Dopo mesi di gestazione, nel febbraio 1962 il primo governo di centro-sinistra, presieduto da Fanfani, ottiene la fiducia del Parlamento, con i socialisti a garantire l’appoggio esterno.
Una parte significativa del programma di governo trova subito attuazione, in particolare con il varo della nazionalizzazione delle aziende elettriche e della riforma della scuola media.
Anche il sindacato beneficia del clima politico migliore e vive una fase di consolidamento.
Dal 1963 il contesto economico nazionale di fa più difficile.
Nonostante le difficoltà, la nuova stagione congressuale mostra un sindacato pronto a discutere alcuni fondamenti della linea precedente e il VI Congresso di Bologna (31 marzo - 5 aprile 1965) è centrato prevalentemente sul nodo della programmazione economica.
A movimentare le acque ci pensano ancora una volta i metalmeccanici, impegnati nel 1966 nel rinnovo contrattuale, un passaggio reso difficile a causa della negativa congiuntura economica.
Intanto scoppia in Italia il Sessantotto! L’esplosione della contestazione giovanile, radicale e irriverente, coglie di sorpresa anche il sindacato. A distinguere il movimento del Sessantotto è il carattere generazionale della rivolta insieme all’ampiezza dell’evento: protagonisti della contestazione sono soprattutto i giovani, studenti e operai uniti nella lotta.
Dal marzo ’68 riprende il dialogo tra le Confederazioni, favorito in modo sostanziale dalle rilevanti conquiste operaie nella contrattazione aziendale in tema di organizzazione del lavoro, ambiente di lavoro e delegati sindacali. Il 14 novembre 1968 Cgil, Cisl e Uil tornano a scioperare per la prima volta insieme dai tempi delle scissioni. Tra il 1968 e il 1969 le Confederazioni portano avanti, con esito positivo, le battaglie generali sulle pensioni e per l’abolizione delle gabbie salariali.
Se il 1968 è l’anno degli studenti, il 1969 è quello delle cosiddette tute blu. Il baricentro delle lotte si sposta dalle aule universitarie ai cancelli delle fabbriche portando a grandi conquiste in tema di democrazia (assemblea), salario (aumenti uguali per tutti), orario (40 ore settimanali), diritti e potere nei luoghi di lavoro.
Sullo sfondo del rinnovo contemporaneo di 32 contratti collettivi di lavoro, cinque milioni di lavoratori dell’industria, dell’agricoltura e di altri settori fanno sentire il peso delle proprie rivendicazioni.
Avola, Battipaglia e Piazza Fontana chiudono il decennio nel peggiore dei modi.