Gli strumenti di Galileo

Il compasso

Nel Rinascimento furono molti i tentativi di elaborare uno strumento universale che permettesse di eseguire agilmente i calcoli aritmetici e operazioni geometriche tecniche. L’esigenza era sentita soprattutto in campo militare dove la tecnologia di armi da fuoco, richiedeva sempre più precise cognizioni matematiche. A questa esigenza rispondono i primi compassi messi a punto nella metà del XVI secolo. Il compasso geometrico e militare di Galileo appartiene a questa categoria. Inventato a Padova nel 1597 lo strumento è mettere, in relazione anche all’attività di Galileo, in seno all’Accademia della città, per l’istruzione matematica dei giovani nobili destinati alla carriera militare. Le 7 linee proporzionali tracciate sulle gambe del compasso e le 4 scale segnate sul quadrante,consentivano di effettuare con estrema facilità, ogni sorta di operazione aritmetica e geometrica.

Tra il 1598 e il 1604 Galileo istruì all’uso del suo compasso alcuni sovrani europei quali il principe Giovanni Federico di Alsazia, l’arciduca Ferdinando d’Austria e il duca di Mantova. Il successo dello strumento spinse Galileo a divulgare ulteriormente la sua invenzione. Nel 1606 pubblicò sessanta opere de “Le operazioni del compasso geometrico e militare” , vendendole privatamente insieme ad altri esemplari dello strumento. La produzione dei compassi, dalla quale Galileo ricavò sostanziosi profitti, fu affidata a un artigiano che lo scienziato ospitò per alcuni anni nella propria abitazione. La pubblicazione del trattato suscitò subito grande interesse,tanto da provocare un’aspra polemica nel mondo accademico sulla paternità dell’invenzione. Già nel 1607, uno degli studenti di Galileo, tentò di accreditarsi l’invenzione dello strumento negli ambienti più colti, pubblicando un trattato in latino sulle sue operazioni.

Altri detrattori di Galileo tentarono di attribuire il primato dell’invenzione al matematico olandese Michel Coignet. E molte furono le varianti dello strumento che, con l’aggiunta di nuove linee proporzionali, ne estesero successivamente i campi di applicazione. Specifici trattati furono scritti da Michel Coignet, che lo chiamò “compasso pantometro”, da Muzio Oddi, che lo chiamò compasso “polimetro”, da Ottavio Bruti che lo chiamò “archisesto” e da altri matematici francesi che lo chiamarono “compasso di prospettiva” aggiungendo delle funzioni per i disegni in prospettiva.

Il cannocchiale

Cannocchiale originale di Galileo composto di un tubo principale e di due sezioni minori nelle quali sono sistemati l'obiettivo e l'oculare. Il tubo principale, formato da due tubi semicircolari tenuti insieme da un filo di rame, è ricoperto di carta. L'obiettivo misura 51 mm di diametro. Questo strumento può ingrandire gli oggetti di 14 volte e ha un campo visivo di 15'.

Il principe Federico Cesi, fondatore dell'Accademia dei Lincei, propose nel 1611 di denominare "telescopio" [dal greco tele (lontano) e scopeo (vedo)] questo strumento.

Galileo concepì ingegnosi accessori per i diversi impieghi del cannocchiale: il micrometro, anzitutto, fondamentale per misurare le distanze tra Giove e i suoi satelliti, e l'elioscopio, che consentiva di osservare le macchie solari col cannocchiale senza subire danni agli occhi.

Il micrometro

Dopo aver scoperto i satelliti di Giove, Galileo (1564-1642) ne seguì per diversi giorni le evoluzioni. Per misurare con precisione la distanza di ciascun satellite del pianeta Galileo concepì un dispositivo, detto "micrometro". Secondo la descrizione di Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679), il micrometro constava di un regolo con 20 divisioni uguali. Il dispositivo s'innestava sul cannocchiale e poteva scorrere lungo il suo tubo.

Galileo osservava con un occhio il sistema di Giove al cannocchiale, mentre con l'altro occhio guardava il micrometro illuminato da una lanterna. Regolava poi la distanza del micrometro in modo da far coincidere l'intervallo fra due divisioni della scala graduata col diametro apparente del pianeta. In questo modo, Galileo sovrapponeva in campo di vista del cannocchiale al micrometro. Egli poteva così misurare la distanza di ciascun satellite dal pianeta in raggi di Giove.

