Galileo di Liliana Cavani (1968)

La locandina del film

La vita e il dramma di Galileo Galilei. Il fisico italiano studia le stelle con un telescopio da lui perfezionato e dichiara che il Sole è posto al centro dell'universo. Processato per eresia dopo la pubblicazione delle sue teorie, Galileo preferisce ritrattare piuttosto che subire la tortura. La vita di Galileo Galilei (1564-1642) dai 28 anni quando ha i primi dubbi sulla veridicità del sistema tolemaico ai 69 anni quando abiura. Imperniato sul tema del dialogo e del conflitto (tra uomo di cultura e autorità; tra il credente e la Chiesa o, meglio, gli uomini che la rappresentano; tra la Curia e la chiesa conciliare), nonostante le rigidità didattiche e le secche illustrative, il film brucia quasi completamente gli schemi convenzionali del cinema biografico e trasforma la ricostruzione del passato in azione presente. È, insieme, la tragedia di un uomo in anticipo sui tempi e la storia di una ingenuità.

Trama

Galileo Galilei si trova a Padova dove insegna fisica all'Università. Qui cominciano a serpeggiare le idee di Giordano Bruno e i principi di Copernico sul sistema solare. Un giorno gli viene donato un rudimentale binocolo olandese che egli perfeziona fino al punto di vedere il movimento delle stelle. Attraverso lunghi studi, Galileo si convince che il Sole e non la Terra è al centro del sistema dell'universo. Chiamato a Roma per mostrare e spiegare le sue ricerche viene invitato dal Cardinal Bellarmino e dal Papa stesso a soprassedere a tali studi poiché le sue affermazioni sono ai limiti dell'eresia. Ma egli, tornato a Firenze, continua le sue ricerche e pubblica un libro, Dialogo sui due massimi sistemi del mondo. Giunge così una denuncia che porta al sequestro dell'opera e all'arresto di Galileo. Questi viene sottoposto ad una serie di interrogatori e, anche per il timore della tortura, Galileo, dinanzi al tribunale dell'Inquisizione, firma una abiura solenne.

La scelta della regista

Con Galileo Liliana Cavani nel 1968 realizza un film dedicato al grande scienziato italiano, ove il fuoco è spostato dall’interesse del ruolo individuale, ai problemi di dialogo e di conflitto sociale che la scienza può portare con sé.

Un atto di accusa contro l'arroganza del potere che assume una strana contemporaneità in questo inizio secolo ove le problematiche scientifiche diventano sempre più fattori sociali e, quindi, politici.

Il suo "Galileo" si rivela dunque emblema del «grande scontro tra la libertà della ricerca scientifica ed il diktat imposto dalla Chiesa». Lo scienziato, come evidenziato anche nel film, cercò di evitarlo proponendo la teoria dei due linguaggi: uno scientifico, con il quale si possono descrivere le ricerche effettuate sulla natura, ed uno di fede, che può essere utilizzato per parlare di Dio.

Tuttavia, i timori della Chiesa sulle ricerche scientifiche che confutavano l'idea dell'uomo come centro dell'Universo e, soprattutto, sugli effetti che esse avrebbero potuto produrre sugli uomini, portarono ad una posizione intransigente nei confronti di Galileo. Tanto più che, come ricorda la Cavani, la questione riguardante lo scienziato e le sue teorie è stata risolta dalla Chiesa soltanto nel 1992, ossia tre secoli più tardi. La battaglia contro Galileo è stata «una perdita secca della Chiesa; la scienza forse ha ritardato in qualche modo lo sviluppo - continua la Cavani - però, credo che sia stata una rottura che poi difficilmente poteva sanarsi, anzi si è sanata un poco, ma non credo del tutto».

La regista ha raccontato inoltre alcuni aneddoti relativi alla realizzazione di Galileo, uno dei primi film "delocalizzati", visto che si trattò della prima coproduzione Italia-Bulgaria ed è stata girata nella "Cinecittà" del Paese dell'ex blocco comunista, per contenere i costi di produzione. La lavorazione è durata 10 settimane, e le difficoltà, come confessa la Cavani, sono state molte. In Bulgaria non esisteva un laboratorio di sviluppo, perciò, per evitare di dover spedire le pellicole in Italia con l'unico volo settimanale, si è deciso di costruirne uno sul posto. Un elogio è andato, infine, agli attori bulgari impiegati in "Galileo", a confermare l'esistenza di una eccellente scuola di recitazione nel Paese.

