La frattura fra scienza e fede

Le conseguenze della condanna di Galileo

La questione dei rapporti tra scienza e fede si pose nei secoli XVI-XVII, cioè a partire dalla Rivoluzione Scientifica. Le difficoltà sorsero quando ricerche scientifiche svolte con nuovi metodi e strumenti produssero risultati almeno apparentemente inconciliabili con il testo sacro, in quanto ciò sembrò costituire una minaccia alla verità della Bibbia. In questo modo veniva infatti messa in discussione l’inerranza, che secondo la teologia cristiana è una conseguenza dell’ispirazione divina della stessa: se la Bibbia è Parola di Dio, essa non può errare perché Dio non inganna gli uomini. Il primo caso emblematico a determinare un vera e propria cesura fra fede e ragione fu quello di Galileo. Secondo quest’ultimo, il compito dell'uomo era quello di indagare la realtà con i sensi, la parola e l' intelletto, tutti elementi che gli sono stati forniti da Dio, ma il suo pensiero fu accolto da pochi, ovvero da coloro che possedevano la capacità di non farsi influenzare dal pensiero opprimente della Chiesa. Nel 1633 lo scienziato non poté fare altro che ritrattare le proprie idee davanti allo strapotere del Tribunale dell'Inquisizione, che indusse Galileo a cedere, ad abbandonare la sua tenacia nel diffondere le proprie idee, pertanto si pose sotto le ali della Chiesa <<...giuro anco prometto d' adempiere ed osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo S. Offizio imposte...mi sottometto a tutte le pene...>>. Dalle parole di Galileo svanì la capacità di descrivere la realtà e rimase la paura nei confronti della condanna. Tuttavia, l’accusa allo scienziato pisano non bastò a sedare la diffusione dei concetti contenuti nel DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO, che invece si affermava come elemento essenziale della cultura scientifico-filosofica del tempo. A causa delle persecuzioni di cui fu vittima Galileo molti intellettuali videro e vedono ancora in lui il precursore della modernità e il martire della lotta per la libertà della scienza. Di contro, la Chiesa cattolica assunse inevitabilmente il marchio di istituzione repressiva: quest’ultima è l’immagine che si porterà dietro per un lungo periodo, sino a quando le istituzioni ecclesiastiche non avranno preso coscienza dell’errore commesso in occasione della condanna. Difatti la posizione attuale della Chiesa Cattolica è cambiata da allora, le autorità ecclesiastiche hanno proceduto con lentezza e notevole cautela alla revisione delle scelte compiute, anche se negli ultimi decenni tale processo si è fatto più coraggioso: a tal proposito, solo nel 1992 papa Giovanni Paolo II scrisse il DISCORSO ALLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE, in cui, sintetizzando le cause che avevano condotto la Chiesa alla condanna di Galileo, si cimentò anche nell’ammissione dei misfatti e addirittura porse le scuse allo scienziato. La negazione dell’autonomia della scienza e le pratiche di cesura autoritaria nei confronti dell’attività intellettuale non sono state una prerogativa delle sole Chiese. Pertanto sorgono spontanee le analogie tra il caso di Galileo e quello di Socrate. Socrate rappresenta il primo esempio di condanna a morte per la sua difesa estrema della libertà di pensiero e di insegnamento. Stimolando la mente dei giovani con la classica domanda “Ti esti?” ( che cos’è?), Socrate vuole indurre una riflessione sulla natura delle cose che ci stanno attorno, superando l’apparenza e la superficialità dei cosiddetti sapienti nella logica di “sapere di non sapere”. La consapevolezza di aver sempre qualcosa da imparare viene rimarcata nel nostro tempo tra l’altro dalla continua e rapidissima evoluzione della ricerca scientifica, a testimonianza di come il messaggio socratico sia ancora estremamente attuale. Socrate insegna e in realtà è proprio questo che lo porta alla condanna a morte: “Socrate è reo di non riconoscere come dèi quelli tradizionali della città, ma di introdurre divinità nuove; è anche colpevole di corrompere i giovani”. Quindi accanto a un’accusa di tipo religioso, c’è quella di traviare i giovani, divulgando le proprie teorie: per questo egli ricevette la morte. Entrambi, Socrate e Galileo, furono martirizzati soltanto per aver seguito i propri ideali in nome dell’autonomia della ragione. Fortuna, ma anche consapevole lungimiranza dell’Istituzione al fine di trovare ancora seguito nella società, che la Chiesa abbia deciso di stare al passo con i tempi, altrimenti l’uomo sarebbe ancora colpevolizzato per l’adempimento della facoltà più preziosa che detiene, PENSARE!

Scarpignato Ylenia