p) - 1877 : Evaristo ed i suoi discendenti

Il decimo figlio di Luigi ed il secondo ad aver avuto discendenti è stato Evaristo (VT 9.5.1877-VT 8.8.1929). Il nome Evaristo deriva dal nome greco Ευαρεστος (Euarestos); è composto da ευ (eu, "bene"), e αρεστος (arestos, "che piace", "piacevole"), quindi "gradevole", "ben accetto"; per etimologia popolare è stato associato al termine αριστος (aristos, "migliore"), assumendo la forma Ευαριστος (Euaristos), tramandatasi poi alla forma latina Evaristus.

Dalla lista di Leva (n.37) Evaristo Minissi risulta alto cm 164,5 con capelli lisci castani, di lineamenti regolari, ma viene riformato per cardiopatia (insufficienza mitralica).


Evaristo esercitava la professione di orologiaio, avendo appreso tale mestiere alla scuola di Torino e successivamente in Svizzera. Si sposò l'8 febbraio 1899 in Municipio a Viterbo ed il 9 febbraio 1899 nella chiesa di S. Sisto a Viterbo con Linda Fiorani, figlia di Fiorano e di Rosa Gioiosi di Grotte S. Stefano (“...ex Criptis Sancti Stephani”). Testimone in Municipio era Calarco Umberto, barbiere in Piazza delle Erbe, l'amico del cuore di Evaristo. Linda Fiorani era nata a Grotte S.S. il 18 luglio 1877 ed è morta a Roma il 27 agosto 1960 dove, una volta vedova, si era recata a vivere presso la figlia Jole. Per dettagli sulla famiglia di Linda vedere il capitolo specifico. Evaristo e Linda dopo il matrimonio andarono ad abitare in Piazza S. Marco 2; nel 1901 risulta abitassero in via Cava n. 4.

Le firme di Evaristo e Linda sulle loro Pubblicazioni di Matrimonio,
insieme a quelle dei genitori di Evaristo, Luigi e Giacinta

Successivamente Evaristo e Linda si trasferirono in Via del Pavone 46, ove possedevano sette appartamenti, andati distrutti durante la seconda guerra e venduti dagli eredi per 12.000 lire.

Cliccando qui è possibile vedere la casa di Via del Pavone 46 come è oggi.

Tre ritratti di Linda Fiorani a 10, 22 e 38 anni

Di fede anarchica, Evaristo non fece somministrare i sacramenti ai propri figli. Aveva in gestione gli orologi delle torri comunali (“moderatore degli orologi pubblici” è la dizione ufficiale) e ne approfittava per fare incetta di piccioni. L’orologio della chiesa di S. Faustino fu da lui installato nel 1911, quello di S. Sisto nel 1927.

Marchio adesivo applicato sugli orologi venduti da Evaristo

Il negozio di Evaristo era ubicato presso “la Svolta”, in Corso Vittorio Emanuele 50/a, l'attuale Corso Italia. Come insegna aveva un gigantesco orologio da tasca con due quadranti, visibili da ambo i lati, che ogni mattina, alle otto in punto, Evaristo appendeva sopra all'uscio, come descritto nel libro “Viterbo di un tempo che fu” di E. Corsi a pag. 60.

Qui sotto riproduciamo due cartoline dei primi del secolo, in cui si può riconoscere il negozio di Evaristo con la caratteristica insegna. Evaristo era subentrato ad un certo Vischi, torinese, anch’egli orologiaio dal 1888.

Due vedute del Corso di Viterbo con l'Orologeria Evaristo Minissi in due cartoline di inizio secolo

Negli anni successivi, il numero civico del negozio cambiò da 50/a a 48/a ed infine a 138. Cliccando qui è possibile vedere il luogo ove si trovava il negozio come è oggi.

Secondo il figlio Gino, la cui versione è la più accreditata, la prematura morte è dovuta all'infarto di cui Evaristo fu vittima a seguito di una corsa affannosa verso la Questura per restituire una piccola somma erroneamente trattenuta nel dare il resto al questore. Egli si accasciò in piazza delle Erbe, in una calda giornata di agosto, all'interno del negozio di sartoria Giusti. Secondo la versione dell’altro figlio Alberto, meno accreditata, la morte sarebbe invece avvenuta al ritorno da una accesa discussione presso l’ufficio delle imposte.