Una lettura del film:tecniche, contenuti, obiettivi

Per la ricostruzione del personaggio e della sua sofferta storia, la regista utilizza specifiche tecniche cinematografiche che imprimono alla pellicola ritmi differenti e adotta simbologie atte a interpretare densi passaggi o situazioni significative (ad esempio il movimento irrequieto di una scimmia trasmette il senso di derisione che il Tribunale dell’Inquisizione riserva a Galileo durante le fasi del lungo “caso eretico”).

L’inizio è percorso da una successione rapida di dialoghi filosofici e teoretici tra dotti, mentre lo sviluppo successivo, via via più lento, si focalizza sui primi piani per sottolineare le reazioni emotive e psicologiche degli attori alle parole proferite e agli eventi richiamati; poi, quando si avvicina il momento della più alta drammaticità, aumentano le riprese dal basso verso l’alto degli interni e delle figure clericali per evidenziare la grande sproporzione tra le parti a confronto.

Galileo Galilei, dedito con inesauribile passione a studi e ricerche mirate nel campo fisico e astronomico, fino a giungere a costruire artigianalmente appositi strumenti per ingrandire di molte volte gli oggetti visibili nel cielo, aveva dimostrato – sulla base di precisi calcoli matematici - la validità della teoria copernicana sul moto dei corpi celesti («E’ la terra che si sposta mentre il sole resta fermo») destinata a rovesciare integralmente le concezioni di quel tempo e non solo in campo strettamente scientifico.

Inoltre, come avevano fatto Democrito nel mondo greco e tra i contemporanei Giordano Bruno, anch'egli filosofo, insegnante e ”libero pensatore” (la Cavani gli dedica una significativa parte del film, dall’incontro veneziano con Galileo al processo davanti all'Inquisizione – con la sua caparbia e orgogliosa difesa basata sulla “ragione” - fino alla scena del rogo a Campo de’ Fiori), lo scienziato pisano aveva postulato l’esistenza di un universo infinito costellato da una miriade di pianeti, di mondi e forme di vita ancora sconosciuti e da esplorare. La sua impostazione eliocentrica, in pieno contrasto con la teoria cosmologica aristotelico-tolemaica appoggiata dalla Chiesa cattolica (secondo la quale la Terra era ferma e al centro dell’Universo) negava al nostro pianeta sia l’immobilità che la centralità della sua posizione, apparendo di fatto del tutto “rivoluzionaria”, perché smantellava le credenze fino ad allora inculcate e mantenute per secoli secondo il modello aristotelico e l’interpretazione letterale della Bibbia, senza ombra di dubbi e tanto meno di contraddittori. Fu ritenuta, quindi, un inaccettabile attacco alla credibilità della Chiesa, alla sua cosmogonia e al suo impianto teistico-religioso.

La divulgazione scritta e orale di queste nuove idee e scoperte scientifiche - definite dalla Chiesa cattolica “del tutto contrarie alla Sacre Scritture” - procurò a Galilei dapprima una denuncia da parte del frate domenicano Tommaso Caccini ai Cardinali del Sant’Uffizio (1614), compreso quel manierato eppur “terribile” Cardinal Bellarmino tanto mal sopportato da Giordano Bruno (che lo definì “il più falso di tutti”). Poi ammonimenti, censure, umiliazioni, ripetuti interrogatori, vessazioni, il carcere a vita e, nel 1633, all’età di 69 anni, l’inizio di un penoso processo per “eresia” che si concluse tre mesi dopo con l’abiura delle sue conoscenze in materia astronomica.

Erano quelle che aveva più volte esternato con fiducia agli studenti dell’Accademia dei Lincei, a Commissari, a Cardinali e al nuovo papa Urbano VIII il quale in precedenza, durante la scalata alla massima carica ecclesiastica, lo aveva illuso, appoggiato e introdotto nelle stanze vaticane.

