Descartes, meglio non pubblicare!

Mi ero proposto di spedirvi il mio trattato sul Mondo per le prossime feste. Non piú di quindici giorni fa ero ancora ben deciso a spedirvene almeno una parte, se, per allora, non fosse stato possibile trascriverlo tutto. In quei giorni feci cercare a Leida e ad Amsterdam il Sistema del Mondo di Galileo, perché avevo inteso dire che era stato pubblicato in Italia l'anno scorso. Ho saputo che è vero che era stato pubblicato, ma che, al tempo stesso, tutte le copie erano state bruciate a Roma e l'autore condannato a una qualche pena. Ciò mi ha tanto colpito che io ho quasi preso la decisione di bruciare tutte le mie carte o almeno di non lasciarle vedere a nessuno. Perché non riesco nemmeno a immaginare che egli, italiano e, a quanto so, anche ben voluto dal Papa, abbia potuto essere incriminato se non per il fatto di aver voluto affermare il movimento della Terra. So bene che una tale affermazione è stata in altri tempi censurata da qualche Cardinale, ma mi sembrava di aver sentito dire che, in seguito, non si impediva di insegnarla pubblicamente, anche a Roma. Devo confessare che se quell'affermazione è falsa, sono anche falsi tutti i fondamenti della mia filosofia perché quell'affermazione si dimostra con evidenza per loro mezzo. E quell'affermazione è cosí saldamente legata a tutte le parti del mio sistema, che non sarebbe possibile eliminarla senza rendere tutto il resto grandemente manchevole. Poiché tuttavia non vorrei per nessuna ragione al mondo che uscisse dalle mie mani uno scritto in cui si potesse trovare anche una sola parola disapprovata dalla Chiesa, cosí preferisco sopprimerlo che farlo comparire alterato. Non mi sono mai sentito propenso a scrivere libri e se non mi fossi impegnato di fronte a voi e ad altri amici, e se il desiderio di mantenere la parola che vi ho dato non mi avesse spinto a studiare, non ne sarei mai venuto a capo. Ma, dopo tutto, sono sicuro che non mi manderete l'ufficiale giudiziario per costringermi a pagare il mio debito e voi stesso sarete forse a vostro agio essendo esonerato dalla pena di leggere cose cattive. Ci sono già tante opinioni in filosofia che hanno l'apparenza della verità e che possono essere sostenute nelle dispute, che se le mie non hanno nulla di piú certo e non possono essere approvate senza controversie, non voglio pubblicarle mai [...]. Vi prego di informarmi di tutto quanto sapete sulla faccenda di Galilei [...].

Da Deventer, fine di novembre del 1633.

Analisi del documento

Tipologia del documento: Lettera

Mittente: René Descartes, latinizzato in Renatus Cartesius e italianizzato in Renato Cartesio.

Destinatario: Padre gesuita Marin Mersenne (http://it.wikipedia.org/wiki/Marin_Mersenne)


Il testo è una vera e propria testimonianza dell’epoca. Una lettera spedita nel 1633 da Cartesio indirizzata a Padre Mersenne, personaggio importantissimo il cui maggiore contributo fu l'estesa corrispondenza che ebbe con personalità scientifiche e matematiche del suo tempo. In un'epoca in cui ancora non esistevano giornali scientifici, Mersenne agì come veicolo per la circolazione di informazioni e scoperte. La lettera è una pietra miliare del tempo, poiché fornisce uno spunto di riflessione acuto. Cartesio, cattolico, sebbene avesse accolto la teoria di Copernico che concepiva un sistema di pianeti in movimento attorno al Sole, quando essa fu dichiarata eretica dalla Chiesa, e venuto a conoscenza che il famoso e stimato scienziato italiano Galilei, era stato condannato per essersi espresso a favore di questa, decise sconcertato di non pubblicare il proprio trattato di fisica, Il Mondo, che era basato su una teoria secondo la quale lo spazio è completamente riempito di materia in movimento attorno al Sole in cui dunque vi si asseriva la stessa tesi copernicana. Lo scienziato non riesce a comprendere come mai una figura illustre come Galilei, protetto dal papa stesso, fosse stato costretto a negare una tesi seria e scientificamente vera. Poiché se non fosse stata vera tutto lo studio e il lavoro di Cartesio sarebbe stato vano, e la sua carriera sarebbe fondata sul nulla. Ma in quel tempo la chiesa era una vera e propria "Tiranna", rigida e intransigente sulle scoperte scientifiche che contraddicevano le parole della Bibbia; dunque nessuno poteva andare contro il volere della chiesa; causa: eresia. Allora lo studioso francese Cartesio decide di spontanea volontà di non pubblicare il proprio trattato, scegliendo così di “auto abiurasi”. “...Poiché tuttavia non vorrei per nessuna ragione al mondo che uscisse dalle mie mani uno scritto in cui si potesse trovare anche una sola parola disapprovata dalla Chiesa, così preferisco sopprimerlo che farlo comparire alterato.”

Lo studioso si convince quindi che la propria opera, andando contro la parole delle sacre scritture, e contenendo studi che erano già stati condannati di eresia in precedenza dalla chiesa, non verrà mai apprezzata neanche dal dotto Mersenne, uomo di chiesa, e poiché non vuole sottoporre a dispute ragioni che non siano più che veritiere, lascerà la sua opera riservata alla propria conoscenza, non pubblicandola.

Ovviamente incuriosito dalla vicenda di Galilei, ma più in generale dalla scienza tutta, nella sua lettera prega padre Mersenne di tenerlo sempre informato sulle novità.

Nella lettera traspare un senso di smarrimento; ad un tratto le idee dello studioso, sulle quali si basava la sua formazione, vengono meno e lo scienziato viene catapultato in una visione del tutto nuova e contraria alla propria, arrivando persino a dubitare di se stesso.

Avendo la Chiesa un potere enorme e un'influenza massima sugli studiosi dell'epoca, anche Cartesio non può far altro che chinarsi al volere di quest’ultima, finché le cose non cambieranno.

Russo Grazia

Vecchio Rossella

FONTE:

http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaD/DESCARTES_%20MEGLIO%20NON%20PUBBLICARE.htm

Antologia online “Filosofico.net”