Incubo n.2

(Cielo Duro)

 

Se il primo episodio di Incubo è più acido, nel senso che, a parte le considerazioni gastriche il protagonista è incazzato - ma incazzato seriamente - e solo l’amplesso finale lo libererà da tutte le preoccupazioni (una specie di catarsi, per usare un termine tecnico), il secondo, Incubo N°2 segue un copione opposto: da una soddisfazione iniziale, tipica di un individuo sicuro del fatto suo,  espressa dal lungo periodo: "ieri sera Gaetano mi voleva dare pasta e broccoli a me… ma va caca va… ho mangiato salciccia… ohè siccome pagava Antonio, a me che cazz me ne fotte... aggio ordinato una matriciana…al forno... ho una panza che sembra un garage…" si passa ad una finale incazzatura solenne e non ci sarà amplesso che risolverà la situazione.

Ma andiamo per gradi.

Dopo la panza che sembra un garage sopraggiungono i flash della serata appena trascorsa: "quella stronza ‘e muglierema" che gli impone di magnare chiano, il cameriere che, sebbene sia molto gentile, bada più alle apparenze che alla sostanza: "Senta per piacere, vuole l'arancio, il mantarino oppure le porto una bella ananass?" il che provoca la giusta reazione di Gennaro, come a dire che facciamo con un ananass? Mi dovrei sfamare con un semplice ananass? "Ma vafanculo a mammeta, l'ananass… pòrtam un tarallo, che m'o voglio magnà tutto quanto, quello che ci ha dentro anche la senape…"

Gennaro è un incompreso, tutti vorrebbero impedirgli di mangiare, bere, godersi la vita, soprattutto il dottore: "Non esageri, non esageri, che lei ci ha anche le emorroidi" ma Gennaro lo mette subito in riga: "eh, come avesse detto: lei ci ha un prestito"

Volendo fare una parentesi un po’ più impegnata scientificamente, potremmo dire che Incubo era la storia di un uomo che lottava con il suo inconscio. Incubo n°2 descrive la guerra di un uomo con i suoi simili, la società: il portiere, i vicini, insomma tutto il palazzo, il vicinato, il mondo: "uè uè state zitti laggiù, faciteme rurmì… non si può dormire in questo palazzo… ‘o  palazzo poi, non c'è manco 'o purtone, qua entrano ed escono quando vogliono loro".

Ognuno è un nemico: Gennaro lo sappiamo è un brav’uomo, sono gli altri che sono cattivi: anche il parroco; vale la pena riportare per intero il pensiero che riflette l’etica di Gennaro:  "o  parroco, nu fetente ’e mmerda, gli ho detto una volta una confessione, m'ha detto: "Si faccia 7 ave maria, 4 pater nostro, 5 cose"… ha fatto un conto più IVA che aveva a sta 7-8 giorni in chiesa… ma vattenn va… io so iscritto al partito comunista, a me che cazz me ne fotte 're prieveti…però si se more è brutto… "

Il Partito Comunista non c’entra, il vero pensiero di Gennaro ci è dato da quel però si se more è brutto… sembra quasi di vedere Cerruti in sala di registrazione che pensa a quando finirà tutto il divertimento.

Gennaro può sembrare intollerante, anche nei confronti di chi ci amministra da lassù, mentre è solo, lo ripetiamo, incompreso: sono gli altri che non pensano come lui, nemmeno il Padreterno riesce a capirlo: "Gennà tu ch'è fatto? Gennà tu ch'è fatto?" Dite a me? aha dite a me? n'aggio fatto niente, aggio faticato 'na vita, ci ho 65 anni, 6 carie, no 5 eh, 6 carie… e poi il resto voi lo sapete meglio di me… se guardate tutto, m'o chiedete a me…" .Gennaro è a suo modo un artista, ha capito che la vita non ha senso, aggrappata a convenzioni e apparenze, apparenze che lui cerca di demolire per quanto gli riguarda con l’unico mezzo a sua disposizione: il linguaggio: "c'era la cassiera ci aveva una minigonna… sui 50 anni piacente, un po' di sguattamento sul rossetto… bella donna eh, me la ricordo 20 anni fa cos'era… una chiavica come oggi  però…"

E infatti alla fine l’ultimo guizzo che seppellisce tutto, sul valzerino andante con brio del Maestro Savio, è per il vicino di casa che "vedi se non spegne la radio questo affianco non me fa durmì stasera… ha messo Strauss… metti una bella canzone di Mario Merola… che s'è fissato… quello abita peggio di me, ci ha una casa un metro per un metro… invece di dormì il giradischi… spegni ué spegni famme durmì all'anima di chi t'è stramuort di chi t'è muort, ‘afanculo a màmmeta a te e quando ti ho preso in casa… a casa mo'… na cas' è mmerd!"

Ecco fatto: hanno fatto incazzare a Gennaro.

(Claudio Simeone)


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