

Si tratta ovviamente di una voce malevola e infondata perché: noi due, tutti e due, siamo di Lucera


1 Se fosse la festa di Sangennaro, tanta gente per la via, sapremmo il nome del disperso e del legittimo (chi ci manda nella posta elettronica o con fumi o megafumi il nome dei due dessi avrà diritto a venti Trenta Quaranta Cinquantamila Basta! Nun v’i vulimm’ dà cchiù! Cessa!)

2 N.D.Claudio Simeone: "Nel pezzo il Cerruti Gassato dice: "Ce staje strunziann 'a quarant'anni!" che che per i più addetti equivale a dire, "Ci stai stronziando (cioè prendendo per il culo) da 40 anni"


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