Galileo in Arcetri di Nicolò Barabino (1880)

Il dipinto Galileo in Arcetri di Niccolò Barabino (1832-91), ottenne il primo premio all’Esposizione nazionale di Torino del 1880 come quadro di valore storico.

Galileo è ritratto sul letto di morte, ma l'attenzione dell'osservatore è attratta irresistibilmente dal grande baldacchino giallo.

L’incisione è firmata Centenari ed è tratta da una fotografia apparsa nella Illustrazione Italiana dell’anno 1880, alla pag. 289.

A pag. 290 appare il seguente articolo (non firmato): “A Galileo dopo la condanna dell’inquisizione, fu data per prigione la casa del cardinale Piccolomini in Siena, coll’obbligo da parte del cardinale di sorvegliare il filosofo e astronomo naturalista. L’ambasciatore di Francia, duca di Noailles, ed il cardinale Barberini, amici, protettori e ammiratori di Galileo, ottenevano poco dopo a stento, che egli potesse ritirarsi, relegato in una villa sopra Firenze, nel borgo di Arcetri, che egli avea presa in affitto. Il breve di papa Urbano VIII è del 1633 1° dicembre, e mette per condizione che Galileo viva nella solitudine, non invitando nessuno a venirlo a trovare e non ricevendo i visitatori che si potessero presentare. Galileo aveva allora 61 [in realtà 69] anni; andarono a stare con lui due figlie monache [non è vero], una delle quali morì poco dopo, l’altra rimase ad assisterlo fino alla morte. Nel 1636 egli perdette la vista da un occhio solo, nel 1637 era cieco di tutti e due. Nel 1638 Milton, giovine allora, forzò la consegna della villa e riuscì a penetrarvi e a far visita al gran pensatore.

Galileo, nell’ultima lettera che scrive al Rinuccini, invitandolo a visitarlo, lo sollecita a non far caso se rompendo il divieto di solitudine gli procurerà dei dispiaceri, egli ne soffre di assai più forti. Sembrerebbe quindi che il divieto delle visite fosse mantenuto con rigore. Un sant’uomo portoghese [in realtà spagnolo], Don José Calasanzio, fondatore delle scuole pie, mandò a servire da segretari es a confortare il grand’uomo due suoi chierici, ma dovette ottenerne il permesso.

Nel quadro tanto lodato, e giustamente premiato, di Barabino, siamo in periodo più umano. Il rigore è cessato e Galileo dà le sue ultime lezioni a tre diletti allievi seduti attorno al suo letto; colle tre prime dita della mano destra, egli segna un triangolo nel palmo della mano sinistra: forse con quello spiega il rapporto tra la forza di gravità e l’attrito nello scorrere di un solido su di un piano inclinato. Il vecchio che “agevolò primo le vie del firmamento” morì in quel letto nel 1642, l’anno in cui nasceva Newton, “l’Anglo che tant’ala vi stese”, come cantò il Foscolo.

Antonio Favaro nei suoi Studi e Ricerche per una Iconografia Galileiana (Atti del R. Istituto Veneto di Scienze. Lettere ed Arti Tomo LXXII, A.A. 1912-13 pp.1034-1035) scrisse diel quadro:

Ma di tutti il più ammirato,e oseremmo quasi dire il più popolare, è il «Galileo in Arcetri», dcel Barabino, che figurò per la prima volta all’Esposizione di Torino del 1880 ed è presentemente nel palazzo Orsini di Genova. Galileo è rappresentato negli ultimi giorni di sua vita quando, sebbene infermo nel letto, spiega una dimostrazione geometrica al Torricelli, al Viviani ed al figliuolo Vincenzio: la vivacità del gruppo formato dai tre giovani intenti alle parole del Maestro contrasta con la immobilità ieratica di lui e, checché vi abbiano trovato a ridire i critici d’arte, è il più bel quadro di soggetto galileiano di cui si onori l’ arte italiana.

Coniglione Chiara

FONTI:

http://www.illaboratoriodigalileogalilei.it/galileo/iconografia/ico_ver/riv_lib/riv012_b.html

http://www.artesuarte.it/articolo.php?id=412