L'elioscopio

Alcuni tra i pionieri dell'osservazione telescopica eseguirono osservazioni sistematiche del sole direttamente col telescopio privo di qualunque protezione, procurandosi danni spesso irreparabili alla vista. Galileo adottò invece un metodo ideato dal suo allievo Benedetto Castelli che consiste nel proiettare per mezzo del telescopio l'immagine del sole su un foglio di carta situato a circa un metro dall'oculare. Per aumentare il contrasto dell'immagine è consigliabile oscurare la stanza o almeno applicare sul tubo dello strumento un ampio schermo di cartone che attenui la luce proveniente direttamente dal sole.

Il metodo, efficace e de tutto sicuro, permetteva così di disegnare con grande esattezza direttamente sul foglio le macchie solari. A questo scopo Galileo tracciava un cerchio sul foglio che situava ad una distanza dall'oculare del telescopio tale che le dimensioni dell'immagine del bordo solare coincidessero esattamente con quelle del cerchio precedentemente tracciato. L'immagine così ottenuta è però specularmente invertita e per ottenere una rappresentazione corretta del disco solare era necessario disporre il foglio frontalmente, ribaltarlo verticalmente e quindi lucidarlo ossia ricalcarlo in controluce su un altro foglio. Il metodo della proiezione, che avrà in seguito larga diffusione, fu adottato anche da Christoph Scheiner (1573-1650) che migliorò sensibilmente l'apparato fornendolo di un piano di appoggio per il foglio solidale con il cannocchiale e, soprattutto, introducendo un nuovo tipo di montatura, oggi nota come montatura equatoriale, che permetteva, una volta centrato il sole nel campo dello strumento, di seguire l'astro nel suo moto diurno muovendo un solo asse.


Il microscopio composto

L’invenzione viene attribuita a Galileo, anche se, nel Seicento, tale primato fu oggetto di diverse rivendicazioni. Nel Saggiatore, scritto tra il 1619 e il 1622 e pubblicato nel 1623, lo scienziato pisano accennava ad un “telescopio accommodato per vedere gli oggetti vicinissimi” . Fu l’accademico linceo Giovanni Faber, amico di Galileo, a battezzare, nel 1625, lo strumento, fino ad allora chiamato “occhialino”, “cannoncino”, “perspicillo”, “occhiale”, con il nome di “microscopio”.

I primi microscopi di tipo galileiano disponevano, come il cannocchiale, di una lente concava e una convessa montate su un tubo rigido. Grazie a questi semplici dispositivi ottici i filosofi della natura posero lo sguardo su un mondo nuovo e meraviglioso, che in seguito avrebbe permesso lo sviluppo sia delle discipline medico-biologiche, sia di quelle naturalistiche.

La fama degli strumenti ottici di Galileo favorì la ricerca di nuove soluzioni. Negli anni Venti del Seicento furono concepiti i microscopi di tipo kepleriano, composti da lenti convesse che fornivano una visione rovesciata. Nella seconda metà del secolo rimarchevoli risultati furono ottenuti dai costruttori italiani Eustachio Divini e Giuseppe Campani, mentre in Inghilterra livelli di eccellenza furono raggiunti da Robert Hooke. Nello stesso periodo ebbe inizio una importante trattatistica dedicata alle tecniche costruttive dei microscopi, di cui La dioptrique oculaire, apparsa nel 1671, del cappuccino Cherubin d’Orleans costituisce uno splendido esempio.

Il termoscopio

Vincenzo Viviani, nella “Vita di Galileo”, afferma che il termoscopio fu messo a punto dal Pisano nel 1597. Il termoscopio è costituito da una caraffa di vetro della grandezza di un uovo con un lungo collo. Questa caraffa viene riscaldata con le mani e immersa parzialmente, in posizione rovesciata, in un recipiente pieno d'acqua. Quando veniva sottratto alla caraffa il calore delle mani, si osservava che l'acqua saliva nel collo. L'esperienza evidenziava le variazioni della densità dell'aria prodotte dalle variazioni di temperatura.

Conclusioni e considerazioni personali

La mia ricerca ha avuto come oggetto gli strumenti brevettati e utilizzati da Galileo per condurre i suoi studi. La fonte da cui ho attinto è il sito del Museo Galileo, nel quale è possibile effettuare un viaggio multimediale che offre informazioni in diverse forme (scritta, audio o video) e permette di interagire con gli oggetti conservati all’interno del museo.

La difficoltà maggiore è stata dover scegliere e classificare prima l’oggetto dello studio e poi le informazioni su di esso, data la sterminata mole di risorse all’interno del sito.

Inoltre alcuni testi erano in latino e bisognava tradurli; altri invece riguardavano scienziati posteriori a Galileo.

E’ stato importante notare come ogni scoperta o invenzione di Galileo scatenasse polemiche ma, al contempo, curiosità. E come ogni invenzione in campo tecnico si sia rivelata estremamente utile anche in epoche successive.

Franco Irene

FONTE:

http://www.museogalileo.it/