Galileo Galilei e Aristotele

Galileo Galilei Aristotele

Il filosofo Paolo Rossi propone una comprensione della posizione dello scienziato nella storia della filosofia e delle scienze a partire dal suo rapporto con la filosofia di Aristotele. “E’ necessario richiamare brevemente alcuni aspetti di quel millenario sistema del mondo alla cui distruzione egli dette un contributo decisivo. E bisogna rifarsi, in primo luogo, alla distinzione aristotelica fra mondo celeste e mondo terrestre, fra moti naturali e moti violenti (…). Alla costruzione di una nuova cosmologia e di una nuova fisica, alla difesa della dottrina di Copernico, Galileo Galilei dedicò la sua esistenza(…). Nel 1609 Galileo puntava verso il cielo il suo cannocchiale. Le sue osservazioni celesti restano -simbolicamente- come l’atto di nascita della scienza moderna. Qualunque sia il giudizio che si possa dare sul significato dell’opera galileiana nella storia dell'umanità, una cosa sembra certa: che il suo idealismo matematico, combinato con l’eredità del “divino Archimede” e con una concezione di tipo atomistico era destinato ad avere, nei secoli seguenti, una forza esplosiva. La via delle “sensate esperienze” connesse con le “certe dimostrazioni” resterà la via maestra della scienza moderna”. [1]

Anche lo studioso Diego Fusaro ritiene centrale il rapporto con Aristotele per comprendere la portata rivoluzionaria del contributo galileiano, precisando che bisogna tuttavia guardare più agli aristotelici che al maestro. “E' senz'altro vero che Galileo si contrappone agli aristotelici prediligendo lo studio della natura alla lettura di libri , ma non è vero che si contrappone all'aristotelismo in generale. Lo studio della scienza all'epoca era sostanzialmente studio di libri, senza verifiche e confronti sulla natura : ad esempio prima di Galileo l' anatomia dell' uomo la si studiava sui libri e non dissezionando i corpi, effettuando cioè l' autopsia ; ci si limitava a leggere i libri del medico Galeno, di età romana: si dava più importanza a ciò che si vedeva scritto che non a quello che si vedeva di persona: già Leonardo da Vinci notò come ai suoi tempi (siamo prima di Galileo) si preferisse il richiamo all'autorevolezza degli scrittori importanti alla constatazione empirica personale. E' curioso come nel "Dialogo sopra i massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano" ad un certo punto compaia un aristotelico di nome Simplicio al quale il personaggio portavoce della teoria copernicana fa notare razionalmente tramite una serie di passaggi come l' eliocentrismo funzioni perfettamente; Simplicio risponde che sono affermazioni bellissime e non esiterebbe ad accettarle se Aristotele non avesse detto il contrario . E' evidente come Galileo voglia qui sottolineare, tra l' altro, come ai suoi tempi ad opporsi all' eliocentrismo non fosse solo la Chiesa, ma anche la tradizione aristotelica (oltre al senso comune: pare infatti ovvio a tutti noi che viviamo sulla Terra di essere al centro dell' universo e che la Terra stia ferma). Però la polemica galileiana é rivolta non ad Aristotele (come invece aveva fatto Giordano Bruno), ma agli aristotelici della sua epoca, che stimano "il filosofare non tendere ad altro che al non si lasciar persuader mai altra opinione che quella d' Aristotile" (vedi Simplicio); d' altronde Galileo é pienamente consapevole di come gli aristotelici del 1600 siano altra cosa rispetto al maestro Aristotele: sa benissimo che a differenza degli aristotelici del 1600 , che badano solo ai libri cartacei, Aristotele é interessatissimo all' esperienza: "Aristotele deride quelli che lasciano l' esperienze sensate , per seguire un discorso che può essere fallacissimo". Sarà invece Bacone a non fare differenza tra Aristotele ed aristotelici. Galileo invece afferma in risposta agli aristotelici che lo accusano di non prestar fede ai libri di Aristotele che se Aristotele potesse rivivere sceglierebbe senz' altro lui come suo discepolo e non tutti loro, eccessivamente legati ad una cultura "libresca": "... ma gli ingegni vulgari timidi e servili, che altrettanto confidano, sopra l' autorità di un altro, quando vilmente diffidan del proprio discorso, pensando potersi di quella fare scudo, nè più oltre credon che si estenda l' obbligo loro, che a interpretare, essendo uomini, i detti di un altr'uomo, rivolgendo notte e giorno gli occhi intorno ad un mondo dipinto sopra certe carte, senza mai sollevargli a quello vero e reale, che, fabbricato dalle proprie mani di Dio, ci sta, per nostro insegnamento, sempre aperto innanzi". In effetti Aristotele era molto più vicino a Galileo che non agli aristotelici del 1600 come modo di operare questi ultimi, invece di avvalersi dell' esperienza sensibile e della ragione (che secondo Galileo ha "podestà assoluta"), si affaticano solo "per salvar il testo d' Aristotile, come che il filosofare altro non sia che il solo procurar d' intender questo libro e sottilizzar difenderlo dalle sensate e manifeste esperienze e ragioni in contrario". In effetti Aristotele era un grandissimo e attentissimo esaminatore della natura e ne sono prova le sue opere biologiche e "se a questi secoli fosse vivo, cangerebbe molte sue opinioni"; anzi, non è scorretto affermare che Aristotele seguisse l'esperienza ancora di più di quanto fa Galileo”[2]

[1] Il pensiero di Galileo Galilei, a cura di Paolo Rossi, Loescher, Torino, 1973.

[2] Diego Fusaro in http://www.filosofico.net/galilei.htm