L’inflessibilità e l’asprezza delle richieste dell’Inquisizione, che esigeva la completa ritrattazione delle sue tesi, le tortuose vie della questione personale e il ricordo di Giordano Bruno bruciato vivo, avevano fatto presagire a Galileo un grande imbroglio al quale sarebbe stato difficile sottrarsi. Tuttavia egli era intenzionato a dire quel che davvero sapeva e pensava: del cielo, dei pianeti, dei loro movimenti, del Sole, delle stelle, delle meteore, delle maree, della materia, degli atomi e di Dio, proprio come nel sogno che Liliana Cavani ha genialmente ideato come “mezzo” espressivo per rivelare quel suo tormento interiore: quello dello scienziato che vuol essere fedele alla verità per la quale ha speso una vita intera, e quello dell’uomo calato nel mondo terreno che deve fare i conti con i pesantissimi rischi che sa di correre in quel drammatico momento. E quell’ultima volta non avrebbe voluto andarci, là dove lo avevano chiamato con insistenza, ancora una volta, per mediare o negare. Ma un uomo sapiente conosce il valore della libertà e non può accettare la violenza, un uomo onesto non può credere alla totale crudeltà degli altri e spera sempre di poter parlare in nome della ragione dalla quale muove la scienza. Così alla fine, senza aver risolto il conflitto interiore, ci andò; ma quando capì che secondo la legge del più forte la “Santa Cattolica e Apostolica Chiesa” aveva ormai ottenuto tutti i previsti consensi e le obbedienze interne ed esterne per costringere l’imputato inquisito a recitare solennemente le menzogne che voleva, quelle altissime volte della “Chiesa di S. Maria sopra Minerva” di Roma, sontuose come le vesti dei prelati riuniti in congiura, apparvero a Galileo come “un altro cielo” sopra una diabolica trappola ordita con orrenda e inaudita disumanità.

Riflessioni sul film

Nel 1968 la regista Liliana Cavani realizza il film “Galileo”, in cui vengono messi in luce i problemi di dialogo e di conflitto sociale che la scienza può portare con sé. Esso rappresenta un atto di accusa contro l’arroganza del potere e l’emblema del grande scontro tra la libertà della ricerca scientifica e il pensiero imposto dalla Chiesa. Scontro che Galileo cerca di evitare proponendo la teoria dei due linguaggi: uno scientifico, per descrivere la ricerca sui fenomeni della natura, ed uno di fede, per potersi “relazionare” con il Divino. Tra Galilei e la Chiesa, tuttavia, non corre buon sangue, a causa della convinzione di Galilei riguardo l’eliocentrismo (il Sole al centro dell’universo e la Terra che gira intorno ad esso), elemento portante del copernicanesimo, che la Chiesa condanna ritenendola contraria alle teorie cristiane secondo le quali il Sole non è immobile. Il film si apre inquadrando una sala di studi anatomici in cui emergono le diverse posizioni di scienziati e teologi: i primi, tra cui Galilei, propongono di ragionare e osservare lo svolgersi dei fenomeni naturali, i secondi, invece, fanno costantemente ricorso ad Aristotele per risolvere delle controversie scientifiche. Parte fondamentale del film è l’incontro tra Galilei e Giordano Bruno, il quale elabora una nuova teologia in cui Dio è intelletto creatore e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma Egli è nello stesso tempo Natura divinizzata in un’inscindibile unità panteistica di pensiero e materia. Per queste sue convinzioni, a Chiesa lo accusa di essere un visionario, cioè di interpretare cose non esistenti come se fossero reali e descriverle, quindi, come tali. Rifiuta l’abiura e per questo viene denunciato all’Inquisizione della Chiesa romana e condannato al rogo come “eretico impenitente”. Un’altra figura importante è incarnata dal Cardinale Barberini, il quale, in un primo momento, è favorevole alla teoria divulgata da Galilei, ma successivamente, divenuto Papa con il nome di Urbano VIII, è influenzato dai teologi e dunque gli si oppone per non rischiare di perdere il suo potere. Infine, la figura più importante, il motore del film, Galileo Galilei: il suo nome è associato ad importanti contributi in dinamica e astronomia, fra cui il perfezionamento del telescopio, che gli permise importanti osservazioni astronomiche, e all’introduzione del metodo scientifico sperimentale (in cui l‘esperimento coincide solo in parte con l’esperienza), metodo con cui si perviene all’enunciazione di leggi scientifiche mediante conferma (o falsificazione) sperimentale di ipotesi basate sull’osservazione ripetuta di determinati fenomeni. Considerato anch’egli eretico,viene denunciato al Sant’Uffizio, dove viene indotto all’abiura delle sue concezioni astronomiche (22 giugno 1633). Accetta di abiurare per poter continuare i suoi studi e per non patire le sofferenze subite da Bruno. Il momento in cui Galilei viene messo in difficoltà si può evincere nella lettura dei passi dell’abiura. È evidente la condizione emotiva di Galilei, che va incontro all’abiura soprattutto per paura. In questo film non è presente solo l’evocazione del passato per capire il presente, bensì l’ affresco assorto di un’epoca in cui la scienza e la conoscenza morale si muovono con la difficoltà di chi afferma principi rivoluzionari.