Cinque sveglie marcate Minissi - Viterbo

Evaristo in un momento di relax
nel giardino della sua casa
di Via del Pavone 46

Da Evaristo e Linda discendono sei figli, di cui i primi due prematuramente scomparsi :

d1) - Mario III (VT 16.11.1899-VT 18.7.1918, celibe). Fu coinvolto coi genitori e col nonno Luigi nell'incidente d’auto del 1910, rimanendo gravemente ferito alla testa e restando in coma per 43 giorni (vedere capitolo precedente). Visitato dall'allora Illustre Prof. Giovanni Mingazzini di Roma, questi preannunciò probabili problemi nell'età dello sviluppo. Da adolescente si gettò nella tromba delle scale dopo un diverbio con la madre, restando ferito all’addome. Aiutava lo zio Adolfo nell'ufficio delle Assicurazioni e un giorno gli fece volare gli uccellini dalla gabbia, perché “non poteva vederli soffrire”. Muore tragicamente suicida a 18 anni e mezzo nella sorgente solfurea a 58 ° del "Bullicame".

Mario nel 1902 all'età di tre anni

Permesso di seppellimento

Mario a 18 anni

La sorgente del Bullicame oggi,
con la protezione anti suicidi

Nella Divina Commedia Dante Alighieri ricorda più volte il Bullicame ed in particolare nel XIV canto dell'Inferno vv. 76-81 :

"Tacendo divenimmo, la 've spiccia,
Fuor della selva un picciol fiumicello,
Lo cui rossore ancor mi raccapriccia.
Quale del Bulicame esce ruscello,
Che parton poi tra lor le peccatrici;
Tal per la rena giù sen giva quello."

Mario riposa nel cimitero di Viterbo insieme a Giuseppe Minissi, fratellastro del padre Evaristo (vedi capitolo precedente) e a Lorenza Filomena Angelini, zia materna di Giuseppe.

Le tombe di Giuseppe e Mario Minissi e quella di Eleonora Minissi nel cimitero di Viterbo

d2)- Eleonora (VT 15.7.1901-VT 30.7.1902), morta di enterite ad un anno di età, avendo mangiato nespole del Giappone con tutti i noccioli. La sua tomba si trova all’ingresso del cimitero di Viterbo, ma contiene soltanto una scarpetta con un ossicino: tutto quello che fu trovato all’atto dell’esumazione.

d3)- Alberto I (VT. 15.12.1902-RM 19.10.1978), vedi pagina seguente

d4)- Lidia (VT 1.2.1906-RM 30.3.1971) nubile. Il fidanzato, il cugino Adolfo Pizzi nato a Bracciano (RM) il 25 gennaio 1915, morì in guerra il 29 maggio 1942 a bordo del cacciatorpediniere Pessagno, silurato da un sommergibile inglese.

Lidia o Lidya, come si firmava, all'esame delle magistrali venne rimandata poiché alla prova di disegno aveva ritratto un orologio col pendolo di lato, anziché verticale. Non potè fare gli esami di riparazione e non si diplomò. Voleva molto bene ai figli del fratello Alberto. Tramite Giorgio, il maggiore, mandava sempre qualche regaletto a Mario, il minore. Forse aveva un senso di colpa a causa del fratello sciagurato (vedi capitolo seguente).

Trasferitasi a Roma, Lidia è deceduta per tumore allo stomaco all'Ospedale Regina Elena ed è sepolta al Verano, nella tomba della famiglia Di Nobile presso la quale lavorava.

Lidia Minissi con i quattro figli del fratello Alberto e in età adulta

d5)- Jole (VT 29.10.1908-RM 10.6.1987) sposata con Giuseppe Rocchi, senza prole, si trasferisce prima a Firenze e poi a Roma, in via Nemorense 132. Muore per tumore al seno.

Jole Minissi

Giuseppe Rocchi, il marito di Jole, è stato l'inventore nel dopoguerra del dado Fortunello, un dodecaedro per giocare al totocalcio sulle cui facce sono riportati i caratteri 1, X, 2.

Il Dado Fortunello

A Roma Giuseppe Rocchi aveva anche un negozio, ove commercializzava una poltrona reclinabile di suo brevetto.

d6) - Gino (VT. 28.8.1913 - VT 14.1.2002) vedi pagina seguente

Pranzo domenicale in casa Minissi : didascalia autografa di Gino

Evaristo, Linda, Mario, Alberto, Lidia e Jole (1910)

A sinistra : Lidia, Linda, Iole, Evaristo e Gino.

A destra : In primo piano Iole, Alberto e Lidia. In secondo piano Linda, ospite ignoto e Evaristo.