Raiti Mariangela

La figura di Giordano Bruno

Giordano Bruno afferma che non c’è differenza tra l’Universo e Dio, perché anche Dio è parte dell’Universo; non ci sono nove cieli, ma uno soltanto; la Terra si muove e ci sono altri pianeti, con altre forme di vita. Se con la prima affermazione asserisce la natura materiale di Dio, con la seconda e la terza mette sullo stesso piano la Terra, la Luna e gli altri pianeti. La Chiesa gli contesta queste ipotesi, fatte sulla base della sola ragione, come eresie.

Bruno è inoltre colpevole di aver letto testi di autori eretici, quali Lutero e Calvino, e di aver calunniato la fede cattolica. Bruno si difende dicendo che ha letto quei testi solo per curiosità e prende invece le distanze dall’ultima accusa.

Differenze tra Bruno e Galilei

Per comprendere al meglio le differenze tra i due filosofi, è essenziale fare attenzione al dialogo tra G. Bruno e G. Galilei. A Galileo, Bruno dice che <<l’uomo è stato creato libero ma della libertà non sa cosa farsene, gli scotta tra le mani>>. E’ in questa affermazione che si esplica il vero significato del film: la mancanza di libertà dello scienziato va estesa alla scienza e la Chiesa cattolica si mostra intollerante e ottusa: se da un lato faceva corrispondere al potere spirituale quello temporale, dall’altro non accettava la coincidenza natura = uomo e non ammetteva altra interpretazione del cosmo oltre quella presente nei testi sacri. Mentre Bruno basa le sue teorie sulla sola ragione, senza ricorrere all’esperimento per dimostrare ciò che sostiene, Galileo vuole attendere di avere prove concrete per pronunciarsi su ciò che, in un certo senso, già approva.

La posizione del cardinale Barberini nei confronti di Galileo

L’atteggiamento del cardinale, nei confronti delle scoperte di Galileo, conosce due momenti apparentemente contrastanti: se prima Barberini dà fiducia a Galileo quando esporre le proprie idee, presentandolo al papa e agli altri cardinali, dopo è il primo che vuole dargli una condanna esemplare!

In entrambi i momenti, però, si evidenzia nel film l’ortodossia del cardinale che mette in guardia il filosofo invitandolo alla cautela. Galileo vede nella nomina pontificia del cardinale Barberini una nuova possibilità per poter esporre le proprie teorie. Infatti, subito dopo la nomina Galileo prova a sottoporgli i problemi che nascono dall’incontro delle sue scoperte con le dottrine ecclesiastiche. La pressione che gli altri cardinali esercitano su Barberini, facendo leva su opportunità politiche e accusandolo di non essere abbastanza autoritario, è infine determinante per la condanna di Galileo.

Il momento e i motivi dell'abiura

Prima di giungere al giorno dell’abiura, Galilei trascorre giorni di prigionia a Roma. Dopo esser stato invitato più volte a ritrattare, viene minacciato di tortura. Alla vista degli strumenti per la tortura, Galileo decide di abiurare.

Nei precedenti dialoghi aveva cercato di difendersi dicendo che il decreto del 1616 non era in forma scritta e non era esplicitamente rivolto a lui ma alle teorie copernicane. Prova inoltre a spiegare con molta umiltà e rispetto che forse la Chiesa aveva sbagliato nell’interpretazione delle Sacre Scritture, cerca di scagionarsi dicendo che ha solo provato a comprendere le leggi della natura con i sensi e la ragione che Dio stesso ci ha dato.

La regista mette in evidenza le difficoltà dello scienziato di fronte all’Inquisizione con la presenza della scimmia (allegoria della derisione) e con l’inquadratura dal basso (punto di vita di Galilei, umiliato e punito) verso l’alto (ruolo dell'Inquisizione, potere che domina e regna nella società e nella cultura).

Franco Irene